L’indagine sullo stupro di Capodanno a Roma e l’ombra dei clan. Un indagato: «Lei mi accusa? Le sparo in faccia»
«Vogliono sapere tutto, ma c’era tutta gente enorme… Se faccio er nome se bevono 30 persone e inizia la guerra»: così si esprimeva durante l’inchiesta sullo stupro di Capodanno a Primavalle uno degli indagati. Nelle intercettazioni dei Carabinieri di cui dà conto oggi l’edizione romana di Repubblica emergeva la preoccupazione per gli sviluppi dell’indagine sulla droga nella villa. Anche perché tra gli invitati c’era il figlio di un boss di Gomorra. Da qui la paura: «Stanno a cerca’ quelli della chat de T. con gli altri, stanno a vede’ se è tutta un’associazione. Sto in barca», dice sempre l’indagato. E non solo: «Fratè nun te dico un filo de cazzata. Lo sai che mi hanno fatto vedé (in foto)? Il cugino de Mona Casamonica e m’hanno fatto “È lui”. Fratè tutta gente, capace che mancava che me facevano vedè a te. È una cosa enorme», dice sempre lui.
Le telefonate e le chat
L’indagine sullo stupro di Capodanno 2021 a Roma è cominciata a gennaio. Alla fine del mese uno degli indagati è tornato in libertà. E le intercettazioni uscite in questi giorni descrivono una realtà in cui molti dei presenti alla festa erano consapevoli di quanto era accaduto alla 16enne: «Amo’, l’hanno stuprata tre volte», dice una ragazza a un’altra su Whatsapp. Ora altre telefonate finiranno nel fascicolo di indagine. Come quella tra uno degli interrogati alla madre: «A quella pischella me la sò scopata e basta», dice lui a lei. Poi sbotta: «Vado in caserma con due palloncini pieni di benzina, do foco e brucio sti infami». E sulla vittima: «Poi vado a Barcellona, pio sta puttana de merda e gli sparo in faccia».
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