Ecco gli effetti delle sanzioni contro la Russia, il dossier riservato del Cremlino: «Fuori dalla crisi solo nel 2030»
L’economia russa potrebbe affrontare una recessione tale che potrebbe tornare al livello pre-guerra «solo alla fine del decennio, o più tardi». Ad affermalo è Bloomberg, che è riuscito a visionare un rapporto interno preparato per il governo e destinato alla riunione a porte chiuse dello scorso 30 agosto degli alti funzionari russi. il documento è il risultato di mesi di lavoro di esperti che stanno cercando di valutare il reale impatto che le sanzioni e l’isolamento economico avranno sulla Russia. Quello che emerge è un quadro che può assumere tinte diverse a seconda di come accelererà la contrazione economica. La prima viene definita «inerziale» e prevede che l’economia russa toccherà il fondo il prossimo anno scendendo dell’8,3% rispetto al 2021. La seconda, o «stress», fissa il minimo all’11,9% nel 2024. In tutte le proiezioni viene considerata la possibilità di misure più stringenti e che queste possano venire adottate da più Paesi. Come scrive Bloomberg, l’allontanamento dell’Europa dal petrolio e dal gas russo potrebbe anche incidere sulla capacità del Cremlino di rifornire il proprio mercato. Oltre alle sanzioni, che ad oggi coinvolgono un quarto delle importazioni ed esportazioni, nel rapporto viene indicato come preoccupante anche la possibilità che circa 200mila specialisti possono lasciare il Paese entro il 2025.
L’economista russo, Alexander Isakov, sostiene che «con un accesso ridotto alle tecnologie occidentali, la crescita potenziale del Paese è destinata a ridursi dello 0,5% o 1% nel prossimo decennio». Cosa che continuerebbe a peggiorare arrivando a rasentare lo zero entro il 2050. «La Russia sarà anche sempre più vulnerabile a un calo dei prezzi delle materie prime globali», continua Isakov, «poiché le riserve internazionali non forniranno più un cuscinetto». Il rapporto interno del Cremlino mette in guardia rispetto a una riduzione dei volumi di produzione in settori, come quello del petrolio e del gas, ma anche dei prodotti chimici e del legno: «Questi settori cesseranno di essere i motori dell’economia».
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