Istat, salgono i prezzi e l’occupazione ma gli under 35 che lavorano sono solo il 22%
A luglio il potere d’acquisto di chi viene pagato a ore si è ridotto del 6%. Una diminuzione su cui pesano l’inflazione e l’aumento dei prezzi che fanno sentire i loro effetti nonostante un incremento delle retribuzioni contrattuali orarie dell’1,2%. Lo fa sapere l’Istat, che evidenzia un aumento degli stipendi dello 0,4% rispetto a giugno. Incrementi simili – 1,2% e 0,5% sul mese precedente – sono stati registrati per il lavoratori dipendenti. Tutto ciò a fronte di un rigonfiamento dei prezzi nell’indice generale (Nic) del 9,0% su base annua. L’istituto di statistica conferma che la crescita è dovuta all’aumento del costo dell’energia, che ad agosto ha fatto registrare un +44,9% su base annua. Gli effetti principali si notano sui beni alimentari lavorati (+10,5%) e sui beni durevoli (+3,9%). Rallenta, invece l’aumento di servizi e trasporti, che passano dal +8,9% di luglio al +8,4% di agosto.
L’occupazione continua a crescere, con un incremento di 175 mila unità rispetto al trimestre precedente (+0,8%) e di 667 mila unità sul 2021 (+3%). Anche i posti vacanti, però aumentano, raggiungendo il massimo dal 2016 con il 2,2%. Rimane, invece, sotto i livelli dei primi anni 2000 l’occupazione dei giovani (tra i 15 e i 34 anni), nonostante un incremento su base annua. Il tasso di occupazione degli under 35 è al 44,2% (+3,5% sul 2021). Il trend – spiega l’istituto di statistica – si deve all’«andamento demografico [in Italia le nascite sono in diminuzione, e con esse i giovani] e l’allungamento dei percorsi di istruzione, insieme alle difficoltà di ingresso e permanenza nel mercato del lavoro». La quota dei giovani sugli occupati totali era del 34,4% nel 2004 e del 22,8% nel 2022. Il divario occupazionale della fascia di riferimento rispetto alla media Ue raggiunge così il 15,5%.
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