I governi europei hanno speso (finora) 500 miliardi per contenere i prezzi dell’energia – Lo studio
Nazionalizzazioni, sussidi a famiglie e imprese, tetti nazionali al prezzo del gas. Per fronteggiare la crisi energetica, ogni Paese europeo – sia dentro che fuori dall’Ue – ha dovuto mettere in atto politiche di controllo dei prezzi o di aiuto a famiglie e imprese in difficoltà. Misure straordinarie ma al tempo stesso necessarie, che rischiano di pesare sui bilanci dei governi. Secondo un calcolo del think tank Bruegel, dal settembre 2021 al settembre 2022, la spesa totale dei governi europei per contenere i prezzi dell’energia è stata di 500 miliardi di euro.
Chi ha speso di più?
Il report pubblicato da Bruegel tiene conto di tutte le misure adottate a livello nazionale. Escludendo, dunque, le politiche adottate dalla Commissione Europea. Il Paese che ha speso di più in assoluto è il Regno Unito, con un totale di 178 miliardi di euro. Il blocco dei Paesi Ue, invece, pesa in tutto 314 miliardi di euro. Tra i 27 Stati membri, il primo posto è occupato dalla Germania (con 100 miliardi), seguita dall’Italia con 59 miliardi. «Questa situazione è chiaramente insostenibile dal punto di vista della finanza pubblica», ha spiegato a Euractiv Simone Tagliapietra, uno dei firmatari dello studio. «I governi con più spazio fiscale riusciranno a gestire meglio la crisi energetica staccando i Paesi vicini con risorse più limitate».
Tra chi ha speso meno in assoluto ci sono soprattutto i Paesi nordici, tutti con spese di pochi miliardi ciascuno. La Norvegia, per esempio, è il Paese che meno ha sofferto la crisi energetica. Anzi, complice lo stop a Nord stream 1, è diventata il primo fornitore di gas europeo, con enormi guadagni. Nei primi otto mesi del 2022, la Norvegia ha esportato gas per 77 miliardi di euro, un dato in crescita del 315% rispetto all’anno precedente. Una soluzione più efficace per affrontare la crisi energetica potrebbe arrivare a livello comunitario, attraverso meccanismi di solidarietà verso i Paesi più colpiti. Qualche risorsa aggiuntiva dovrebbe arrivare poi dalla tassa sugli extraprofitti annunciata dalla Commissione europea per le aziende che producono energia elettrica da rinnovabili e nucleari. Una misura che, da sola, dovrebbe generare 140 miliardi di euro da dividere tra gli Stati membri.
Il caso italiano
A differenza di altri Paesi, come Francia e Germania, il governo italiano non ha portato avanti nessuna nazionalizzazione delle aziende energetiche in difficoltà. A pesare sui conti italiani sono soprattutto le misure a sostegno di famiglie e imprese, i due decreti aiuti – con un terzo in arrivo proprio nelle prossime settimane – il taglio delle accise sulla benzina e gli sconti in bolletta. Misure che, sommate tra loro, ammontano a una spesa complessiva di 59 miliardi di euro in dodici mesi.
Leggi anche:
- La Germania nazionalizza il colosso energetico Uniper, principale importatore di gas russo
- E il prezzo del gas vola dopo il discorso di Putin: oltre 200 euro al Mwh. Crolla l’euro
- Cingolani: «Se l’Ue non farà il price cap al gas, in arrivo uno nazionale». Cosa sappiamo della proposta della Commissione
- Stretta di Mosca sul gas all’Europa, la stima del Cremlino: «Ecco di quanto ridurremo i flussi fino a dicembre»
- Extraprofitti, la Procura di Roma apre un’inchiesta sui mancati pagamenti