Chi vincerà le elezioni? Cosa dicono i sondaggi e perché si deciderà tutto nei collegi maggioritari
Il 25 settembre gli italiani si recheranno alle urne e, rispetto alle ultime elezioni politiche di marzo 2018, questa volta di configura una prospettiva diversa. L’esito si determinerà nei collegi uninominali della Camera e del Senato. A definire questa linea è il noto sondaggista Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, nel quale spiega come alle precedenti elezioni il Movimento 5 Stelle aveva portato a un risultato finale proporzionale e il governo venne definito con compromessi dopo il voto tra il M5s e il partito della Lega, e non direttamente dal voto. A settembre 2022 invece a incidere saranno i collegi uninominali e, secondo i primi sondaggi, in testa ci sono centrodestra e destra, motivo per il quale i principali leader di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno chiesto elezioni anticipate dall’inizio della crisi di governo.
Centrodestra in testa
Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia potrebbero arrivare al 46,3% delle intenzioni di voto, secondo i sondaggi della settimana 10-16 luglio. Seguiti poi dal Partito Democratico, Azione, +Europa, Sinistra, Verdi e Italia Viva con il 34,1%. Insieme per il futuro, il partito di Luigi Di Maio, non è ancora stimato. A soffrire maggiormente è il Movimento 5 Stelle con l’11%, a meno che non decida di unirsi alla coalizione di centrosinistra. Come la storia politica italiana insegna, ad essere vincente alle elezioni sono le alleanze, elemento che il centrodestra negli ultimi anni ha sempre colto raggiungendo esiti molto positivi alle urne, al contrario del centrosinistra e della sinistra che tendono a presentarsi alle urne sempre molto frammentati.
Ma tutto può cambiare, perché?
In queste elezioni non sembra configurarsi una possibile alleanza tra Pd e M5S con candidati comuni nei collegi, nei quali ad essere vincenti sono i voti che ottengono i candidati nei singoli collegi. Queste però sono le prime previsioni dei sondaggisti a pochi giorni dalla crisi di governo e, da qui al 25 settembre, le opinioni degli elettori possono cambiare radicalmente, soprattutto in virtù di alcuni fattori: l’astensionismo, che al momento è circa al 40%, è probabile che a settembre si converta in voti; la figura di Draghi che, con la crisi di governo, ha aumentato la fiducia nei suoi confronti e in chi lo sosteneva; le coalizioni tra partiti che potrebbero mutare in questi mesi e, infine, l’influenza delle circostanze economiche e sociali in cui si troveranno gli italiani.
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