Dalle bollette esposte alle chiusure tattiche fino alle candele al posto delle lampadine: così i commercianti reagiscono ai rincari
Il riflesso dello choc energetico sulle bollette fa paura. Alle grida di allarme arrivate negli scorsi giorni dagli esercenti, si unisce la necessità di trovare soluzioni per rimanere a galla. Dal Nord al Sud del Paese, si moltiplicano gli stratagemmi per consumare meno: c’è chi punta sul romanticismo, sostituendo le luci decise delle lampade con quelle soffuse delle candele, chi evita di accendere i condizionatori durante le pulizie. Alcuni alberghi provano a concentrare le prenotazioni in specifici piani per risparmiare sull’aria condizionata, tengono al buio piscine e giardini e stanno valutando se chiudere in bassa stagione. Diversi ristoranti hanno già scelto di dimezzare il servizio, aprendo solo a cena e rimanendo chiusi a pranzo. Cambiano le Regioni ma le strategie per attirare l’attenzione del Governo si ripropongono in maniera simile, dall’inserimento di nuove voci negli scontrini per spiegare i rincari ai clienti all’affissione delle bollette sulle vetrine dei propri locali.
Palermo
Gli esercenti del capoluogo siciliano provano a bandire gli sprechi con soluzioni creative. A cominciare dai ristoratori, che ieri 31 agosto hanno deciso di spegnere le luci per un quarto d’ora in segno di protesta. Antonio Cottone, presidente regionale di Fipe Confcommercio e titolare de “La Braciera” a Palermo, racconta a Repubblica Palermo: «Nel mio locale ho attrezzato una piccola area a lume di candela, ma con cento tavoli da gestire è difficile. Molti hanno chiesto la rateizzazione delle bollette, ma senza successo». Cottone porta avanti una richiesta ben precisa, rivolta al governo: «L’aumento dei rimborsi fino al 50 per cento sotto forma di credito d’imposta, per ora fissato al 15 per cento per la luce e al 25 per cento per il gas». E se il ristorante “Salmoriglio” in corso Vittorio Emanuele ha scelto di chiudere a pranzo e spegnere il forno elettrico per le pizze, mentre l’albergatore Giuseppe Rosano racconta di aver spento le luci di piscina e giardino («eccetto quelle di sicurezza»), il titolare di una pizzeria nel centro storico ha una visione più drastica: «Quando si arriverà con l’acqua alla gola, qualcuno finirà per allacciarsi abusivamente oppure dovrà licenziare e chiudere». Lo choc energetico, d’altronde, fa paura: ««A luglio ho ricevuto una bolletta da 80 mila euro, a fronte dei 30 mila dell’anno scorso», racconta Nico Torrisi, presidente regionale di Federalberghi e proprietario di un hotel ad Aci Castello.
Non solo elettricità
E i problemi non sono legati unicamente a luce e gas: «Il costo dell’acqua è aumentato del 68 per cento, quello della lavanderia per i kit da bagno del 40 per cento. E poi ci sono l’Imu e la tassa rifiuti che pesano per 100 mila euro l’anno», racconta Santi Primavera, titolare di un albergo ad Acireale. Per poi sbottare rassegnato: «Non ho alternative: chiudo da ottobre ad aprile». La situazione per chi ha investito nel fotovoltaico è più serena: «La bolletta è aumentata solo del 15 per cento — spiega Elisa Butera, di Legno Arreda ad Aragona, falegnameria con 16 dipendenti — e così abbiamo compensato i costi triplicati delle materie prime. Abbiamo anche sostituito tutte le lampadine con i led e ho chiesto ai dipendenti di utilizzare la luce naturale nel capannone, quando è possibile».
Napoli
Anche la terra partenopea soffre per i rincari in bolletta. Qualche giorno fa il titolare della storica pizzeria Gorizia 1916 di Napoli, Salvatore Grasso, ha deciso di lanciare una provocazione inserendo delle nuove voci al conto dei clienti. Oltre alle bevande, alle pizze e al coperto, infatti, nello scontrino gli avventori hanno trovato una quota aggiuntiva contabilizzata come: «Contributo per gas», «Energia» e «Fitto». «Di fronte a questi costi, noi siamo con le spalle al muro», aveva raccontato al Corriere della Sera. Le cifre monstre delle bollette 2022, a confronto con le fatture dello scorso anno, gambizzano le attività di albergatori, commercianti, ristoratori, panettieri, alimentari: membri di tutte queste categorie, riuniti in un’associazione per dire no agli aumenti incontrollati, hanno deciso di esporre i costi sostenuti in vetrina. La scenografica protesta avrà inizio oggi, 1° settembre, secondo quanto racconta la Repubblica di Napoli. «Le bollette sono triplicate e non è finita, ci attendiamo aumenti del 20 per cento ogni mese – avvisa il presidente di Confcommercio Napoli Carla della Corte – come faremo a pagarle? La situazione è già ora gravissima con il rischio di chiusura per migliaia di imprese. Per questo motivo abbiamo lanciato un appello alla Regione, alla Camera di Commercio e al governo nazionale affinché si intervenga immediatamente e con urgenza». In caso di mancato intervento, Della Corte paventa un «disastro che rischia di mandare in default l’economia italiana. A livello economico è una catastrofe peggiore del Covid».
