Il latte può superare i 2 euro al litro: l’allarme di Granarolo e Lactalis. Coldiretti: «Un allevamento su 10 è a rischio»
Il prezzo del latte potrebbe superare i 2 euro al litro. È l’allarme lanciato dai due grandi marchi Granarolo e Lactalis che chiedono l’attenzione del governo e un conseguente intervento pubblico. Le cause risiedono nella crisi che sta attraversando l’Italia e l’Europa per la guerra in Ucraina che ha fatto schizzare i tassi dell’inflazione. È quest’ultima, spiegano i due gruppi, ad aver toccato profondamente, «con numeri a doppia cifra, quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte: alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, del packaging, e di ulteriori componenti di produzione impiegati nella produzione di latticini». Granarolo e Lactalis riferiscono che in primavera il prezzo del latte per il consumatore ha raggiunto gli 1,75/1,80 euro al litro (dati Nielsen) e con buona probabilità aumenterà alla fine dell’anno corrente.
Gli effetti della crisi energetica
A pesare su tutto questo c’è anche la crisi energetica, che sta provocando aumenti da mesi e che nelle ultime settimane ha toccato nuovi record sul fronte del gas. «Per quanto riguarda le sole energie, se non avviene un’inversione di rotta, si tratta di una inflazione del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022», ha spiegato il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari, che definisce «insostenibile» anche per le grandi aziende l’aumento dei costi energetici che hanno effetti su tutta la filiera della produzione del latte. «Le imprese sono allo stremo, hanno già fatto ben oltre le loro possibilità ed è arrivato il tempo della responsabilità pubblica. In questo drammatico frangente, come imprenditori abbiamo messo da parte le rivalità di mercato ed abbiamo unito il nostro appello», conclude Calzolari.
A rischio 1 allevamento su 10
All’appello dei due colossi del latte, si unisce il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che dice che quasi un allevamento su dieci è a rischio. «Fino a oggi grazie alla cooperazione fra allevatori, industrie e grande distribuzione si è riusciti a contenere gli aumenti nei confronti di consumatori e cittadini, ma adesso non siamo più in grado di reggere se non con un aumento dei prezzi perché la situazione sta diventando insostenibile», dice Prandini evidenziando a più riprese come sia a rischio l’intera filiera produttiva. Si tratta di una questione che non tocca solo l’ambito economico nazionale, ma che ha anche una rilevanza sociale e ambientale. «Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate», spiegano da Coldiretti.
Perché è a rischio tutta filiera
Il prezzo del latte «sta aumentando in modo vertiginoso, raggiungendo valori che fino a pochi mesi fa nessuno avrebbe mai immaginato». Così si aggiunge al dibattito anche l’Associazione Italiana Lattiero Casearia (Assolatte). E i dati che riporta parlano chiaro: il prezzo del latte spot, ovvero ancora sfuso in cisterna, «era di 39 centesimi, quello alla stalla ne costava 38. Oggi, il primo viaggia su valori superiori ai 65 centesimi (+66%) e il secondo è salito a 57 centesimi (+50%). Con il latte spot che continua nella sua corsa e i contratti per l’autunno che porteranno il prezzo del latte alla stalla fino a 60 centesimi». Il problema di fondo quindi è che buona parte degli aumenti dei costi è a carico di chi trasforma il latte. Assolatte chiede di «ridurre i costi energetici, lavorando su accise e tasse e con un tetto ai prezzi del gas e dell’energia; ridurre gli altri costi di produzione, cancellare per sempre lo spettro di nuove tasse, e diminuire l’impatto degli aumenti sui consumatori»
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