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La strana lettera dei 1200 scienziati che negano il cambiamento climatico

30 Agosto 2022 - 14:53 Juanne Pili
La scienza e il consenso sul clima si fanno raccogliendo fonti, non firme

Il premio Nobel norvegese Ivar Giaever si è posto alla guida di un documento, subito condiviso su Facebook, che ha trovato l’adesione di oltre mille firmatari, denominato Dichiarazione mondiale sul clima (WCD), dove si nega la responsabilità umana nel cambiamento climatico. Anzi, affermano proprio che «non c’è l’emergenza climatica». Si elencano solo sei affermazioni (le vedremo a breve) già abbondantemente smentite, come avevamo spiegato in un precedente articolo. Siamo tornati sull’argomento intervistando un esperto: il meteorologo Roberto Ingrosso, collaboratore della pagina Facebook Chi ha paura del buio?, spiega a Open come mai questo documento è del tutto infondato.

Per chi ha fretta:

  • Il documento in oggetto non fornisce fonti a supporto.
  • Tra i primi firmatari troviamo soprattutto dei non climatologi e personaggi che hanno avuto legami con attività legate al petrolio e al gas.
  • Il consenso attorno all’emergenza climatica e alla responsabilità umana tra i climatologi è ormai del 99%.

Analisi

La prima affermazione è un classico del negazionismo climatico: non esiste un’emergenza climatica dovuta all’attività umana, in quanto stiamo attraversando un ciclo di surriscaldamento globale, che sarebbe avvenuto tale e quale anche senza di noi:

L’archivio geologico rivela che il clima della Terra è variato da quando esiste il pianeta – spiegano gli autori -, con fasi naturali fredde e calde. La piccola era glaciale si è conclusa di recente nel 1850. Pertanto, non sorprende che ora stiamo vivendo un periodo di riscaldamento. […] Il mondo si è riscaldato significativamente meno di quanto previsto dall’IPCC sulla base della forzatura antropogenica modellata. Il divario tra il mondo reale e il mondo modellato ci dice che siamo lontani dal comprendere il cambiamento climatico.

Uno dei post.

«C’è un altro punto di cui tener conto, che abbiamo trattato in un recente post – continua Ingrosso -, gli autori parlano del clima nelle ultime centinaia di anni, dalla piccola glaciazione al caldo medievale. Ne parlano come se questo tipo di variazioni ci fosse da sempre, e il riscaldamento attuale non avrebbe dunque nulla di atipico». Cosa vediamo osservando tutti i cicli climatici, andando a ritroso nei millenni? «Le ricostruzioni paleo-climatiche, su scala emisferica e globale, ci fanno capire che il caldo medievale e la piccola glaciazione sono state variazioni molto piccole, per niente comparabili col riscaldamento globale avvenuto negli ultimi decenni».

Il grafico che mostrate nel vostro post non sembra aver bisogno di ulteriori commenti: si vede proprio una impennata senza precedenti rispetto alle variazioni del passato, anche tenendo conto del caldo romano; i negazionisti hanno recentemente citato quest’ultimo fenomeno, tornando a ricordare l’impresa di Annibale che valica le Alpi con gli elefanti, ne abbiamo trattato qui e qui. «Parliamo di riscaldamenti e raffreddamenti che avvengono in momenti diversi e regioni diverse – spiega il meteorologo – mentre quello in corso è un riscaldamento repentino e globale. Su Annibale e il caldo romano si cita per altro un esempio storico in maniera distorta. Gli storici semmai ti fanno capire che faceva più freddo, parlando di elefanti che passavano per ghiacciai oggi non più esistenti».

Chi ha paura del buio? | Il riscaldamento globale attuale a confronto con il caldo romano e quello medievale.

Clima ed emissioni di gas serra: solo una correlazione?

