Omicidio Chiara Gualzetti, i messaggi e i selfie del killer dal carcere: «È un’offesa alla sua memoria»
Il 27 giugno del 2021 a Monteveglio Chiara Gualzetti, studentessa di 15 anni, viene trovata morta a due passi da casa, nel parco dell’abbazia. Per il suo omicidio i carabinieri arrestano un ragazzo all’epoca dei fatti sedicenne, che confessa il delitto. Agli inquirenti dice, tra le altre cose, che a guidarlo sarebbe stato un demone. Il processo con rito abbreviato è iniziato. Venerdì scorso una perizia disposta dal tribunale ha stabilito che il ragazzo è pienamente capace di intendere e di volere. Nei giorni scorsi è successo però anche altro. Un ragazzo, che si trova attualmente in un carcere minorile, ha pubblicato su Instagram un selfie che lo ritrae con l’assassino reo confesso di Chiara mentre fa il gesto della V, che significa vittoria. E l’imputato ha pubblicato anche un messaggio in cui parla di quello che gli sta accadendo.
L’omicidio di Monteveglio
«Fatevi i cazzi vostri no sapete niente se avete le palle entrate qua da noi in carcere siete bravi a giudicare ma non sapete niente se sei così depressa da chiedere una uno di ammazzarti sono cazzi tuoi», recita il testo del messaggio. Che si riferisce a uno dei dettagli della sua confessione: davanti ai magistrati ha infatti sostenuto che fosse stata la vittima a chiedergli di ucciderla.
Per questo il padre di Chiara, Vittorio, si è presentato dai carabinieri per denunciare l’accaduto: «Sabato ero a casa, qualcuno mi ha girato gli screenshoot. Sono andato dai carabinieri perché ritengo offensive le cose che sono state pubblicate. Non mi pare normale che dei detenuti possano avere i cellulari e possano pubblicare quello che vogliono sui social. C’è una persona in galera che pubblica un commento del genere, che dice “se una persona è depressa e vuole morire cazzi suoi”. E l’assassino di mia figlia che fa la “V” di vittoria, con quella scritta e il cuore. Le foto mi sembrano inequivocabili, penso che faranno subito le indagini. Mi auguro vengano presi provvedimenti disciplinari severi, visto quel messaggio pubblicato sui social. È un’offesa, non trovo altre parole», dice oggi Vittorio all’edizione bolognese di Repubblica.
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