Messaggi hot, foto e abusi in classe a un 12enne: quali sono le accuse nei confronti della prof di Benevento
Messaggi hot con foto inviati via Whatsapp fino a tarda notte. Conversazioni inequivocabili. E, almeno in un’occasione, l’accusa di aver costretto un ragazzino di 12 anni a compiere e subire atti sessuali. Anche in classe. Queste sono le accuse nei confronti di una professoressa di un istituto del Beneventano. La donna si trova attualmente agli arresti domiciliari. Secondo la procura diretta da Aldo Policastro è «apparsa non in grado di regolamentare i propri impulsi sessuali». Il provvedimento cautelare è stato notificato all’indagata dai carabinieri di Arpaia (Benevento). Il reato contestato è quello di violenza sessuale aggravata. Le indagini sono scattate alla fine dello scorso mese di marzo dopo la denuncia della preside, seguita da quella dei genitori della giovanissima vittima.
L’inchiesta
L’edizione napoletana di Repubblica racconta oggi che la sospensione nei suoi confronti disposta dal ministero della Pubblica Istruzione, secondo i magistrati, non sia sufficiente: per questo le hanno vietato di intrattenere in qualunque forma rapporti di comunicazione con i minorenni. Le indagini sono partite a marzo. I genitori del ragazzino hanno fatto sapere alla dirigente scolastica quello che stava succedendo. La preside ha disposto la sospensione dell’insegnante. Intanto sono scattate le procedure d’urgenza del Codice Rosso. L’avvocato Paolo Abbate, che assiste la madre e il padre, ha formalizzato una querela. La vittima è stata ascoltata in audizione protetta con una psicologa. Ad aprile la procura ha disposto il sequestro del cellulare dell’indagata. I pubblici ministeri raccontano di «un’intensissima comunicazione telematica via Whatsapp, in tutte le ore del giorno e soprattutto la sera fino a tarda notte». L’insegnante, «approfittando della contiguità fisica in classe nonché dello stato di soggezione del proprio alunno», avrebbe prima instaurato con il giovanissimo studente «un rapporto di “predilezione” in classe». Poi i messaggi video e audio su Whatsapp. Non solo. La professoressa avrebbe inviato all’alunno e chiesto a lui di inviare a sua volta «fotografie a contenuto esplicitamente sessuale», fino ad «indurre il minore a compiere e subire atti sessuali», accusano gli inquirenti, non solo virtualmente, ma addirittura anche a scuola in almeno un’occasione.
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