Esclusiva di Repubblica: «Emanuela Orlandi rapita da mio figlio su ordine di Renatino De Pedis»
Marco Sarnataro fece parte del commando che il 22 giugno 1983, per conto della Banda della Magliana, rapì Emanuela Orlandi. A rivelarlo alla polizia è stato il padre del rapitore, Salvatore Sarnataro, classe 1940, con diversi precedenti penali alle spalle. La squadra mobile lo ha interrogato in passato in veste di testimone, dopo che alcuni amici di Emanuela Orlandi avevano riconosciuto tra le immagini e le foto al vaglio degli inquirenti l’identità di Marco Sarnataro, che da tempo perseguitava la giovane. È quanto emerge da un verbale pubblicato in esclusiva da Giuseppe Scarpa su Repubblica. Nel racconto dell’uomo, già noto alla giustizia, è contenuta la confessione del figlio Marco Sarnataro, morto nel 2007 a 46 anni. Dal verbale dell’interrogatorio emerge che il figlio Marco, dopo il rapimento, venne ripagato con una Suzuki 110 da Enrico De Pedis, detto “Renatino”, il boss della Banda della Magliana.
Il verbale di Salvatore Sarnataro
«Dopo aver lungamente riflettuto ho deciso di riferire quanto appreso da mio figlio Marco alcuni anni fa in relazione alla vicenda di Emanuela Orlandi. Poco tempo dopo il sequestro, ricordo che eravamo a Regina Coeli sia io che mio figlio (accusati per spaccio e detenzione di armi, ndr). Quest’ultimo durante l’ora d’aria mi confessò di aver partecipato al sequestro dell’Orlandi: mi disse che per diversi giorni, sia lui che “Ciletto” (Angelo Cassani, ndr) e “Giggetto” (Gianfranco Cerboni, ndr), pedinarono Orlandi per le vie di Roma su ordine di Renato De Pedis, da loro chiamato “il Presidente”. Mio figlio mi disse che dopo averla pedinata per alcuni giorni, ebbero da De Pedis l’ordine di prelevarla».
«Marco mi riferì che l’avevano fatta salire su una Bmw berlina a piazza Risorgimento a una fermata dell’autobus. La ragazza (all’epoca 15enne, ndr) salì sulla macchina senza problemi – raccontò all’epoca Sarnataro agli agenti -. Almeno questo mi raccontò Marco. Mio figlio mi disse che erano stati sempre loro a prelevare la ragazzina, non mi specificò se erano tutti e tre. Di certo c’era Marco e uno tra Giggetto e Ciletto, però potevano essere anche tutti e tre perché Marco usò l’espressione l’abbiamo presa. Quindi la condussero al laghetto dell’Eur dove li stava aspettando Sergio, che era l’autista e uomo di fiducia di De Pedis».
«Stando al racconto di Marco, sia la ragazza che l’autovettura vennero prese in consegna da Sergio. Venni a sapere poi che mio figlio, per questa cortesia, ebbe in regalo una moto Suzuki 1100. Non mi ricordo se Marco mi disse chi gli avesse dato la moto, se Raffaele Pernasetti (esponente di spicco della Banda della Magliana, ndr), oppure un’altra persona. Io non so davvero perché Marco decise di raccontarmi del suo ruolo nel sequestro dell’Orlandi, io compresi subito che stava passando un periodo di paura».
La reazione del fratello di Emanuela Orlandi
«Mi ha davvero stupito l’attenzione intorno al verbale di Sarnataro, è una cosa vecchia e abbastanza scontata, dibattuta più volte durante l’inchiesta. Tuttavia, è una cosa positiva perché, secondo me, da quei personaggi può uscire fuori qualcosa. Io da quando hanno archiviato non faccio altro che raccogliere documenti». Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha commentato con queste parole la pubblicazione del verbale di Salvatore Sarnataro, nel quale raccontava ai poliziotti che era stato suo figlio Marco, morto un anno prima, a rapire la 15enne Emanuela su ordine del boss della Magliana, Renatino De Pedis.
«Capaldo ci credeva tantissimo a quelle dichiarazioni – spiega Pietro Orlandi all’Adnkronos -. Poi quando il procuratore di Roma Pignatone gli ha tolto l’incarico, venne archiviato. Lo stesso Pignatone, ora presidente del Tribunale vaticano, in quella richiesta di archiviazione, dice che c’erano elementi indiziari che avevano avuto un riscontro sul ruolo di alcuni elementi della Banda della Magliana nel sequestro di Emanuela, ma invece di approfondirli fu deciso di archiviare tutto».
E infine Pietro Orlandi osserva: «Sono sempre stato convinto che, non la Banda della Magliana, ma De Pedis abbia avuto un ruolo di manovalanza nel sequestro e che si sia avvalso di persone tra quelle citate da Sarnataro. Anche se poi i mandanti sono ben altri. Con l’avvocato stiamo raccogliendo una serie di documenti importanti – conclude – e spingendo presso la procura vaticana per condividere con loro le prove che abbiamo adesso a disposizione».