Chi è Giovanni Padovani, l’uomo accusato di aver perseguitato e ucciso Alessandra Matteuzzi a Bologna. Nessun provvedimento dopo la denuncia per stalking
Giovanni Padovani è nato nel 1995 a Senigallia (Ancona). È lui l’uomo accusato di aver perseguitato e poi ucciso a martellate l’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, ieri sera a Bologna. Calciatore e modello, da tempo viveva nel capoluogo emiliano. Gli amici lo descrivono come una persona entusiasta del suo lavoro nel calcio e nel campo della moda. La sua carriera calcistica, inaugurata nel 2013 con due anni nelle giovanili del Napoli e una chiamata nell’under 17 della Nazionale italiana, è costellata di squadre più o meno blasonate: negli anni ha vestito le maglie di Fano, Foligno, Correggio, Bolzano, Vasto, Pomigliano, San Marino, Giarre e Troina e di tante altre società di serie C e D, cambiandone almeno una a stagione. L’ultima la Sancataldese, dove era arrivato da circa 10 giorni e da cui era stato svincolato lunedì 24 agosto, dopo aver abbandonato improvvisamente il ritiro prima della partita domenicale contro il Catania. Forse proprio per tornare a Bologna.
«Continuiamo ad assistere a morti annunciate»
La storia tra Padovani e Matteuzzi era terminata da qualche mese, ma la donna l’aveva denunciato per stalking lo scorso 29 luglio, riferendo di atteggiamenti molesti, telefonate continue, messaggi e appostamenti. Agli inizi di agosto la procura aveva aperto un fascicolo, delegando le indagini ai carabinieri ma senza adottare nessun provvedimento restrittivo. Attorno alla metà di agosto, gli investigatori avevano inviato una prima informativa in procura, dopo aver avviato gli accertamenti e sentito alcuni testimoni. Proprio nei giorni scorsi, Matteuzzi aveva contattato i carabinieri per sapere di eventuali sviluppi nella vicenda e, su consiglio del suo legale, avrebbe dovuto integrare la denuncia con un ennesimo episodio di persecuzione, dal momento che Padovani si era presentato nuovamente sotto casa sua.
Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza ha commentato così la vicenda: «Continuiamo ad assistere a morti annunciate: le donne uccise per mano maschile di fronte all’impotenza di istituzioni che non credono alle parole delle donne e non applicano correttamente le misure esistenti. Una denuncia a cui non ha fatto seguito la valutazione del rischio. Lo diciamo da sempre, abbiamo bisogno di essere credute e di avere risposte adeguate al fenomeno della violenza maschile alle donne». Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, ha spiegato che servono risposte anche dalla politica: «Questa è l’ennesima prova della necessità immediata di politiche, ancora oggi inadeguate e con risorse ridicole. Quante donne devono ancora morire? Vogliamo risposte chiare nel programmi politici, non retorica e politiche inefficaci. Vogliamo sapere cosa farete su questo che non è un tema come altro, ma è la criticità più importante della nostra democrazia».