Calenda-Renzi, accordo fatto? No, distanze ancora ampie. E la tentazione della corsa parallela
Cosa succederà nel terzo Polo, sull’asse Azione–Italia Viva? In questo momento è difficile anche solo cercare di prevederlo. Perché molte voci all’inizio del pomeriggio parlavano di un accordo a portata di mano, di colloqui addirittura già indirizzati sulla ripartizione dei seggi all”uninominale. Ma la verità vera è che i contatti sono stati scarsi e fin qui poco produttivi. Non ci sono solo le ruggini del passato mai del tutto sopite tra i due leader (ancora ieri sera l’accenno di Calenda al conflitto sostanziale di interesse di Renzi riguardo ai rapporti con il principe saudita Mohammed bin Salman ha avuto la reazione che si può immaginare nel diretto interessato – quello italiano…). Ma soprattutto da una parte e dall’altra si sta soppesando ogni elemento pro o contro l’intesa: conviene oggi a Italia Viva collegarsi con Azione, e viceversa? E se sì, con che rapporti di forze? Perché Italia Viva, come si sa, ha già impostato una campagna elettorale basato sullo slogan all’americana «Dammi il cinque» per indicare un obiettivo molto ottimistico, che metterebbe il partito in sicurezza in entrambi i rami del parlamento.
Dall’altra parte le aspettative di consensi erano maggiori, soprattutto dopo il successo di critica e di pubblico delle elezioni comunali di Roma, con la lista di Calenda al 20%, davanti addirittura al Pd. Ma qui viene il punto dolente, che si sta vagliando da una parte e dall’altra, ovvero i risultati degli ultimi sondaggi realizzati tra sabato e ieri. Che ridimensionano molto il potenziale di Azione, sia per il sì-poi-no dell’adesione alla coalizione Letta, sia per il dato aritmetico del distacco dell’alleato +Europa. Addirittura il sondaggio di YouTrend per Sky le promette, o per meglio dire minaccia, molto meno del 3% necessario per entrare da sola in Parlamento, e suppergiù con lo stesso peso di Italia Viva.
E allora in queste ore in tutti e due gli stati maggiori si sta verificando se sia meglio collegarsi, coalizzarsi o marciare divisi: perché ciascuna delle due forze sa bene che mettersi insieme non equivale mai a una somma matematica certa, e può più spesso portare perdite di suffragio tra chi quel matrimonio non lo sopporterebbe. E infine, ma mai ultimo, quando ci sono di mezzo Renzi e Calenda, c’è anche il gusto della provocazione: perché è tutt’altro che scontato che l’espediente indicato da Calenda per non dover raccogliere le firme (la presenza di un suo simbolo all’europarlamento) sia accettabile per la commissione elettorale italiana. Se così non fosse, l’alleanza con Renzi più che utile sarebbe obbligata.
Ma con una trattativa a quel punto più onerosa (in ballo ci sono ripartizione dei seggi, ma anche apparizioni televisive e nome nel simbolo). Sia quel che sia, dalle parti di Renzi e dalle parti di Calenda si comincia a ragionare sull’intesa ma anche sulla rottura. E non è un caso che da Italia Viva si faccia trapelare la convocazione di una riunione, domani sera, estesa anche alle nuove forze in arrivo: il centro torinese di Portas (un signore che i voti li ha sempre avuti in proprio) e soprattutto il nuovo soggetto dell’ex sindaco di Parma Pizzarotti…
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