Caso David Rossi, presentate le conclusioni della maxi perizia: «Lasciato agonizzante per 20 minuti. Poteva essere salvato»
Poteva essere salvato. Quando David Rossi è caduto dalla finestra della Rocca Salimbeni di Siena quel 6 marzo 2013, «ha subito molte lesività ma non vi è stata una emorragia interna fatale». Ad affermarlo è il dottor Roberto Testi, direttore del dipartimento di prevenzione della Asl Città di Torino durante la presentazione alla Commissione parlamentare d’inchiesta dei risultati della maxi perizia sulla morte dell’ex capo comunicazione della banca Monte dei Paschi di Siena. «Sono state tolte chance di sopravvivenza al dottor Rossi nei 20 minuti in cui non è stato soccorso», ha detto Testi che spiega come a uccidere l’allora capo della comunicazione di Mps sia stato «un combinato trauma poli distrettuale ma anche per una bronco aspirazione ematica massiva».
La prolungata agonia, senza che nessuno lo soccorresse, ha portato i polmoni di Rossi a riempirsi di sangue. Per quanto riguarda la dinamica della caduta, invece, quella più compatibile con la posizione del corpo «è quella di un gesto autoconservativo». Sergio Schiavone, comandante del Ris, riferisce alla Commissione di come l’ex manager di Mps è «cosciente» quando «si tiene aggrappato con le mani alla barra di protezione e si lascia cadere nel vuoto con la parte anteriore verso il palazzo». La ricostruzione che racconta di una caduta con il cosiddetto “moto a candela” non lascia spazio ad altre versioni: «Altre ipotesi con la presenza di terzi che lasciano cadere il dottor Rossi», afferma Schiavone, «riproducono ipotesi non compatibili con le dinamiche di caduta».
Nessun segno di colluttazione, era solo
La relazione conclusiva disposta dalla commissione parlamentare era stata anticipata da Giuseppe Salvaggiulo. Su La Stampa, spiegava che la commissione parlamentare d’inchiesta stava per chiarire tutti gli aspetti relativi alla morte di Rossi in quasi 1.000 pagine di documento. Nelle verifiche fatte, diceva ancora la Stampa, non emergeva nessun segno di colluttazione o indizio che possa indicare la presenza di altre persone al momento della morte. Anche oggi, durante la presentazione della ricostruzione conclusiva sono stati effettivamente chiariti molti dei dubbi posti in questi anni.
«Quel bagliore luminoso è verosimilmente una goccia di pioggia e non l’orologio del dottor Rossi», afferma Schiavone riguardo l’ipotesi che qualcuno potesse aver lanciato dalla finestra il capo dell’ufficio stampa Mps 20 minuti dopo la sua morte. E le ferite, sei al volto e tre alle ascelle, trovate sul corpo di Rossi non sarebbero legate alla caduta da quella finestra della Rocca Salimbeni di Siena. Forse si era fatto male da solo raschiando contro il muro, o proprio su quella sbarra alla quale si era tenuto prima di lasciarsi andare.
«Help»
Ad illustrare i risultati della perizia è intervenuto anche il colonnello Massimo Giannetti, comandante del reparto tecnologie informatiche del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis). «Per noi la mail di “help” non ha nulla di strano, è stata scritta e spedita prima» della morte. In quella mail Rossi manifestava le sue intenzioni di suicidarsi ed è stata trovata «in un file di archivio della posta elettronica esportata da Mps e nel pc portatile che è stato successivamente restituito alla famiglia». Come spiegato dal colonnello Giannetti, «di questo pc abbiamo la copia forense originale che è risultata danneggiata e non è stata più utilizzata».
Ripreso dalla polizia postale di Genova, che aveva notato come quella mail riportasse una data posteriore alla morte di Rossi, di quel portatile è stato fatto poi una seconda copia: «Che non è la stessa cosa», precisa Giannetti. Il file originale, quello «di ufficio», riporterebbe la data corretta della mail, antecedente al suicidio. Sul file fornito da Mps, invece, c’è il problema «che quando si esporta un file di archivio Microsoft cambia la data con quella di esportazione». Per questo motivo, «lo sbilanciamento anche nell’altro file» del portatile «è sintomatico che su quel pc è avvenuto qualcosa».
Il secondo video tenuto nascosto
«La sera in cui è deceduto David Rossi c’è un altro video», dice Pierantonio Zanettin, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta. Ripreso da una seconda telecamere di video sorveglianza, il video «individua due soggetti che alle 20:01 escono da piazza dell’Abbadia». Questo video, afferma Zanettin, è stato «fino ad ora segreto» poiché in contrasto «con tutti gli atti processuali in cui era stato detto che c’era un unico video relativo ai momenti successivi alla caduta di Rossi». In realtà, la Procura ha già accertato come i due sarebbero «due dipendenti che uscivano da lavoro». Ciò non toglie che «resta sorprendente che questo video che era stato acquisito in una chiavetta da 8 giga sia stato cancellato». Ad oggi, non si sa chi sia stato a cancellarlo.
La telefonata dell’on. Santanché
Solo un «errore del tabulato». Quel giorno, dichiara il colonnello Rubino Tomassetti, comandante del reparto indagini tecniche del Ros dei carabinieri, nessuno rispose alla chiamata dell’onorevole Daniela Santanché. Inoltre, quel numero attorno al quale aleggiava l’ipotesi di un conto corrente cifrato, altro non era che «un servizio attivato all’epoca che faceva un trasferimento di chiamata come sos ricarica». Rimangono senza risposta due quesiti che riguardano il telefono di David Rossi: «L’assenza della cella copertura di una chiamata che il capo segreteria Giancarlo Filippone fa a Rossi alle 20.30 e una telefonata di Rossi verso un numero straniero della durata di 347 secondi».
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