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Sfruttamento, abusi e omertà: i lavoratori stagionali nel turismo e la paura di denunciare – La video-inchiesta

Ogni anno sono tanti i giovani che si trovano a "fare" la stagione in condizioni sempre peggiori. Pochi accettano di spiegare come vivono: ecco cosa ci hanno raccontato

«Denunciare le condizioni di lavoro in cui mi sono trovata da stagionale, con un’intervista, vorrebbe dire non lavorare più per tutta la vita». Siamo nel culmine della stagione estiva e iniziano a spegnersi i riflettori sulla situazione dei lavoratori stagionali. Ogni anno sono in tantissimi, soprattutto giovani, a lamentare offerte di lavoro scorrette, illegali e dannose per la propria salute. Sui social non mancano post e video di testimonianze. Ed è proprio su TikTok che, a metà giugno, è diventato virale il racconto di Francesca Sebastiani, 22enne campana. 280 euro al mese per 10 ore e mezza al giorno in un negozio: è questa la proposta di lavoro che le ha fatto la titolare e che lei ha rifiutato. «Voi giovani d’oggi non avete voglia di lavorare», così le ha risposto la datrice di lavoro. Ora che i riflettori si sono spenti, racconta di come sia stata sorpresa dal fatto che in molti l’abbiano contattata, soprattutto la stampa, perché – spiega in un altro video – la situazione in cui si è trovata «non è un’eccezione». Quello di Sebastiani non è un caso isolato, ma il suo racconto ha colpito perché il numero di persone che denuncia sfruttamento nel lavoro stagionale non sembra proporzionale alla reale entità del fenomeno. I dati più recenti dell’Ispettorato sul lavoro, anche se non molto aggiornati, sono eloquenti: dal 73% delle ispezioni fatte nei settori della ristorazione e dell’alloggio, sono emerse irregolarità riguardanti l’inquadramento dei lavoratori.

I giovani non hanno voglia di lavorare?

La riduzione negli anni del numero di ragazzi e ragazze disposti a lavorare un’intera stagione con paghe basse e orari fuori norma è un fenomeno diffuso non solo nel nostro Paese e, in qualche caso, la prima conseguenza è che alcuni servizi nel settore chiudono o aumentano i prezzi. Una delle vicende più eclatanti ha di recente riguardato Gardaland, il parco divertimenti più grande d’Italia, che a giugno si è trovato a dover limitare le attrazioni a causa della «forte carenza di lavoratori stagionali che sta sperimentando il settore turistico». Anche qui non sono mancate le critiche: la pagina Facebook del parco è stata invasa il mese scorso da commenti sul tema. «Basterebbe pagarli il giusto e non sempre andare al ribasso», avevano denunciato in molti.

«Non mancano il lavoro o la voglia, ma le giuste condizioni»

Proprio su Facebook sono molti i gruppi creati ad hoc dai lavoratori stagionali e, gran parte, sono nati per denunciare le problematiche del settore. Stagionali in rivolta è uno di questi. «Scusate se vivo al Sud e non voglio lavorare con un contratto part-time per poi fare il doppio delle ore», scrive una ragazza sul gruppo. «Sono stanca che non ci siano proposte di lavoro consone, veritiere e all’altezza di un vero e proprio contratto di lavoro», scrive un’altra.

FACEBOOK \ Stagionali in rivolta | Screenshot da un gruppo Facebook

In molti condividono anche gli scambi che hanno avuto con i titolari, come nel caso di Gabriele: «Dovresti lavorare come barman dalle 18:00 all’1:30», gli propongono. «Dovrei trasferirmi?», chiede. «Sì, per 1200 euro al mese». «Con il giorno libero?», chiede ancora Gabriele. «Sì, tranne agosto», dice il titolare. Lo stagionale in questione rifiuta la proposta e lo denuncia su Facebook, come molti altri.

FACEBOOK \ Stagionali in rivolta | Screenshot da un gruppo Facebook

«Se parlo mi minacciano»: cosa c’è dietro la paura di denunciare

Nonostante la rabbia e le tante denunce che appaiono in rete, però, in pochi hanno voglia di prendere la parola pubblicamente. «No, non ho tempo e voglia. Ho già denunciato ad altri giornalisti, ma non si è mai concretizzato nulla», risponde a Open il fondatore di uno dei gruppi Facebook nati per denunciare le condizioni degli stagionali. In molti credono che la situazione non possa andare in una direzione diversa, altri hanno timore di ripercussioni. «Ho molta esperienza da stagionale. Ne avrei da dire a riguardo, ma se parlo, mi minacciano», così ci ha risposto Valeria (nome di fantasia), una lavoratrice che ha preferito non esporsi in video. «Devi sottostare alle loro leggi, non a quello dello Stato», dice. Poi aggiunge: «E devi stare zitta».

C’è però anche chi è uscito allo scoperto e ha detto «basta», anche a costo di perdere il lavoro. Giulia Cordasco ha lavorato, nell’estate 2019, come vicedirettrice in un grande stabilimento balneare. «Grandi aspettative al colloquio», racconta a Open. «Quando ho iniziato a lavorarci però le cose sono cambiate». Cordasco ci spiega che gli orari previsti dal contratto non sono mai stati rispettati dai titolari, così come le paghe e le mansioni previste inizialmente. Durante la stagione ha deciso, però, di prendere nota di quello che accade nello stabilimento per poi riferire tutto in Diario di un lavoratore stagionale – tratto da un disagio vero (Dialoghi Edizioni, 2021), un libro autobiografico in cui denuncia pubblicamente le scorrette condizioni di lavoro in cui si è trovata da stagionale.

Dopo l’uscita del libro la sua vita è andata avanti nel turismo, ma a condizioni di lavoro migliori e all’impiego – attualmente full time – ha affiancato l’attività in un’associazione di consumatori: «Ho riscontrato molta vergogna nel parlare dei propri problemi lavorativi e vorrei essere la persona di cui avrei avuto bisogno io quando lavoravo allo stabilimento».

La preoccupazione di sindacati e avvocati

«Spesso alle aziende viene data la possibilità di avere il tempo per sanare quelle irregolarità che non sono particolarmente gravi. Ma questo non è stato letto come un aiuto alle società per mettersi in regola, è diventato piuttosto l’ennesimo escamotage per raggirare le norme». Così Monja Caiolo, di Filcams Cgil – il sindacato dei lavoratori del Terziario – spiega a Open come le problematiche dello sfruttamento nel settore degli stagionali siano diventate strutturali. «Ogni estate tentiamo di sensibilizzare i lavoratori, soprattutto quelli che si trovano costretti ad accettare condizioni di lavoro scorrette pur di avere una forma di reddito».

Sono diverse le persone che si rivolgono ai sindacati e ad avvocati del lavoro per capire se le offerte che ricevono sono corrette o meno o per conoscere meglio i propri diritti. Quelli meno tutelati, riferisce Cajolo a Open, sono «la garanzia del giorno di riposo, la retribuzione delle ore di straordinario, il riconoscimento della malattia e la presenza di un contratto». Il fatto che, sebbene in modo anonimo, i giovani dipendenti scelgano di parlare e confrontarsi è tra i fattori che stanno migliorando il quadro generale, dice ancora Cajolo. «Bisogna creare lavoro sano, stabile e che permetta di vivere dignitosamente, e non solo sopravvivere», conclude la sindacalista.

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