Scarpinato e Ingroia, uniti nella guerra (persa) sulla Trattativa, ora candidati avversari alle elezioni
Dalla stessa parte nella magistratura siciliana, specie a proposito di questioni scottanti come il processo sulla presunta Trattativa Stato Mafia. Ora, però, la politica li divide: ieri sera nel listino dei “blindati” dal leader m5s Giuseppe Conte, oggi sottoposto alle parlamentarie, è spuntato anche Roberto Scarpinato, magistrato antimafia da poco in pensione. Antonio Ingroia, dimessosi dalla procura di Palermo già nel 2012, dopo aver avviato le indagini sulla Trattativa, è in politica da tempo e il 25 settembre correrà con Italia sovrana e popolare, il movimento che vede schierati, tra gli altri, il comunista Marco Rizzo e la 95enne Gina Lollobrigida, assistita proprio dall’avvocato Ingroia. Due simboli dell’antimafia di questi anni in due liste diverse e per molti aspetti lontane, dunque.
La candidatura di Scarpinato
Chi conosce le cronache delle discussioni nel MoVimento, sa che il nome di Scarpinato circolava almeno da fine giugno. All’epoca, quando la rottura col Pd non era ancora consumata, l’ex premier aveva pensato a lui per risolvere il problema del candidato alle primarie interne al “campo largo”, per le Regionali in Sicilia. Poi le cose sono andate diversamente, la prescelta è stata Barbara Floridia, e l’alleanza coi dem si è rotta praticamente in contemporanea al voto comune sull’aspirante governatore (voto conclusosi, peraltro, con la vittoria della magistrata, figlia dell’inventore del pool antimafia a Palermo, Caterina Chinnici).
Scarpinato e Conte, dicono dal Movimento, si conoscono da tempo. Non a caso, nella scuola di formazione politica dei grillini, alla toga era stata affidata la lezione del 7 giugno, quella dedicata a mafia e politica. Anche il legame del magistrato (che ha chiuso la sua carriera a gennaio come procuratore generale a Palermo) con l’ex collega Antonino Ingroia è rimasto forte: lo scorso 19 luglio erano entrambi alle celebrazioni per l’anniversario della strage di via D’Amelio. Ed entrambi hanno tenuto discorsi molto duri sul fatto che ad uccidere Paolo Borsellino sia stata una “strage di Stato”.
L’inchiesta sulla Trattativa Stato Mafia
Le immagini della commemorazione di via d’Amelio nel 2012
Del resto tutti e due, Scarpinato e Ingroia, assieme ad Antonino Di Matteo, sono stati protagonisti delle indagini sulla Trattativa. Quando l’inchiesta era alle prime battute, ed era appena stata registrata la clamorosa svolta dell’iscrizione al registro degli indagati dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino per falsa testimonianza – siamo nel 2012 – andarono tutti e tre, insieme, alla commemorazione di via d’Amelio a spiegare che in quei giorni si faceva la storia. “Se questo 19 luglio è diverso da tutti gli altri”, diceva Ingroia, allora procuratore aggiunto e coordinatore dello scottante fascicolo, “è perché soprattutto grazie a voi e nonostante certi altri, la verità è più vicina. Quando viene costruita a tavolino una verità apparente, allora per smontarla non bastano solo dei bravi magistrati, ma ci vuole un paese onesto”. E Scarpinato, che allora era procuratore generale a Caltanissetta, ma per anni era stato anche lui pm a Palermo, lesse una lettera di Borsellino per poi concludere: “Stringe il cuore a vedere nelle prime file personaggi la cui condotta sembra essa stessa il motivo per cui tu, caro Paolo, ti sei fatto uccidere”.
Le cose poi sono andate diversamente da come si aspettavano i tre. Dopo la dura sentenza di primo grado, con pesanti condanne agli ex ufficiali del Ros, Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, la sentenza di appello li ha assolti, un anno fa, e e le motivazioni depositate giusto dieci giorni fa dicono in estrema sintesi, che la trattativa Stato Mafia è avvenuta, ma come iniziativa di singoli che puntavano a limitare la strategia della tensione lanciata tra il 1992 e il 1993 dalla mafia siciliana.
Dopo la pubblicazione delle motivazioni, Scarpinato ha scritto un duro commento sul Fatto quotidiano, attaccando il presidente della corte Angelo Pellino e il giudice a latere Vittorio Anania. Entrambi additati per aver escluso, a detta della ex toga, elementi di prova importanti, una sottrazione che “preclude di ricostruire i motivi dell’accelerazione della strage che chiamano in causa apparati deviati dello Stato”. Se Scarpinato sarà eletto, l’argomento tornerà a risuonare anche nelle aule del Parlamento.
In evidenza, foto di repertorio: i pm del pool di Palermo (da sx) Antonio Di Matteo, Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia
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