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Molte minacce di rottura, molti “potrei correre da solo”: ma si va verso il classico centrodestra vs centrosinistra

26 Luglio 2022 - 07:26 OPEN
Le strategie dei partiti: nessuno chiude le porte. Il problema della leadership annunciata

Già ieri mattina Matteo Renzi annunciava che avrebbe fatto corsa solitaria, senza infilarsi in una Santa Alleanza a guida Pd; salvo poi far sapere all’ora di cena che si era confrontato con Calenda, trovando elementi di intesa. Invece Calenda smentiva il pour parler con Renzi, ma confermava l’arrivo in Azione dei tre ministri che hanno lasciato Forza Italia, Carfagna, Gelmini e Brunetta, e aggiungeva che un partito come il suo aveva a questo punto tutto l’interesse a presentarsi da solo al voto, avendo sicuramente i numeri per portare un’ampia rappresentanza in Parlamento. Però faceva capire che poteva, certo, confrontarsi con il Pd soprattutto per le battaglie nei collegi uninominali, in cui senza accordo ampio nell’area progressista il centrodestra farà bottino pieno.

Porte aperte nel Pd

Purché sia chiaro – aggiungeva Calenda – che il candidato comune dell’area di centro e di sinistra non può essere il segretario del Pd, ma semmai colui che già guida il governo e cioè Mario Draghi. L’impressione prevalente dopo la giornata di ieri è che al di là dei proclami e dei veti la tendenza sia proprio quella a cercare intese, accordi e desistenze che nella somma costituiranno un patto anti centrodestra “nello spirito di Draghi“, senza mettere troppo in mezzo l’attuale presidente del consiglio, ma preservandolo come punto eccellente di equilibrio in caso di insperata vittoria. Lo si capirà ancora meglio oggi con la Direzione Pd: tutto lascia prevedere che Enrico Letta non chiuderà proprio nessuna porta, auspicando Il ritorno di Roberto Speranza e dei suoi e uno stretto collegamento con Luigi Di Maio e gli altri scissionisti 5 stelle.

E poi aprendo con qualche cautela la trattativa con i due ex, Calenda e Renzi, sapendo bene che l’unica strada per provare a vincere passa di lì, e dal sottile equilibrio per cui un partito di oltre il 20% deve cercare di essere meno ingombrante possibile per coesistere con partiti imperniati su due personalità forti (eufemismo) che però nella somma ora valgono quasi la metà del Pd, soprattutto per merito di Calenda. I timori di Azione e Italia Viva di essere schiacciati dall’alleanza con l’ex casa madre Pd sono però nulla se confrontati con gli incubi che opprimono in questa fase Forza Italia e la Lega. Giorgia Meloni non perde occasione per chiedere chiarezza sul sistema di scelta di chi andrà a Palazzo Chigi con una vittoria del centrodestra. Un quesito che ha già un’unica risposta possibile, nella sua logica: chi prende più voti di lista, cioè lei stessa.

Una leadership annunciata

Ma così come gli elettori di Azione e Italia Viva accetterebbero un’intesa col Partito Democratico, purché sia chiaro che non sarà poi Letta o uno dei suoi a guidare il governo (se no tanto varrebbe votare direttamente Pd oppure non votare per il centrosinistra), così allo stesso modo molti elettori leghisti, di fronte a una leadership annunciata di Giorgia Meloni, potrebbero esser tentati di votare direttamente per FdI. E peggio ancora, molti elettori moderati di Forza Italia potrebbero reagire come Brunetta & C. inquietati dalla svolta a destra. È per questo che Salvini e Tajani stanno reagendo con mezze risposte, mai negative ma nemmeno rassicuranti, alla leader di Fratelli d’Italia.

Che a questo punto però ha tutto l’interesse ad assecondarli, ostentando disappunto per la mancata chiarezza, ma sapendo anche che i suoi sogni passano anche da un risultato adeguato dei suoi alleati. È del resto quello che fa capire con chiarezza Silvio Berlusconi questa mattina nella sua intervista al Corriere della Sera: «Il centrodestra è formato da tre grandi forze politiche, ognuna delle quali è indispensabile sul piano numerico per vincere e sul piano politico per governare». E sulla candidatura di Meloni a premier: «Io non riesco ad appassionarmi a questo problema e non credo appassioni gli italiani». Sa che non è così, ma non può dire diversamente.

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