Femminicidio Matteuzzi, il racconto della vicina di casa: «Padovani era lucido. Mi ha detto di stare tranquilla e ha ricominciato a picchiarla»
«Erano le nove e mezza di sera. Stavo preparando la cena e ho sentito le grida di un litigio fortissimo». Veronica Milevschi era una vicina di casa di Alessandra Matteuzzi, la 56enne uccisa lo scorso 23 agosto a Bologna dal suo ex compagno Giovanni Padovani a martellate. «Lui l’avevo visto entrare in cortile prima che arrivasse Alessandra», racconta intervistata da La Stampa, «stavano discutendo, lei lo supplicava». A quel punto, Milevschi ha iniziato a gridare, «ho urlato a Giovanni di smetterla» ma lui non si fermava. Allora ha corso i cinque piani di scale che la separavano da Alessandra. Arrivata in cortile, ha provato a bloccarlo, ad afferrargli un braccio. Ma Padovani si è girato «lucido, calmissimo», le ha detto: «Stai tranquilla, non ce l’ho con te». Quindi ha ricominciato a picchiare: «Ha gettato la panchina contro di lei». È un «uomo forte ed era in preda all’ira. Continuava a calciare Alessandra».
La testimonianza di Milevschi potrebbe precludere al calciatore la possibilità di invocare la semi infermità mentale, una delle poche possibilità che ha per evitare il massimo della pena. A fermarlo, sono stati «l’altro ragazzo e suo padre, che l’hanno preso a spintoni e allontanato da lei». Lo hanno tenuto lontano da Alessandra, fino all’arrivo della polizia. Milevschi è stata la prima a intervenire in soccorso di Alessandra. «Non possono essere sempre e solo le donne a difendere le altre donne», dice e si rammarica per non aver potuto fare di più: «Vorrei solo esserci riuscita e che qualcun altro fosse arrivato a darmi una mano».
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