La sentenza del Tar sui tatuaggi “non visibili”: «Non si può escludere chi li ha dai concorsi pubblici»
I tatuaggi non visibili non possono essere causa di esclusione automatica da un concorso di ammissione. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio a proposito di un ricorso di un aspirante finanziere, assistito dagli avvocati Santi Delia e Michele Bonetti. Lui era stato ritenuto non idoneo in sede di accertamenti psico-fisici a causa della presenza di due tatuaggi in zona sovra malleolare, e dunque coperta da uniforme. I giudici hanno ritenuto come contraria al tenore del quadro normativo di riferimento l’interpretazione del bando circa l’automatica esclusione di tutti quei candidati con tatuaggi o alterazioni fisiche permanenti involontarie nella zona sovra malleolare.
Secondo il Tar una simile interpretazione si pone «in contrasto con il chiaro dettato della normativa primaria, la quale si limita ad imporre un aspetto esteriore del militare decoroso tale consentire il corretto uso dei capi di equipaggiamento previsti». Per questo l’ultima parte del bando «deve essere interpretata come meramente esemplificativa dei criteri stabiliti dalla legge” e non invece introduttiva» di nuovi criteri restrittivi non previsti dal legislatore. E «idonei ad escludere soggetti con tatuaggi o altre alterazioni permanenti volontarie dell’espetto fisico, siti in zone del corpo non visibili indossando le uniformi di ordinanza».
I giudici alla fine hanno anche richiamato un precedente, confermando «l’obbligo per l’amministrazione, di favorire il massimo accesso, senza introdurre discriminazioni limitative che non trovino riscontro in specifiche cause di esclusione espressamente previste, che comunque non si appalesino conformi ad una seria ratio giustificativa, ragion per cui le cause di esclusione da un concorso a posti di pubblico impiego devono essere interpretate restrittivamente».
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