Tumori, scoperto un algoritmo in grado di scovare quali cellule si potranno ammalare
Un nuovo algoritmo ha permesso di scoprire che diverse mutazioni genetiche tipiche del cancro sono già presenti in molte cellule ritenute sane localizzate nelle vicinanze di un tumore, consentendo d’individuare quelle che probabilmente si ammaleranno. Una vera e propria mappa genetica che potrebbe rivelarsi preziosa per effettuare diagnosi sempre più precoci e anche per decidere verso quale regione del tumore indirizzare i trattamenti, aumentandone l’efficacia. È stata messa a punto grazie ad uno studio pubblicato sulla rivista Nature e guidato dall’Università di Oxford e dall’Istituto Tecnologico Reale (Kth) di Stoccolma che, attraverso una tecnica innovativa, spiega come nascono, crescono e cambiano nel tempo le cellule malate.
Il carattere innovativo del metodo
Le attuali tecniche per studiare la genetica delle cellule all’interno dei tumori implicano il prelievo di un campione, in modo da effettuare un’analisi del Dna. Il punto debole di questo metodo è che fornisce solo un’istantanea parziale del tumore in esame. Per superare tale limite i ricercatori, guidati da Andrew Erickson dell’Università di Oxford e da Mengxiao He ed Emelie Berglund del Kth, hanno utilizzato una nuova tecnica che permette di vedere quali cambiamenti genetici avvengono all’interno delle cellule senza rompere il tessuto che si vuole esaminare. «Abbiamo ancora molto da imparare su quali cambiamenti cellulari causano il cancro e come questo ha inizio», ha spiegato Alastair Lamb di Oxford, co-autore dello studio. «Una cosa di cui siamo abbastanza sicuri è che tutto inizia con le mutazioni genetiche». Analizzando oltre 150 mila regioni provenienti da tumori della prostata, della mammella, della pelle e anche di linfonodi e cervello, i ricercatori hanno sviluppato un algoritmo che è in grado di tracciare gruppi di cellule con cambiamenti genetici simili e di localizzarne l’esatta posizione, ottenendo una vera e propria mappa genetica dei tumori.
«La mappatura di migliaia di regioni di tessuto in un singolo esperimento è un approccio senza precedenti, il cui obiettivo è cercare di sbrogliare la complessità dei tumori», ha detto Joakim Lundeberg del Kth, uno degli autori dello studio. «Non abbiamo mai avuto a disposizione, prima d’ora, questo livello di risoluzione e questo nuovo approccio ha rivelato alcuni risultati sorprendenti», ha aggiunto Lamb. «Ad esempio, abbiamo scoperto che molte mutazioni che pensavamo fossero collegate specificamente al cancro sono in realtà già presenti nel tessuto benigno. Ciò ha grandi implicazioni per la diagnosi – ha sottolineato ancora Lamb – e anche potenzialmente per decidere quali parti del cancro devono essere trattate».
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