La tentazione di Calenda: rompere con il Pd e creare il Terzo Polo con Renzi
«Questa coalizione sta diventando una roba improponibile. Ci facciamo ridere dietro. Così non vinceremo mai». Nell’intervista che Carlo Calenda rilascia oggi al Corriere della Sera non c’è ancora un addio all’alleanza con il Partito Democratico e il centrosinistra. Il leader di Azione dice di aspettare ancora risposte da Enrico Letta. Ma secondo i retroscena nel frattempo l’ex ministro dello Sviluppo sta riflettendo seriamente. E tra oggi e domani potrebbe proclamare l’indipendenza della sua federazione con +Europa. Aprendo, a quel punto, a un’alleanza con Italia Viva di Matteo Renzi. Che evidentemente lo accoglierebbe a braccia aperte: «Non si vince con le ammucchiate ma con le idee», ha detto ieri a In 1/2 Ora. Intanto un sondaggio di Ipsos che circola fra i Dem conferma che il senatore di Firenze è tra i leader più impopolari. Lo apprezza il 4% degli elettori, l’1% fra quelli del Pd.
La guerra e la pace
Oggi, quindi, potrebbe scoppiare la guerra. Ma anche la pace, a sentire lo stesso Calenda. L’incontro con Letta potrebbe riportare tutto all’inizio della corsa. Ma con condizioni ben precise: «Abbiamo chiesto due cose precise, non chiacchiere e appelli. Primo, non un voto di Azione e +Europa può andare a Di Maio, Bonelli e Fratoianni. Visto che il Pd ci tiene tanto a candidarli lo facesse nel proporzionale e nella lista Democratici e progressisti. Noi non candideremo negli uninominali Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che pure sono ministre in carica del governo Draghi, proprio per trovare tutte le soluzioni che uniscono. Secondo, va bene avere programmi diversi. Ma non contraddittori. Chiediamo un incontro per definire i punti programmatici comuni», dice oggi Calenda a Maria Teresa Meli.
Si attende una risposta presto. Dice che Azione e +Europa crescono nei sondaggi perché sono state coerenti. E che il suo partito può ripetere il risultato delle elezioni comunali di Roma e sconfiggere la destra sovranista. Ma intanto avverte: ««Non abbiamo mai creduto alla forza delle coalizioni contro. Questo modo di fare politica ha distrutto il Paese e screditato i partiti. Appelli generici al voto utile non funzioneranno perché i cittadini non ne possono più del trasformismo e della retorica. In questa legislatura tutti si sono alleati con tutti. E noi non vogliamo avere nulla a che fare con chi ha fatto cadere l’italiano più illustre nel mondo», ovvero Mario Draghi.
Condizioni stringenti
Secondo l’Ansa quelle di Calenda sono condizioni talmente stringenti che dalle parti del Nazareno le considerano come un ostacolo molto difficile da superare. «Ma non impossibile», secondo quanto sostengono i pontieri dei due partiti (soprattutto dal lato di +Europa). Il nodo principale per sbloccare l’alleanza, ribadiscono dalle due forze di centro, è che Letta dica no a chi non ha sostenuto il governo Draghi (Sinistra italiana e Verdi) e a chi lo ha fatto cadere (M5s e ex M5s, ma anche Di Maio). Nessun voto di Azione potrà andare nel maggioritario a questi esponenti, è il grido di battaglia. Tradotto, significa che il Pd può ospitarli ma nel proporzionale.
Del resto, si ricorda, è un sacrificio che le forze di centro sono pronte a compiere con nomi che possono far storcere il naso agli elettori dem negli uninominali (come ad esempio le due ministre ex Fi). Il sospetto di alcuni parlamentari, spiega oggi il Corriere della Sera, è che il leader di Azione abbia già deciso di rompere. E che voglia lasciare al Pd il cerino acceso in mano. Ma nel partito tutti sono consapevoli che la battaglia si giocherà nei collegi uninominali. Proprio in quelli in bilico l’apporto dei voti del centro sarebbe decisivo. Anche se qualcuno fa pure notare che se corresse da solo Calenda potrebbe sottrarre più voti alla destra rispetto all’alleanza con il centrosinistra. La decisione è attesa per oggi.
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