Gli Usa attaccano la Cina dopo il report dell’Onu sugli uiguri: «In corso un genocidio, Pechino dovrà risponderne»
Il documento era atteso da tempo. La sua pubblicazione era stata ostacolata dal governo cinese che negli ultimi anni ha opposto forte resistenza. Ma poco prima della mezzanotte del 31 agosto, proprio nell’ultimo giorno del mandato dell’Alta Commissaria Michelle Bachelet, il rapporto è stato diffuso. In 48 pagine, le Nazioni Unite hanno formulato diverse accuse contro la Cina, tra cui quelle di tortura a danno della componente musulmana degli uiguri, definendole «credibili» e citando possibili «crimini internazionali, in particolare crimini contro l’umanità». Il documento copre un periodo di vari anni nel quale le autorità cinesi avrebbero detenuto arbitrariamente fino a 1,8 milioni di uiguri e altre minoranze. Liz Truss, ministra degli Esteri britannica, parla di «nuove prove» delle «orribili violazioni dei diritti umani» commesse dalla Cina contro «gli uiguri musulmani e altre minorante nello Xinjiang». Tutti aspetti di cui la Cina deve «rendere conto», afferma Antony Blinken. Il segretario di Stato Usa sostiene che questo rapporto «conferma la nostra preoccupazione per il genocidio in corso». Oltre agli arresti arbitrari, il rapporto parla di torture, violenze sessuali, distruzione di siti religiosi e violazione dei diritti riproduttivi. Secondo alcuni analisti, tra cui l’antropologo tedesco Adrian Zenz, ci sarebbero prove del fatto che la parte sulle sterilizzazioni è stata «annacquata durante le ultime ore». Un elemento che significherebbe «che il rapporto dell’Onu non è una revisione completamente indipendente di tutte le prove disponibili» scrive Zenz su Twitter. L’aspetto chiave secondo l’antropologo manca è «la revisione della politica del governo dello Xinjiang che cerca esplicitamente di limitare le nascite nelle regioni uiguri».
La richiesta di un meccanismo indipendente internazionale
«Queste pagine descrivono la dimensione e la gravità delle violazioni dei diritti umani», scrive in una nota Agnes Callamard, segretaria generale di Amnesty International: «Si capisce chiaramente perché il governo cinese abbia esercitato così tante pressioni sulle Nazioni Unite perché le nascondessero». Il rapporto contiene anche 13 raccomandazioni a Pechino che comprendono il rilascio tempestivo dei detenuti in centri vocazionali, prigioni o altre strutture. Callamard chiede al Consiglio Onu «di istituire un meccanismo indipendente internazionale per indagare sui crimini di diritto internazionale e sulle altre gravi violazioni dei diritti umani in corso nello Xinjiang».
La risposta della Cina
Il governo cinese, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, sostiene che «il rapporto sia stato pianificato e inventato dagli Usa e da alcune forze occidentali», giudicandolo «del tutto illegale» e «non valido». Wang ha poi accusato l’Ufficio per i diritti umani dell’Onu di essere diventato «complice» dell’Occidente «contro la stragrande maggioranza dei Paesi in via di sviluppo». Dall’altra parte, però, il presidente del Congresso uiguro mondiale Dolkun Isa ha definito questo rapporto come «estremamente importante» e in grado di aprire «la strada a un’azione significativa da parte degli organismi dell’Onu e della comunità imprenditoriale».
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