Cosa c’è di vero nella storia di Michele Santoro “candidato” con il Movimento 5 Stelle
Cosa c’è di vero nella storia di Michele Santoro candidato del Movimento 5 Stelle? Detta così, ben poco. O meglio: è vero che è in atto un’interlocuzione tra l’autore televisivo e giornalista e i grillini. Ma i confini della questione non sono quelli esposti da Giuseppe Conte nell’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, in cui ha detto che nelle sue liste «avremo delle illustri personalità che hanno dimostrato di avere consonanza con il M5s». Anzi. Chi è vicino all’inventore di Samarcanda dice che se i termini fossero esattamente questi – «Vuoi candidarti con noi visto che hai ‘consonanza’ con il M5s» – la risposta di “Michele Chi?” sarebbe chiara e semplice: «No, grazie». Il progetto di Santoro è più ambizioso. E proprio per questo, ragionano molti del suo entourage, è molto difficile che vada in porto.
De Masi, ancora lui
Prima notizia. A fare da tramite nelle comunicazioni tra Conte e Santoro è Domenico De Masi. Il professore di sociologia che alla fine di giugno aveva detto che Draghi aveva chiesto a Grillo di rimuovere l’ex Avvocato del Popolo dalla guida del M5s è il traghettatore che lavora alla candidatura di Santoro. Ma lo fa con una prospettiva e un disegno politico quantomeno discutibile. Perché De Masi è davvero convinto che i grillini siano il partito erede della sinistra italiana. E che debbano quindi diventare i successori di Berlinguer.
«Pd e 5S più la Sinistra e Articolo 1 insieme fanno poco più del 30%, invece i poveri fanno 12-13 milioni. Quindi significa che la sinistra non intercetta la sua base di riferimento naturale che sono gli svantaggiati, i precari. Gli svantaggiati sono tantissimi. Se non votano a sinistra, come immagino, o se si astengono allora significa che è una sinistra fasulla, che ha sbagliato tutto e deve rifare tutto», ha detto di recente in un’intervista. Ma questa prospettiva è di sicuro demasiana, non si sa quanto sia contiana e soprattutto grillina (nel senso di Beppe).
Il lodo Fratoianni
Seconda notizia. Per conoscere il finale di questa storia sarà decisivo cosa farà Sinistra Italiana. Il partito di Nicola Fratoianni era all’opposizione del governo Draghi. Il 26 luglio scorso ha annunciato l’accordo con Europa Verde e ha presentato il simbolo dell’«Alleanza Verdi-Sinistra». Nell’occasione Fratoianni è stato chiaro: «Non esiste una campagna elettorale che possa avere come programma l’agenda Draghi. Ossia l’agenda di un governo di cui faceva parte anche la destra italiana». Ma il problema è che intanto si è tra due fuochi.
Da un lato c’è chi non disdegnerebbe l’accordo elettorale con il centrosinistra di Letta e Calenda. Per una questione di sopravvivenza: correre da soli sarebbe un suicidio; andare con il Pd – è la tesi – assicurerebbe di portare in Parlamento una pattuglia di eletti per mantenere vivo il partito. Dall’altro lato invece c’è chi spinge per l’alleanza con il M5s. E basta leggere i commenti sulla pagina Facebook di Fratoianni per capire che il dibattito è aperto: «Siamo tanti qui, quasi tutti, a voler sapere se sceglierete il PD o il M5s. Questione dirimente per capire se le vostre sono solo parole e basta. Diteci le cose come stanno».
Le tre liste
Un cartello elettorale con Sinistra Italiana e i Verdi era, fino a ieri, anche nei progetti di Conte. E qui si inserisce il discorso di Santoro. «Michele non ha alcuna voglia di fare la ‘bandierina’ di nuovo, lo ha già fatto una volta e gli è bastata», dice uno dei suoi collaboratori. Il riferimento è all’esperienza da europarlamentare con la lista dell’Ulivo. Eletto nel 2004 con 730 mila preferenze tra circoscrizione Nord-Ovest e Sud (il più alto numero di preferenze tra chi non era capolista), diede le dimissioni dopo appena un anno. Per la reintegra arrivata nel frattempo dal giudice del lavoro che lo portò poi alla conduzione di Annozero. Ma anche perché il “lavoro” dell’eletto all’epoca non gli sembrò entusiasmante. E soprattutto «è stata soltanto una parentesi determinata da uno stato di necessità», come disse all’epoca. E di un bis oggi non sente proprio il bisogno.
Un partito che non c’è
L’idea di Santoro è invece uno schieramento a tre punte. Ovvero un’alleanza elettorale tra Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana e una sua lista che potrebbe avere lo stesso nome dell’evento del teatro Ghione: “Pace proibita”. Nella quale candidare chi ha partecipato alla serata e chi oggi si impegna per la pace tra Russia e Ucraina. «E per il dialogo diplomatico, perché se non parlano gli ambasciatori allora i protagonisti sono i generali. Ma per i civili questo è peggio», gli hanno sentito dire in più occasioni.
La pace, quindi. Che per Santoro è il vero programma elettorale dimenticato in queste elezioni. Dimenticato dai partiti ma non dagli elettori, è il suo ragionamento. E a dirlo sono i sondaggi e le serate come quella di Polignano. È quello della pace il “partito che non c’è” oggi. Che dovrebbe correre alle elezioni anche soltanto per dare la possibilità di scegliere a chi si reca alle urne. E magari anche un motivo in più per andarci.
Mission impossible?
Oggi il Corriere della Sera fa sapere che nella cerchia di Conte tutti negano con fermezza la possibilità che i 5s finiscano per scegliere un’alleanza elettorale con altre forze politiche che non siano il Pd. E questo vale sia per il tridente De Magistris-Rifondazione Comunista-Potere al Popolo che per gli altri. Santoro candidato si può fare, dice invece La Stampa, ma direttamente nelle file grilline. Anche per evitare di dover stringere un’alleanza con una lista in cui il giornalista potrebbe candidare «personalità imbarazzanti per noi come Alessandro Orsini», il professore della Luiss noto per le sue posizioni sull’Ucraina. Tra qualche giorno sapremo se la pace è davvero possibile. O se questa è una Missione Impossibile.