Femminicidio di Bologna: Padovani chiedeva un video ogni 10 minuti a Matteuzzi per controllarla. Tra le armi usate per il delitto anche una «panca di ferro»
L’omicidio di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa a Bologna da Giovanni Padovani, era stato anticipato da una lunga lista di segnali allarmanti. Prima ancora dell’atteggiamento persecutorio adottato dall’uomo dopo la fine della loro relazione, la denuncia che la vittima presentò lo scorso 29 luglio raccontava di svariate avvisaglie. Tra le richieste dell’ex compagno, per esempio, quella di girare e inviare un video ogni 10 minuti, dove fosse ben visibile ora e luogo dove la donna si trovava quando non stavano insieme, per assicurarsi che non lo tradisse. Se Alessandra non rispondeva alle telefonate o se il video tardava, arrivavano scenate. Dai racconti dei testimoni, contenuti nell’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale di Bologna ha convalidato l’arresto e disposto il carcere per Padovani, emergono ulteriori dettagli sull’assassinio commesso dal 27enne. Tra i vari oggetti contundenti utilizzati per percuotere la donna a morte, infatti, emerge anche una «panca in ferro battuto» presente sotto l’atrio scagliata più volte contro la donna.
Nell’ordinanza si legge anche che prima di partire da Senigallia in direzione Bologna, dove il delitto è stato consumato, Padovani aveva preparato uno «zainetto all’interno del quale metteva un martello, trovato sulle scale di casa, giustificando tale condotta con una presunta eventuale necessità di difesa. Entrato nel giardino condominiale toglieva il martello dallo zaino e lo appoggiava ad un albero». Il gip Andrea Salvatore Romito ha definito la personalità dell’indagato come animata «da un irrefrenabile delirio di gelosia e incapace di accettare con serenità il verificarsi di eventi avversi, come la cessazione di un rapporto per di più caratterizzato da incontri sporadici». Una manifestazione, dunque, di «eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità».
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