«Nancy Pelosi a Taiwan già domani», la voce dai media di Taipei. Pechino: «Non staremo a guardare»
Aumentano le indiscrezioni della stampa locale su una possibile tappa a Taiwan della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi durante il suo tour diplomatico in Asia, iniziato ieri 31 luglio. Tra le tappe ufficiali della missione (Singapore, Malesia, Corea del Sud e Giappone), organizzata per «riaffermare l’incrollabile impegno degli Stati Uniti nei confronti dei nostri alleati e amici nella regione e discutere su come possiamo promuovere ulteriormente i nostri interessi e valori condivisi», non è stata menzionata l’isola rivendicata dalla Cina, ma si moltiplicano le voci secondo le quali Pelosi alla fine farà deviazione su Taipei. Indiscrezioni che riaccendono gli animi cinesi, che promettono serie misure se la visita dovesse realmente avvenire.
Le indiscrezioni
Pelosi è atterrata nelle prime ore del mattino a Singapore, seguita da una delegazione di cinque membri democratici del Congresso. Qui incontrerà il presidente Halimah Yacob, il primo ministro Lee Hsien Loong ed alcuni ministri di gabinetto. Secondo il Washington Post, lo stop a Taipei avverrebbe proprio in seguito alla visita a Singapore, che dovrebbe concludersi con un evento questa sera. Quindi già domani martedì 2 agosto o al massimo mercoledì. Il sito web mandarino di Radio France Internationale, che cita fonti anonime, parla invece di una visita programmata per il 4 agosto e di un passaggio attraverso la Clark Air Base, nelle Filippine (Paese peraltro non citato nell’itinerario). A Taipei ci sarebbe l’incontro con la presidente Tsai Ing-wen, per poi dirigersi nel pomeriggio del 5 agosto verso la base aerea di Yokota, alle porte di Tokyo, per incontrare il premier giapponese Fumio Kishida.
I media taiwanesi, tra cui Next Tv, riferiscono di un arrivo a Taiwan nella serata di domani 2 agosto, per incontrare la presidente Tsai Ing-wen il giorno successivo. L’ufficio presidenziale di Taiwan e il ministero degli Esteri hanno rifiutato di commentare l’ipotesi. Anche i media statali cinesi credono allo scalo a Taiwan, verosimilmente proprio il 4 agosto, con la motivazione di uno scalo tecnico. «Se l’aereo di Pelosi ha davvero problemi di emergenza e deve atterrare da qualche parte durante il suo volo in Cina, i caccia dell’esercito popolare di liberazione nella regione forniranno la sua protezione – ha scritto il Global Times -. Porteranno la delegazione negli aeroporti della Cina continentale per fornire un servizio e un’assistenza di livello mondiale, purché stia lontana dall’intoccabile linea rossa dello sbarco a Taiwan».
Le minacce di Pechino
«Vorremmo avvertire ancora una volta gli Usa che la Cina è in attesa e che l’esercito popolare di liberazione non starà a guardare», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian, assicurando che «la Cina prenderà sicuramente contromisure decise e forti a difesa della sovranità e integrità territoriale». Già nei giorni scorsi la voce ufficiosa di una visita a Taiwan aveva alzato la tensione tra Pechino e Washington, tanto da spingere il presidente degli Stati Uniti Joe Biden a una smentita ufficiale in una lunga chiamata avuta il 28 luglio con il presidente Xi Jinping, rassicurato sulla linea degli Usa in merito alla politica dell’«Unica Cina». Il leader cinese aveva comunque messo in guardia il suo omologo statunitense: «Coloro che giocano con il fuoco si bruceranno», avrebbe detto a Biden, minacciando dure contromisure militari e annunciando manovre militari nello stretto di Taiwan e nel mar Cinese meridionale in concomitanza con il tour di Pelosi.
Il Pentagono ha informato lo staff della Pelosi degli altissimi rischi di un viaggio a Taiwan, il primo di uno speaker della Camera Usa in 25 anni, e si dice pronto a intervenire con jet da combattimento e altri sistemi di difesa. Ma l’amministrazione ha anche chiarito che la decisione finale spetta a Pelosi, da sempre molto critica nei confronti della Cina. Neanche due settimane aveva dichiarato: «È importante per noi mostrare sostegno a Taiwan».
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