Liste Pd, lavori in corso: ancora un rinvio per la direzione che le dovrà approvare. Rebus Ceccanti-Casini
È un cantiere problematico quello delle liste del Partito Democratico. Lo si sapeva, perché la riduzione di un terzo del numero dei parlamentari, e la scarsa quantità di collegi uninominali sicuri rendono particolarmente difficile la costruzione degli elenchi. Il numero non elevatissimo di uscenti (il Pd renziano prese solo il 18 per cento alle elezioni 2018, e poi i gruppi vennero falcidiati dalla scissione di Italia Viva) è bilanciato dai molti esterni da garantire (socialisti, rossoverdi, dimaiani, Speranza e i suoi). C’è poi la necessità di rinnovare, è il caso dell’ex civatiana Elly Schlein, o della leader molisana dei giovani Caterina Cerroni, e di accontentare le aree del partito, quelle del segretario e di Franceschini, quella di Guerini e Lotti, e la sinistra di Orlando–Provenzano–Boccia. Non bastasse, ci sono i veterani, che accetterebbero il passo indietro, ma solo se la regola valesse per tutti. Perché Fassino sì e Casini (oltretutto eletto nel Pd solo l’ultima volta) no?
Il fatto è che Casini, il parlamentare in più lungo servizio permanente effettivo, servirebbe come il pane in caso di legislatura imperniata sulle riforme costituzionali. Così come il professor Ceccanti, uscente in bilico, che però della Carta fondamentale è uno dei massimi esperti. Su tutto la questione dei territori, ovvero di chi i voti li coltiva e li orienta, e già ha fatto sapere con chiarezza che non vuole candidati paracadutati dal centro. Gente magari illustre, più spesso no, mai incontrata e che poi per un quinquennio vedrà solo in tv. Questo basta e avanza per comprendere come mai la direzione del partito, chiamata ieri a varare ufficialmente le liste, è stata rinviata a stamattina e poi ulteriormente a oggi pomeriggio. Forse.
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