Price cap europeo, Cingolani fiducioso: «La strada è avviata. L’Italia chiede un tetto su tutto il gas, non solo russo»
Il vertice straordinario tra i ministri dell’Energia europei di venerdì scorso, tanto atteso perché considerato decisivo per il via libera al discusso price cap comunitario sul gas russo e non solo, si è concluso con un nulla di fatto sul tema del tetto ai prezzi. Solo 15 Paesi su 27, tra cui l’Italia, si sono schierati apertamente per un limite generalizzato al costo del gas. Cinque si sono dichiarati contrari, Germania e Ungheria in prima fila, o neutrali. Gli altri hanno assunto una serie di posizioni intermedie, che comunque hanno portato all’ennesimo slittamento di un accordo comune, la cui responsabilità è ora affidata alla Commissione. Ma il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani non è d’accordo con chi interpreta la mossa come un fallimento delle trattative: «Io insisto nel dire che è stato un grande risultato: i 27 Paesi hanno chiesto alla Commissione di elaborare entro settembre un piano che includa anche il price cap. il vertice europeo dei ministri dell’Energia sarebbe stato un fallimento, dal nostro punto di vista, se avesse bocciato il price cap. Invece, anche grazie al nostro lavoro preparatorio, è accaduto il contrario: è stato dato un mandato alla Commissione in tal senso. Non si poteva ottenere più di questo», ha detto il ministro, intervistato a Repubblica. Un mandato che la Commissione potrebbe compiere già nel prossimo pacchetto di misure, che presenterà martedì 13 settembre. «Forse faremo in tempo con questo governo in carica a fare il secondo round – ha aggiunto Cingolani -, altrimenti passerò il testimone, e i relativi dati, al mio successore. Ma adesso la cosa è ben avviata».
Posizioni frammentate
E ribadisce ancora che, nonostante ci sia ancora l’opposizione di alcuni Paesi, preoccupa soprattutto il “no” della Germania, la situazione non è così sconfortante. «Il documento dell’altro giorno non è stato messo ai voti. Ogni ministro si è espresso, e mentre alcune dichiarazioni sono state esplicitamente favorevoli, altre hanno espresso dubbi, altre ancora, in particolare quelle dei Paesi più dipendenti dal gas russo, sono state esplicitamente contrarie. Ma ho parlato a lungo con il ministro tedesco Habeck. Condivide il price cap in linea di principio, ma il suo governo vuole valutare fino in fondo se non rischia di penalizzare qualcuno dei Paesi membri», ha spiegato il ministro. Ovviamente, non è facile trovare un’intesa. «Ci sono i timori dei Paesi più vulnerabili, più dipendenti dalla Russia. Poi c’è chi, tra i 27, paga il gas russo molto meno degli altri. Infine c’è chi, in Europa, sta guadagnando moltissimo da questa situazione», sottolinea, riferendosi agli extra guadagni dell’Olanda.
Le caratteristiche del price cap
Cingolani ha le idee chiare sulle modalità di applicazione del tetto per cui si batterà l’Italia. Deve essere prima di tutto un price cap generalizzato a tutto il gas che arriva in Europa via gasdotto, perché ormai «mettere un tetto solo a quello russo non ha senso», dal momento che arriva in quantità molto ridotte rispetto a prima del conflitto. Non solo: «Va dato un segnale a tutti i produttori. L’Europa importa i tre quarti del gas naturale che finisce in gasdotto: è giusto che, come maggior compratore mondiale, contribuisca a definire il prezzo, per tutelare imprese e cittadini», ha detto Cingolani. Per quanto riguarda il prezzo limite da stabilire, il ministro lo renderebbe equo «agganciandolo al prezzo del gas liquido, che ha quotazioni assai più stabili. Oppure al prezzo del petrolio Brent».
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