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Pnrr, Francesco Boccia è impreciso e fuorviante sui voti del centrodestra nel 2020

22 Agosto 2022 - 09:43 Pagella Politica
Secondo l'esponente del Partito Democratico il 15 luglio 2020 Gelmini, Carfagna e Bignami avrebbero votato contro il Pnrr, ma all'epoca non esisteva

Il 19 agosto, ospite a Omnibus su La7, il deputato del Partito democratico Francesco Boccia ha criticato (min. 19:23) le ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, da poco passate da Forza Italia ad Azione, e il deputato di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, accusandoli aver votato contro il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) il 25 luglio 2020. Lo stesso Bignami, presente in trasmissione, ha subito replicato, dicendo che «non è vero» che in quell’occasione ha votato «contro il Pnrr». Abbiamo verificato e l’ex ministro per gli Affari regionali del secondo governo Conte è stato impreciso e fuorviante.

La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 22 agosto 2022 sul sito di Pagella Politica. Clicca qui per scoprire tutti i fact-checking, divisi per politici e partiti.

Per chi ha fretta

  • Francesco Boccia (Pd): «Gelmini e Carfagna, con Bignami, hanno votato contro il Pnrr il 15 luglio 2020».
  • Il 15 luglio 2020, alla Camera, si è votata una risoluzione in vista di un Consiglio europeo, dove si sarebbe poi giunto all’accordo per dare vita al Next generation Eu. Il Pnrr all’epoca non esisteva ancora.
  • La risoluzione aveva ricevuto i voti contrari del centrodestra (tra cui Gelmini e Bignami, ma non Carfagna, assente) che aveva presentato una sua risoluzione, per chiedere comunque l’intervento dell’Ue con fondi a sostegno dei Paesi colpiti dalla crisi.
  • L’ex ministro del Pd è impreciso e fuorviante.

Analisi

Innanzitutto, va sottolineato che al 15 luglio 2020 – la data del voto incriminato indicata da Boccia in tv – non esisteva ancora il Pnrr, il piano finanziato con oltre 190 miliardi di euro dall’Unione europea per rilanciare l’economia italiana dopo la crisi causata dalla pandemia di Covid-19. Il lavoro di scrittura del Pnrr è iniziato nell’autunno del 2020, con il secondo governo Conte, ed è stato completato dal governo Draghi nei mesi successivi. Il piano è stato inviato alla Commissione europea il 30 aprile 2021 ed è stato definitivamente approvato dalle istituzioni europee il 13 luglio 2021, come ricordato tra l’altro dallo stesso Boccia nel corso della trasmissione.

Il voto del 15 luglio 2020 a cui ha fatto riferimento l’ex ministro si è tenuto alla Camera dei deputati, di cui Boccia, Gelmini, Carfagna e Bignami sono membri. La votazione ha riguardato una risoluzione presentata dai partiti che all’epoca sostenevano il secondo governo Conte (ossia Partito democratico, Movimento 5 stelle, Italia Viva e Liberi e Uguali) dopo le comunicazioni in aula dell’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio 2020. 

Tra le altre cose, quella risoluzione della maggioranza impegnava il governo a «promuovere un accordo tempestivo» tra i capi di Stato e di governo dell’Ue sul Next generation Eu, l’insieme dei fondi presentato dalla Commissione europea a fine maggio 2020 per aiutare gli Stati membri colpiti dalla crisi. Secondo la risoluzione, l’accordo sarebbe dovuto essere «realmente di sostegno dell’economia europea» e la sua attivazione sarebbe dovuta essere «rapida, già nell’anno in corso, rispondendo, in tal modo, alle necessità dei cittadini europei». Durante il Consiglio europeo, fu poi effettivamente raggiunto un accordo che ha gettato le basi per la realizzazione del Next generation Eu e il finanziamento dei piani nazionali, tra cui il Pnrr italiano.

La risoluzione di maggioranza alla Camera fu approvata con 286 voti favorevoli e 227 voti contrari, come mostra il sito Openparlamento, che permette di monitorare le votazioni dei parlamentari. Proprio la pagina con i voti sulle risoluzioni è stata mostrata in diretta tv da Boccia (Immagine 1). In quell’occasione, è vero che Gelmini e Bignami votarono contro, accusa non vera invece nei confronti di Carfagna, che era assente.

Immagine 1. Boccia mostra in tv i risultati della votazione sulla risoluzione di maggioranza del 15 luglio 2020

In generale, i partiti di destra e centrodestra votarono contro la risoluzione di maggioranza. All’epoca Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega erano all’opposizione del governo e in quell’occasione presentarono una loro risoluzione – firmata, tra gli altri, anche da Gelmini – che fu bocciata con 285 voti contrari e 228 favorevoli. Tra le altre cose, la risoluzione dell’opposizione chiedeva al governo di «attivarsi affinché nel prossimo Consiglio europeo straordinario si pervenga a un accordo in favore di stanziamenti prevalenti e cospicui a fondo perduto, senza condizionalità, scongiurando compromessi al ribasso, non all’altezza delle sfide coraggiose ed ambiziose che la crisi pandemica richiede all’intero continente europeo». 

Le critiche del centrodestra verso la maggioranza vertevano su più punti. Per esempio, l’opposizione temeva che i soldi europei sarebbero arrivati in ritardo rispetto alla crisi (la prima erogazione dei fondi del Pnrr sarebbe poi arrivata ad agosto 2021, dunque oltre un anno dopo la votazione del 15 luglio 2020) e che l’Ue avrebbe imposto condizioni troppo rigide all’Italia per consentire l’erogazione dei fondi.

Ricapitolando: parlare di voto contro il Pnrr, in questa circostanza, è fuorviante, dal momento che la votazione riguardava una risoluzione in vista del Consiglio europeo.

Conclusioni

Secondo Francesco Boccia (Pd), il 15 luglio 2020 le ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna (Azione) e il deputato Galeazzo Bignami (Fratelli d’Italia) hanno votato «contro il Pnrr». Abbiamo verificato e l’ex ministro per gli Affari regionali è stato impreciso e fuorviante. Il 15 luglio 2020, alla Camera, si è votata una risoluzione in vista di un Consiglio europeo, dove si sarebbe poi giunto all’accordo per dare vita al Next generation Eu. La risoluzione aveva ricevuto i voti contrari del centrodestra (tra cui Gelmini e Bignami, ma non Carfagna, assente) che aveva presentato una sua risoluzione, per chiedere comunque l’intervento dell’Ue con fondi a sostegno dei Paesi colpiti dalla crisi.

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