Bologna, la disfida dei cellulari in classe: l’istituto Malpighi li vieta a studenti e docenti. Ma c’è chi dice sì
Il dibattito è ormai aperto: è giusto sequestrare il telefono agli studenti durante l’orario scolastico? Il tema è particolarmente sentito a Bologna e dintorni da quando l’istituto Malpighi ha deciso di iniziare il nuovo anno scolastico con una nuova regola: i cellulari verranno ritirati all’ingresso e restituiti solo allo scocco dell’ultima campanella. Il divieto vale per tutti. Anche per i docenti. «Così aiutiamo i ragazzi all’osservanza di una norma scritta nei regolamenti di tutte le scuole, ma che nessuno rispetta», ha commentato Elena Ugolini, responsabile generale delle scuole Malpighi. Effettivamente, non c’è niente di nuovo nel divieto dei cellulari a scuola (tecnicamente è proibito accenderli durante le lezioni) e sono tanti gli istituti che ne vietano l’utilizzo, soprattutto alle scuole medie.
Non solo Malpighi
Basta anche solo guardarsi intorno in città. Al Majorana è prassi alle medie e alcuni professori delle scuole superiori lo hanno concordato con i loro studenti. Anche all’istituto dei Salesiani, a Castel de’ Britti, la regola si applica da anni. Tanto che nel laboratorio di falegnameria gli alunni hanno costruito l’armadietto porta smartphone. Due giorni fa il consiglio di istituto del Pier Crescenzi-Pacinotti-Sirani ha deliberato la consegna dei cellulari all’arrivo nelle aule per le classi alla prima alla terza liceo. Con la concessione dell’intervallo. «Il telefonino sotto il banco o tra i quaderni è continua fonte di distrazione. Noi confidiamo nel senso di responsabilità dei più grandi, ma i 14-15enni, che hanno sviluppato una dipendenza importante negli anni della pandemia, non ce la fanno da soli a staccarsi, vanno aiutati», ha commentato la preside Alessandra Francucci.
Le reazioni degli studenti
Gli studenti del Malpighi, comunque, non l’hanno presa benissimo. Soprattutto i ragazzi di quarta e quinta liceo, che avrebbero preferito essere coinvolti nella decisione e avere la possibilità di usare i telefoni almeno nelle pause: «Una via di mezzo si poteva trovare. Così socializziamo? Ma a volte puoi anche non avere voglia di parlare con nessuno», spiegano alcuni studenti all’edizione bolognese di Repubblica. La sfida, per il preside Marco Ferrari, è proprio quella di riscoprire l’intervallo, durante il quale i ragazzi avranno l’opportunità «di ritrovare le relazioni guardandosi in volto», ha detto, specificando che si tratta di un tentativo, di cui poi si cercherà riscontro ogni mese parlando con gli studenti.
C’è anche chi la prende con più filosofia: «Noi siamo nati con il telefono. Però i momenti più belli in estate li viviamo senza. E allora dai, ci proviamo. Riscopriremo il bello dello stare insieme a scuola. Ci godremo le emozioni», dicono alcuni. «Io lo uso molto e quindi questa per me è un’opportunità per staccarmi», ammette una ragazza. «Fine nobile – aggiunge un’altra -. Ma è passata più come una punizione che un’opportunità». Altri aggiungono: «Ci sta disintossicarsi dal telefonino, ma se arrivi a ritirarlo dai il segnale che non hai fiducia in noi». Una docente ribadisce la bontà della decisione e la motivazione: «Li vediamo arrivare stanchi perché magari hanno guardato video o chattato sino a tarda notte. La dipendenza da telefonino è cresciuta in modo esponenziale dopo la pandemia».
Controcorrente
Il sindaco di Bologna Lepore ha detto di approvare l’iniziativa e il provveditore sul tema si rifà all’autonomia di ogni scuola. Ma c’è anche qualche preside controcorrente. Almeno nel metodo: «Noi per ora cerchiamo di sensibilizzare a lasciarlo nello zaino», ha spiegato a Repubblica il preside dell’istituto Fermi, Fulvio Buonomo. Al liceo Da Vinci, spiega Chiara Stancari, referente sul cyberbullismo, «abbiamo fatto un regolamento di gestione del device: dobbiamo convivere con le tecnologie, non vietarle».
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