Dal 1850 in poi l’incremento delle temperature è notevolmente più veloce del previsto, ed è una cosa che vediamo nei grafici, esclusivamente in correlazione con la massiccia emissione di gas serra correlata, mentre non si vede con tutti gli altri fattori che determinano i cicli climatici (orbita terrestre, attività solare, vulcani, deforestazione, Ozono, altri tipi di inquinamento atmosferico). «In questi studi di attribuzione – continua Ingrosso -, si quantificano i vari fattori che possono essere responsabili di un cambiamento climatico e si vede come solo in presenza dei gas serra emessi dall’uomo riusciamo a spiegare l’attuale riscaldamento globale. Dietro l’evidente correlazione che si vede in questi grafici, c’è quindi una quantificazione dei fattori e una fisica solida che ne spiega i meccanismi».

L’anidride carbonica non inquina, anzi fa bene?

Quindi si arriva alla implicita conclusione che «la politica climatica si basa su modelli inadeguati», perché
«non solo esagerano l’effetto dei gas serra, ma ignorano anche il fatto che arricchire l’atmosfera con la CO2 è benefico». Infatti questo gas serra è «il cibo vegetale, la base di tutta la vita sulla Terra»:

La CO2 non è un inquinante – spiegano gli autori -. È essenziale per tutta la vita sulla Terra. Più CO2 è favorevole alla natura, rendendo più verde il nostro pianeta. L’aggiunta di CO2 nell’aria ha promosso la crescita della biomassa vegetale globale. È anche redditizio per l’agricoltura, aumentando i raccolti dei raccolti in tutto il mondo.

Questo è un argomento fantoccio. Nessuno vuole eliminare la CO2 dal Pianeta. Il problema sono le conseguenze del suo eccesso accumulatosi in atmosfera. Sicuramente l’anidride carbonica è importante per le piante; non di meno uragani e incendi (dovuti alle conseguenze dell’effetto serra causato dal suo accumulo in atmosfera), potrebbero pregiudicare sensibilmente alla flora la possibilità di beneficiarne. «Un piccolo aumento di CO2 può anche essere favorevole – prosegue il meteorologo -, ma oltre un certo livello hai una serie di impatti negativi per la vita delle piante, inoltre, che la CO2 non sia un inquinante non è nemmeno così vero, infatti è anche un gas acido che fa diminuire il pH degli oceani: quello è un impatto inquinante. Se ne parla poco ma l’acidificazione degli oceani è una minaccia per gli ecosistemi marini».

Il riscaldamento globale non ha aumentato i disastri naturali?

La narrazione arriva a negare implicitamente l’esistenza di un consenso sui cambiamenti climatici basato su dati statistici:

Non ci sono prove statistiche che il riscaldamento globale intensifichi uragani – continuano gli autori -, inondazioni, siccità e simili disastri naturali, o li renda più frequenti. Tuttavia, vi sono ampie prove del fatto che le misure di mitigazione della CO2 siano tanto dannose quanto costose.

«Ci sono già evidenze scientifiche – continua Ingrosso -: abbiamo temperature e precipitazioni estreme; un incremento globale dei cicloni tropicali; l’andamento accelerato in Europa occidentale delle ondate di caldo; eventi climatici estremi senza precedenti».

Il consenso della comunità scientifica sul cambiamento climatico

Se non ci sono prove statistiche, come mai il 99% dei climatologi è concorde nel ritenere che ci sia un’emergenza climatica dovuta all’attività umana? Possibile che solo questo gruppo di scienziati si sia accorto che tali statistiche sono inventate? Ricordiamo come si è arrivati a questo consenso quasi unanime:

Quando parliamo di “sondaggi” dai quali si evince la percentuale di climatologi che concordano sul cambiamento climatico – spiegavamo in un precedente articolo -, ci riferiamo a uno dei vari studi a cui fanno riferimento inizialmente John Cook et al, in una lettera apparsa su Environmental Research nel 2016. Quel 97% di consenso si evince da un campione di oltre 2400 paper. Questa si accompagna a una analisi condotta leggendo oltre 11 mila abstract di altrettante ricerche sul Cambiamento climatico. Anche così si arriva a un 97% di consenso. Come accennato studi più recenti basati sull’analisi di oltre 88mila articoli scientifici, spostano il livello di consenso al 99%.

