Il maxi-rogo, i feriti, il pericolo microinquinanti: cos’è successo nell’incendio alla Nitrolchimica di San Giuliano Milanese
L’operaio di 44 anni rimasto gravemente ferito nell’incendio della Nitrolchimica nel Milanese è stato trasferito dal San Gerardo di Monza al Centro grandi ustionati dell’ospedale di Niguarda. Questa una delle ultime notizie sull’incidente accaduto il 7 settembre nell’area industriale di via Monferrato, a San Giuliano Milanese, quando l’azienda di recupero solventi e smaltimento di rifiuti pericolosi è stata assalita dalle fiamme. Le condizioni dell’uomo restano gravi a causa delle ustioni di secondo e terzo grado su volto, torace ed altre parti del corpo. L’operaio 44enne è il più grave dei sei dipendenti rimasti feriti o intossicati.
I vigili del fuoco al lavoro
Dopo cinque ore di intervento per domare le fiamme, i vigili del fuoco stanno ancora spegnendo i focolai del maxi-incendio mentre i detriti del fabbricato vengono rimossi con gli escavatori. L’esplosione si è verificata in uno dei magazzini posizionati all’interno di un grande capannone che in queste ore continua ad essere smantellato dalle venti squadre di pompieri accorse sul posto. Le cause risulterebbero quasi certamente accidentali. I testimoni hanno raccontato d’aver sentito un’esplosione e di aver visto una palla di fuoco nel cielo. «È stato un inferno, fiamme altissime. Siamo subito scappati», hanno raccontato i dipendenti delle aziende vicine.
Pericolo microinquinanti, attese nelle prossime ore le rilevazioni di Arpa
Per monitorare la qualità dell’aria e gli eventuali rischi di dispersione di sostanze inquinanti è intervenuta l’Arpa, con due squadre e quattro tecnici. La prima squadra è arrivata immediatamente con una strumentazione portatile, che non ha evidenziato significative variazioni della concentrazione degli inquinanti. L’altra ha installato uno strumento per il campionamento dei microinquinanti, tra cui le diossine, in caso di una possibile ricaduta dei fumi dovuta all’incendio. Il filtro verrà prelevato nella mattinata di oggi 8 settembre e inviato al laboratorio di analisi che sarà in grado di fornire l’esito in circa 72 ore. Nel frattempo il sindaco di San Giuliano, Marco Segala, dopo le prime raccomandazioni ai cittadini di tenere ben chiuse porte e finestre, rassicura: «Non sono previste ulteriori ordinanze per il momento, il vento fortunatamente gira in un’altra direzione e non nel nostro territorio».
«Troppe aziende pericolose nello stesso comparto»
A denunciare una condizione della zona industriale dell’hinterland milanese considerata troppo precaria è Legambiente. In Lombardia sono 1.842 le aziende che necessitano di Aia (Autorizzazione integrata ambientale) necessaria per uniformarsi ai principi di prevenzione e controllo dall’inquinamento ambientale. E sono 255, di cui 61 solo nella provincia di Milano stando agli elenchi del ministero
della transizione ecologica, quelle cosiddette “Rir”, ovvero a Rischio di incidente rilevante. Nella zona industriale di San Giuliano Milanese dove si è sviluppato l’incendio sono presenti entrambe le tipologie. La Nitrolchimica, l’azienda andata a fuoco, è inserita nell’elenco dei gestori ambientali di rifiuti, sottoposta quindi alla necessità di Aia. Negli ultimi anni è stata sottoposta a tre verifiche da parte dell’Arpa, due ordinarie nel 2017 e nel 2019 e una verifica straordinaria nel 2020 per un controllo sulle emissioni nell’atmosfera. A neanche cinquanta metri da quest’azienda in cui sono divampate le fiamme c’è una sede della Tecnochimica, un’azienda “Rir” il cui stabilimento di via Bracciano, nel quale si trovano stoccati prodotti chimici, si trova a meno di un chilometro dal rogo.
La direttiva Seveso
«Da sempre Legambiente chiede che vi sia un avvicinamento di una parte delle aziende che trattano materiali pericolosi, come ad esempio i gestori di rifiuti pericolosi e di recupero di solventi come appunto la Nitrolchimica, alla direttiva europea cosiddetta “Seveso”», spiega la presidente lombarda Barbara Meggetto, «direttiva che prevede tra le altre cose l’esistenza in ogni stabilimento a rischio di un piano di prevenzione e di un piano di emergenza, nonché la cooperazione tra i gestori per limitare l’effetto domino e il controllo dell’urbanizzazione attorno ai siti a rischio». Uno dei rischi più grandi è proprio la collocazione di troppe aziende a rischio nella stessa area. «Il problema è che le autorizzazioni vengono date azienda per azienda e non sono sul comparto, che invece è molto denso, con aziende molto vicine tra loro», continua Meggetto. L’azienda coinvolta nell’incendio non era una azienda speciale propriamente detta, ma smaltiva solventi e anche questi hanno un potere infiammabile. Al momento non mettiamo in dubbio che lì si fossero rispettate le procedure di sicurezza, ma il fumo che si è propagato e che deriva dalla combustione di prodotti chimici non è una passeggiata».
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