Stop del gas russo? Il capo di Nomisma avverte: «Da gennaio consumi razionati: perché è meglio farli subito»
Con le scorte all’83%, se la Russia chiudesse oggi il rubinetto del gas, all’inizio di gennaio saremmo «costretti a razionare i consumi». Ad affermarlo è il professor Davide Tabarelli intervistato da Ansa. Il presidente di Nomisma Energia sostiene che «sarebbe meglio cominciare anche prima, per non dover tagliare pesantemente nei mesi più freddi». I due nuovi rigassificatori, infatti, quelli di Piombino e Ravenna, «se va bene arriveranno a maggio». Dallo scoppio del conflitto in Ucraina, l’Italia ha aumentato le importazioni da altri Paesi di circa 17 miliardi di metri cubi, «ma non bastano a sostituire quei 29 miliardi che compravamo da Mosca». Il professore di Economia all’Università di Bologna aveva già parlato del rischio di un’inflazione a due cifre senza il gas russo: «I prezzi esploderebbero», diceva a marzo, «il gas supererebbe i 300 euro megawattora e si rischia la benzina a 3 euro». La benzina non è arrivata a costare 3 euro al litro ai distributori, ma la previsione sul gas era corretta visto il record raggiunto il 26 agosto di 339 euro. Già a un mese di distanza dall’inizio dell’invasione russa, il rischio di razionamento era alto. «Se non lo fa la politica, lo fa il mercato», sosteneva Tabarelli: il costo dell’energia sta portando a un progressivo incremento dei prezzi, cosa che porta alla distruzione della domanda.
«Gazprom? Nessun terrorismo psicologico, dice la verità»
Gli stoccaggi di gas in Italia al primo settembre erano pieni all’82,56%, pari a 159,7082 terawattora, cioè quasi 15 miliardi di metri cubi. Il rischio spiegato da Tabarelli è su un aumento quadruplicato della domanda di gas in inverno rispetto a quella estiva: «Il bisogno potrà arrivare fino a 400 milioni di metri cubi al giorno». Di questi duecento milioni verrebbero forniti dalle scorte che si sono fatte in estate, gli altri duecento dalla rete di gasdotti e rigassificatori. «La Russia d’inverno ci dava 90 milioni di metri cubi al giorno», continua Tabarelli, «se non ce li dà più, e non abbiamo abbastanza fonti alternative, siamo costretti ad attingere di più dalle riserve. Ma non possiamo prelevarne troppe, perché la rete deve rimanere in pressione, come un palloncino. Quindi, siamo costretti a ridurre i consumi: energia, produzione industriale, riscaldamento». Secondo il presidente di Nomisma le dichiarazioni preoccupanti di Gazprom non possono essere definite «terrorismo psicologico» ma l’evidenza di una situazione molto probabile che l’Europa sarà destinata a vivere nei prossimi mesi: «Quando dice che l’Europa, anche con le riserve di gas piene, rischia un inverno al freddo, dice una cosa scontata, basta guardare le statistiche», spiega. «La Russia forniva il 40% del gas alla Ue. E’ una percentuale che non è sostituibile in meno di tre anni».
La situazione italiana
Per quanto riguarda l’Italia il ricercatore parla di 12 miliardi di gas mancanti per sostituire la fornitura russa: «Nel 2021 abbiamo consumato 76 miliardi di metri cubi di metano. Tre miliardi li abbiamo autoprodotti, gli altri 73 li abbiamo importati. Dalla Russia ne sono venuti 29 miliardi. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, abbiamo aumentato le importazioni dall‘Algeria di 7 miliardi di metri cubi, di 3 dall’Azerbaijan, di 2 dal Mare del Nord. Altri 2 miliardi di metri cubi in più arrivano dal rigassificatore di Rovigo, 1 da quello di Livorno e 2 da Panigada. In tutto fanno 17 miliardi. Ne mancano ancora 12 per sostituire il gas russo». A questo proposito il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, rassicura spiegando che l’Italia sostituirà del tutto il gas di Mosca nella seconda metà del 2024, e che già alla metà del 2023 ridurrà di molto la dipendenza. Rimane per Tabarelli il problema dell’inverno imminente. «Il punto è che quest’inverno non avremo ancora le due navi rigassificatrici a Piombino e Ravenna. Se va bene, arriveranno a maggio e giugno». Si tratta delle due navi che permetteranno di immettere in rete le grandi forniture di gas africano che governo ed Eni hanno contrattato nei mesi scorsi.
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