Per approfondire sull’emergenza climatica

Chi sono i principali firmatari

Il documento in oggetto deriva molto probabilmente da una petizione redatta nel 2019, con oltre 500 firmatari, che appaiono condivisi col recente testo in oggetto. Per approfondirne meglio le origini consigliamo l’analisi del collega Gianluca Liva per Pagella Politica. Trovate anche una nostra analisi di quel primo documento qui.

  • Ivar Giaever – fisico, ha ricevuto il Nobel nel 1973 per la sua ricerca sui semiconduttori e superconduttori. Membro del Heartland Institute, una associazione storicamente vicina anche a chi nega il collegamento tra fumo di sigaretta e danni alla salute.
  • Guus Berkhout – ingegnere, ha lavorato nell’industria del gas e del petrolio Comincia la sua carriera presso la Shell. Figura come autore della versione della lettera presentata per la prima volta nel 2019 a livello europeo, quando contava oltre 500 firme. Avevamo già analizzato quel primo documento, qui.
  • Reynald Du Berger – è un geofisico. I suoi studi riguardano la sismologia. Non si è mai occupato in maniera rilevante di climatologia (fonti: qui e qui).
  • Jeffrey Foss – è un filosofo.
  • Ingemar Nordin – altro filosofo. È considerato uno dei maggiori rappresentanti del neoliberismo svedese.
  • Terry Dunleavyex giornalista neozelandese, è stato anche un tipografo commerciale e ha lavorato nel settore vinicolo.
  • Jim O’Brien – consulente energetico irlandese. Inoltre è il presidente onorario del Uepg, una associazione che rappresenta un insieme di aziende che assieme fatturerebbero 20 miliardi di euro, sparse in 30 Paesi europei «e fa pressioni [lobbies] sulle principali sfide del settore con istituzioni europee, Ong e altre parti interessate». Buona parte delle industrie rappresentate sono estrattive, insomma non proprio il massimo dal punto di vista dell’indipendenza circa tematiche legate al cambiamento climatico.
  • Viv Forbes – geologo, presidente della Carbon Sense Coalition, creata appositamente per «difendere il ruolo del carbonio sulla terra e nell’atmosfera».
  • Alberto Prestininzigeologo in pensione, è stato anche membro del Comitato tecnico scientifico per il Ponte sullo Stretto di Messina.
  • Richard Lindzen – tra i pochi competenti tra i firmatari. Fisico dell’atmosfera è stato anche docente di meteorologia al Mit, inoltre è stato anche un conferenziere del Cato Institute. Il lavoro di Lindzen è stato criticato diverse volte da climatologi come Gavin Schmidt, il quale fece notare anche diverse imprecisioni nella presentazione dei dati relativi alla temperatura, in maniera così palese da ottenere persino le scuse di Lindzen.

Notiamo quindi, che a dispetto delle numerose firme, ben pochi sono gli scienziati realmente competenti sul tema, mentre se esaminiamo altre lettere dove degli scienziati denunciano il negazionismo del cambiamento climatico, scopriamo che i firmatari si sono tutti occupati di climatologia nella loro vita. Citiamo per esempio gli accademici che hanno firmato la recente lettera aperta della Società italiana per le scienze del clima (SISC), dove si fa appello ai politici affinché si faccia qualcosa di concreto per affrontare l’emergenza climatica:

SISC | I primi firmatari della «Lettera aperta alla politica italiana», 3 agosto 2022.

Conclusioni

Una lettera che annovera tra i primi firmatari dei non climatologi, frutto di rimaneggiamenti di una precedente versione redatta anni fa, torna a circolare con la sola forza di un apparente principio di autorità (i climatologi veri infatti scarseggiano tra i sottoscrittori), infatti tutte le congetture elencate sono state già smentite da montagne di dati, statistiche e studi, portando ormai a un consenso del 99% tra gli scienziati climatici, sull’emergenza e sulla responsabilità umana, mediante emissioni di gas serra, in particolare di CO2.

