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Elezioni, Calenda in pressing sul rigassificatore di Piombino. Ma nel 2016 bloccò quello di Trieste

27 Agosto 2022 - 21:06 Redazione
Nel 2016 il leader di Azione era alla guida del Mise. Disse in merito all'impianto nella in FVG: «È un'opera non strategica»

Per sostenere famiglie e imprese colpite dagli aumenti delle bollette il governo Draghi, impegnato nel disbrigo degli affari correnti, è al lavoro su un nuovo decreto per calmierare gli effetti dei prezzi di gas ed elettricità. Il nuovo intervento potrebbe arrivare nel corso delle prossime settimane, ma nel frattempo la campagna elettorale in vista delle elezioni del 25 settembre prosegue. E c’è chi, come il leader di Azione e del Terzo Polo, Carlo Calenda, chiede a tutti partiti di mettere in stand-by la campagna elettorale per aprire invece «un confronto su come intervenire sulle bollette ed energia». L’invito rivolto agli avversari, in particolare al segretario del Pd Enrico Letta e alla leader di FdI Giorgia Meloni è quello di «essere chiari su alcune cose di fondo: saremo responsabili sul bilancio, vogliamo il rigassificatore di Piombino, andiamo da Draghi, chiediamo tutti quanti di fare un intervento molto ampio, perché altrimenti l’economia italiana entrerà in recessione rapidissimamente». E il leader del Terzo Polo incalza, sempre su Twitter: «Basta indugi: il rigassificatore di Piombino va realizzato in tempi brevi: è ormai una questione di sicurezza nazionale».

Lo stop di Calenda al rigassificatore di Trieste nel 2016

C’era però un tempo in cui Carlo Calenda guidava il Ministero dello Sviluppo Economico, sia durante il governo Renzi, sia durante l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. E nel giugno 2016, Calenda cancellò dall’agenda di governo la creazione di un altro rigassificatore, quello di Zaule, in provincia di Trieste, progettato dal gruppo catalano Gas Natural dal 2004. Lo stop arrivò a seguito di un colloquio con Debora Serracchiani, all’epoca alla guida del Friuli Venezia Giulia, e dell’ex sindaco di Trieste, Roberto Cosolini. Calenda dichiarò che, a suo avviso, l’impianto non fosse un’«opera strategica», sottolineando che «essendoci altri progetti già autorizzati che, se realizzati, potranno coprire le ulteriori necessità», annunciò dunque che «la realizzazione di questa infrastruttura esce dall’agenda del Governo», guidato all’epoca da Matteo Renzi. Il niet di Calenda sul rigassificatore di Zaule fu però una scelta di carattere politico.

A livello nazionale, infatti, il progetto aveva chiuso il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nel 2009. Ma all’epoca l’allora governatrice Serracchiani decise di impugnare per due volte davanti al Tar il giudizio di compatibilità ambientale espresso dal Ministero dell’Ambiente, ritenendo illegittime e fondate su presupposti errati le valutazioni della commissione tecnica. Tra un ricorso e l’altro intervenne il governo, che il 10 giugno 2016 decise di non procedere alla realizzazione dell’impianto.

Il Tweet di Serracchiani

Si trattò di una scelta politica, sulla scia della contrarietà principalmente manifestata dalle istituzioni territoriali. Serracchiani, infatti, subito dopo lo stop dichiarò: «Il governo ha espresso per la prima volta un risoluto orientamento negativo a un progetto che gravava sul territorio come un’ipotesi pesantissima: il rigassificatore non è compatibile con lo sviluppo di Trieste, e con gli interessi dell’economia regionale».

Una posizione sostenuta anche dal commissario dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino, che dichiarò: «Finalmente possiamo dire ai nostri investitori che non esiste più la spada di Damocle di un impianto incompatibile con i traffici del porto e le strategie di sviluppo della città». Insomma, il rigassificatore di Piombino, oggi, «è questione di sicurezza nazionale». Quello di Trieste, nel 2016, venne considerato «non strategico, essendoci altri progetti in corso che avrebbero coperto le ulteriori necessità». In qualsiasi caso, pur essendo ovvio che la situazione odierna rispetto a quella del 2016 sia certamente cambiata, oggi ci si trova ben oltre la soglia di «necessità». È emergenza, o «questione di sicurezza nazionale», che dir si voglia. A futura memoria: estote parati.

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