Il M5s va allo scontro per il ritiro dei ministri: «Hanno fatto cadere il governo per i sondaggi, Di Battista può tornare»
Oggi alle 10 torna a riunirsi il Consiglio Nazionale del M5s. Ma una decisione sui ritiro dei ministri dal governo Draghi non è ancora stata presa e non è detto che arrivi oggi. Anzi, ieri sera Giuseppe Conte ha smentito di averlo chiesto a ministri e sottosegretari grillini. «Si è dimesso il presidente del Consiglio, di fatto è il governo dimissionario», ha detto invece dopo l’incontro Stefano Patuanelli, fra quelli che chiedono di attendere e valutare bene la strategia prima di prendere la decisione finale. Così come la sottosegretaria Alessandra Todde, Alfonso Bonafede e Chiara Appendino. Spingono invece per uscire dal governo i vicepresidenti Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa, Mario Turco e Paola Taverna: presentarsi già come opposizione quando mercoledì Draghi renderà comunicazioni alle Camere sarebbe una linea condivisa da circa il 70% dei parlamentari, secondo alcuni calcoli interni.
I calcoli grillini
Intanto però torna a farsi sentire Domenico De Masi. Il professore di sociologia della Sapienza di Roma che aveva parlato di pressioni di Draghi su Grillo per cacciare Conte parla oggi in un’intervista a la Repubblica. De Masi sostiene che la rottura ormai sia definitiva o quasi: «Se ora esce dal governo e fa rientrare Di Battista, Conte recupera anche 2-3 punti. Non sarebbe un’operazione stupida. Vale anche per la Raggi. Ha bisogno di un’anima movimentista, come c’era nel Pci».
Per il sociologo «lo strappo si è consumato per via di una conflittualità latente che c’era fin dalla nascita di questo governo, che è nato contro quello di Conte. Da allora 5 Stelle, che erano crollati dal 33% delle politiche al 18-19%, ma che avevano mantenuto questa percentuale per la ventina di mesi del Conte II, oscillando un po’ forse, ma restando lì, con il governo Draghi hanno invece ripreso a precipitare fino al 12. Credo che questo sia stato uno degli elementi che ha spinto Conte ad addivenire a questa decisione».
Secondo De Masi fin dall’inizio il Movimento avrebbe dovuto fare «quello che fece Berlinguer, con l’appoggio esterno. All’inizio di questo governo avevano ancora un bel gruzzolo di deputati e senatori su cui contare». Infine, con Conte in questi giorni si è sentito «più volte. Sta traghettando il Movimento verso la forma partito. All’inizio ha pensato di farne proprio uno suo, di partito, ma era un’operazione costosa e una fatica enorme. Ha scelto di prendersi un partito già bello e pronto. Certo non c’era un materiale umano facile. Ma Di Maio gli ha fatto un favore, levandogli 61 nemici».
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