A questo punto dobbiamo ricordare un report dell’Institute for Strategic Dialogue (Isd), il quale ha recentemente denunciato come certe lobby stanno cercando di propagandare il negazionismo del cambiamento climatico e della responsabilità umana. Ne avevamo trattato qui. Suggeriamo a tal proposito la lettura del saggio di Naomi Oreskes e Erik M. Conway, Mercanti di dubbi, dove si tratta anche il ruolo del già citato Hertland Institute. Affronta tutti i temi in cui sono intervenuti questi think tank; dai danni del tabacco, al buco dell’ozono, dalle piogge acide al cambiamento climatico. Questa propaganda si avvale soprattutto dei finti dibattiti animati anche da presunti scienziati, al fine di scoraggiare la riduzione delle emissioni, a tutto vantaggio delle industrie che dipendono dalla vendita dei combustibili fossili.

Aggiornamento 2 settembre 2022 – Di Open Fact-checking

Ci segnalano un articolo pubblicato sul sito Nicolaporro.it a firma di Franco Battaglia, da tempo etichettato dai media come «il Prof. negazionista dei cambiamenti climatici», firmatario della lettera in oggetto. Dopo due paragrafi dove punta il dito contro il Cicap (il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze fondato da Piero Angela) e contro Massimo Polidoro, l’autore prosegue con una critica nei confronti di questo articolo di Open Fact-checking definendo la testata giornalistica “agenzia” e puntando il dito contro l’esperto da noi interpellato, ossia Roberto Ingrosso, definendolo «studente universitario». Abbiamo letto la critica e rispondiamo.

«Poi, la scienza si fa raccogliendo fatti, non fonti» afferma Battaglia. Per supportare delle tesi scientifiche serve citare delle fonti scientifiche, ovvero articoli pubblicati su riviste scientifiche.

«La climatologia è una branca della geologia e della geofisica» afferma ancora. Non ci risulta che i climatologi siano geologi.

Sostiene come «irrilevante» la presenza di «non climatologi» nella lettera. Si parla di cambiamento climatico e la quasi totalità dei firmatari non risulta avere pubblicazioni in ambito climatico.

Battaglia appoggia una teoria attribuita al premio Nobel Ivar Giaever, primo firmatario della lettera: «non è necessario neanche essere scienziati per rendersi conto che il Gwa è una balla colossale». Questa sembra essere la giustificazione e difesa verso coloro che non sono considerati esperti del clima e che hanno firmato tale lettera. Nell’intervento, però, definisce Roberto Ingrosso «studente universitario» quando è in realtà un meteorologo riconosciuto dalla Organizzazione Meteorologica Mondiale, ha lavorato in passato presso il CMCC e l’Università del Salento e fa ricerca attualmente in campo climatologico sul monsone africano e sui cicloni tropicali (bastava una semplice ricerca online). Per ulteriore verifica abbiamo chiesto un parere anche a Daniele Visioni della Cornell University.

Battaglia, nel suo articolo ospitato da Nicola Porro, afferma che nel nostro articolo sia riportato «il grafico a hockey-stick, che è il grafico prodotto da quelli che furono coinvolti nel noto scandalo del Climategate, che truccarono i dati, cancellando dalla Storia del clima il periodo caldo medievale e, sostanzialmente, anche la piccola era glaciale». Il grafico citato non è l’hockey stick di Mann (1998), è tratto da uno studio pubblicato decine di anni dopo (2019) su Nature Geoscience da PAGES 2k Consortium. Il grafico riportato da Battaglia è probabilmente una ricostruzione regionale e comunque non c’è traccia nel report IPCC AR4 del 2007 dove invece è presente questo grafico, che conferma quanto detto. Inoltre non c’è alcuna dimostrazione che il grafico di Mann sia frutto di dati truccati. Questo è un falso. Non a caso, come si legge nel post di CHPDB linkato sopra, le successive ricostruzioni confermano nella sostanza le conclusioni di Mann e colleghi. Compreso lo studio di Pages2k Consortium.

La lettera di Ivar Giaever è stata trattata anche dai premi Pulitzer di Insideclimatenews e dai colleghi di Climatefeedback.

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