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Nuoto, approvata la cuffia per i capelli afro nelle gare ufficiali: la decisione della Fina dopo 5 anni di proteste

04 Settembre 2022 - 17:09 Ygnazia Cigna
La "Soul Cap" era stata proibita alle gare ufficiali perché non seguiva «la forma naturale della testa», scatenando le proteste degli atleti afro

Dopo esser stata bandita lo scorso anno dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, la Federazione internazionale di nuoto (Fina) ha ufficialmente approvato la cuffia per i capelli afro nelle competizioni di alto livello, la cosiddetta «Soul Cap». «Promuovere la diversità e l’inclusività è al centro del nostro lavoro ed è molto importante che tutti gli atleti acquatici abbiano accesso al costume da bagno appropriato», ha dichiarato il direttore della federazione Brent Nowicki. Nello sviluppo del prodotto ha collaborato anche Alice Dearing, la prima nuotatrice nera a rappresentare la Gran Bretagna alle Olimpiadi. Diventata da subito portavoce del progetto, ha commentato la buona notizia dicendo: «Sono molto felice ed emozionata. Costituisce un precedente per lo sport, per l’inclusività e l’accettazione».

Come nasce la Soul Cap e le proteste degli atleti afro

La Soul Cap venne lanciata per la prima volta nel 2017 in Gran Bretagna da due imprenditori, Michael Chapman e Toks Ahmed-Salowudeen. In vista delle Olimpiadi chiesero alla Fina di registrare il prodotto ufficialmente, affinché si potesse usare nelle gare. Ma arrivò un secco no, motivato dal fatto che la cuffia non seguiva «la forma naturale della testa». Il divieto che venne messo alla Soul Cap scatenò diverse proteste, in particolar modo da nuotatori e nuotatrici afroamericani. Questo perché le cuffie da nuoto convenzionali erano un limite per le atlete afro con capelli molto folti e ricci, soprattutto a causa della presenza dell’ipoclorito di sodio che provoca una forte secchezza a un tipo di cappelli che già naturalmente è molto secco. L’azienda che produce le Soul Cap, a tal proposito, ha ricordato di come alcune nuotatrici avevano abbandonato certe competizioni per questo motivo. Pertanto, la decisione della Fina è un grande passo di inclusività.

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