Firenze e Arezzo
Luci spente anche in Toscana, dove per un quarto d’ora molti esercizi commerciali hanno deciso di abbassare gli interruttori in segno di protesta. Un’iniziativa a cui hanno aderito negozi, bar, ristoranti e supermercati, dal caffè fiorentino Ditta Artigianale in piazza S. Ambrogio all’hotel Four Season fino all’Unicoop Firenze. Edoardo Spagnoli, membro della famiglia che gestisce il Caffè Ricasoli di via de’Pucci, ha raccontato a Repubblica Firenze che la bolletta a luglio si è alzata di 700 euro rispetto allo scorso anno. A detta dei titolari del negozio di calzature Tognoni, l’unica soluzione possibile in questo contesto risiede nel «tetto al prezzo del gas» e nella «riduzione del cuneo fiscale». E mentre si aspettano provvedimenti dall’alto, i piccoli imprenditori continuano a ingegnarsi per sopravvivere, mentre cercano modi efficaci per farsi ascoltare. David Casucci, titolare della paninoteca aretina “Panini& Co.”, ha deciso di provare a fronteggiare il caro energia aggiungendo sugli scontrini emessi la frase: «80 centesimi per caro energia… scusateci». «Potevamo aumentare il costo dei panini, ritoccando il menù, ma ho preferito essere chiaro con i miei clienti», ha raccontato a La Nazione.
Milano e Cremona
E come la silenziosa protesta del buio, anche l’esposizione delle bollette in segno di denuncia ha attraversato diverse regioni. Così come il citato caso di Napoli, lo scorso 17 agosto il titolare della pizzeria Funky Gallo nel Cremonese aveva affisso in vetrina la bolletta ricevuta, da oltre 4 mila euro. «Quando le spese diventano insostenibili. Mettere una pizza Margherita a 10 euro e passare da ladro o chiudere l’attività?», aveva domandato. L’allarme risuona tra le strade del capoluogo lombardo e investe anche cinema e teatri. «Nel 2019 di corrente elettrica abbiamo speso 144.000 euro, solo nel primo quadrimestre del 2022 siamo arrivati a 150.000, il che significa che a fine anno saranno 450.000 euro. E questa è la stima di luglio, quindi ottimistica», dice a Repubblica Milano Elio De Capitani, direttore del Teatro dell’Elfo. Per poi aggiungere: «L’unica cosa certa è che non toccheremo la stagione, perché il problema non può ripercuotersi sui lavoratori, né tantomeno il costo dei biglietti». «È evidente che i luoghi della cultura sono esposti a un aggravio dei costi e condizionati dal minore potere di spesa degli spettatori. Questa congiuntura ci spinge ad accelerare il percorso già avviato verso una sostenibilità diversa, nei meccanismi produttivi e nella gestione di impianti e immobili. Direzione nella quale, peraltro, vanno pure gli investimenti dei fondi a valere sul Pnrr», fa eco il direttore del Piccolo Claudio Longhi. Andrée Ruth Shammah, alla guida del Franco Parenti, si è detta convinta che «governo e ministero della Cultura faranno la loro parte, come noi faremo la nostra. La situazione è grave per tutti: non va ingigantita, va affrontata».
Pordenone
A Pordenone e Udine potrebbe far buio prima e non solo per la fine della bella stagione. Gli imprenditori si stanno organizzando per spegnere le vetrine una volta chiusa l’attività. «Non per cattiva volontà, ma perché non si riesce più a tenere i conti sotto controllo», ha raccontato a Il Gazzettino il titolare di un negozio di Pordenone. Aggiungendo: «Del resto, se i sindaci spengono i lampioni pubblici, la stessa cosa faremo noi con le nostre vetrine». Non è l’unica misura verso la quale si sono orientati i commercianti: tra le ipotesi, infatti, c’è pure quella di chiudere i negozi almeno un’ora, forse un’ora e mezza prima rispetto all’orario attuale. Ma le iniziative dei singoli potrebbero non bastare: «La settimana prossima avremo l’incontro con la Regione per capire quale tipo di interventi urgenti si possono attuare», ha spiegato Giovanni Da Pozzo, alla guida della Camera di Commercio di Udine e Pordenone, nonchè presidente di Confcommercio regionale. «Da parte nostra chiederemo aiuti concreti e veloci perché le sofferenze si stanno allargando a macchia d’olio», ha concluso.
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