Still I Rise, cancellato l’account Stripe della onlus per le donazioni: «È un attacco politico. Anche Facebook ci sta oscurando»
Da oltre 4 anni, la onlus Still I Rise si impegna nel garantire un’educazione ai minori che hanno dovuto abbandonare la propria casa a causa della guerra. La prima scuola è stata aperta nel 2018 nell’hotspot di Samos, in Grecia. Poi nel nord-ovest della Siria, un centro di emergenza e riabilitazione nella Repubblica Democratica del Congo per i bambini che lavorano nelle miniere, e altre scuole in Kenya, Turchia, America Latina e Italia. Still I Rise vive grazie a finanziamenti ben selezionati in base a un codice etico e alle donazioni. Ora, però, tutto questo è in pericolo. «Stripe ha chiuso l’account di Still I Rise senza fornire alcuna spiegazione». Lo denuncia Nicolò Govoni, 29 anni, fondatore dell’organizzazione che si era affidata a Stripe per raccogliere le donazioni, una delle piattaforme di riferimento a livello mondiale. Da un giorno all’altro, però, la piattaforma ha deciso di fermare tutto e bannarli.
La denuncia
«Abbiamo perso tutti i donatori ricorrenti e, con loro, più di 100 mila euro in due mesi», denuncia Govoni, «linfa vitale delle nostre scuole, dei nostri bambini e dei nostri sogni». Secondo lui, si tratterebbe di un vero «attacco politico». Come racconta nel suo post sui canali social, i problemi per Still I Rise sono iniziati sei mesi fa quando Stripe ha chiesto la documentazione sulla scuola in Siria, ad Al Dana. «Noi abbiamo diligentemente fornito tutti i chiarimenti necessari. Loro ci hanno assicurato sul fatto che si trattasse di un controllo di routine», racconta Govoni. Poco dopo, però, la piattaforma li ha segnalati come un rischio di natura ignota, cosa che gli preclude il diritto di usufruire dei loro servizi. «Ci stavano chiedendo, indirettamente, di abbandonare le operazioni in Siria. Il nostro rifiuto ha fatto scattare la rappresaglia».
La «lista nera internazionale»
Govoni scrive come nel 2020 un donatore «di alto profilo con accesso a informazioni classificate» gli rivelò che la sua onlus era finita in una specie di lista nera internazionale a causa delle denunce che aveva presentato riguardo l’hotspot in Grecia e le politiche europee di accoglienza dei migranti. Come se non bastasse, Still I Rise ha rifiutato sin dalla sua fondazione ogni finanziamento e compromesso provenienti da governi, dall’Onu e Ue, da multinazionale che considerano «poco etiche: e questo ci rende eternamente scomodi».
I post oscurati e l’impossibilità di trovare un’altra piattaforma
Come contromossa, Govoni ha chiesto ai suoi sostenitori di riattivare la donazione mensile attraverso un altro metodo di pagamento e di condividere il suo messaggio di denuncia. «Facebook (ndr Meta), che di Stripe è partner, ci sta oscurando con una violenza immane», continua Govoni: «Su una pagina che è solita raggiungere 100 mila persone a post, l’ultimo ne ha raggiunte a stento 10 mila». Non solo Stripe starebbe violando l’obbligo contrattuale di comunicare le motivazioni del recesso e di restituire i dati dei donatori, ma starebbe anche facendo terra bruciata intorno a Still I Rise. «Dopo la chiusura dell’account, ci siamo rivolti ad Axerve», una piattaforma per pagamenti simile a Stripe, «a trattativa già conclusa, ha fatto dietrofront rifiutandoci come clienti. Sostiene che il fatto che ci abbiano bannati costituisce di per sé un rischio e quindi siamo tagliati fuori».
«Non la faranno franca»
«Il sabotaggio di Stripe non comprometterà i nostri progetti», assicura Govoni che spiega come grazie alla gestione fondi fatta in passato l’organizzazione può continuare a sopravvivere ancora nel medio periodo anche a donazioni bloccate. «Non la faranno franca», scrive il fondatore che promette di rivolgersi alla giustizia una volta racconti abbastanza fondi per intraprendere una battaglia legale contro la multinazionale. «Ma fino a quel giorno, il loro piede immane continua a schiacciarci».
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