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Russia, lanci di molotov contro gli uffici di reclutamento. Il Cremlino arruola i manifestanti arrestati: «Non è illegale»

22 Settembre 2022 - 13:08 Enrico Spaccini
Nella notte si sono registrati attacchi in almeno tre città. Non si parla di eventuali vittime

Tra chi scappa e chi è sceso in piazza, c’è anche chi ha deciso di adottare un approccio più violento. Nella notte successiva all’annuncio del presidente Vladimir Putin della mobilitazione parziale dei riservisti da mandare al fronte ucraino, diversi uffici di reclutamento e altri amministrativi hanno subito attacchi. Uno di questi si trova a Nizhny Novgorod, una cittadina distante più di 400 chilometri a est da Mosca. A riportare la notizia è il quotidiano locale, Nn.ru, che spiega come dopo l’incendio gli esperti hanno trovato una finestra rotta dell’ufficio di reclutamento della città e poco lontano dei frammenti di una bottiglia di vetro. Stessa cosa è successa quasi contemporaneamente a un migliaio di chilometri più a ovest. Gli uffici di San Pietroburgo sono andati a fuoco anche se non è certo che a scatenare le fiamme siano state anche in questo caso bombe molotov. Si hanno conferme, poi, di un terzo incendio scoppiato nell’edificio di amministrazione locale di Tolyatti. Il quotidiano locale, Nesluhi.info, parla dell’ingresso del palazzo invaso dalle fiamme e dà la colpa alle molotov. La facciata della stessa struttura era già stata imbrattata con vernice rossa. In nessuno di questi casi si parla di eventuali vittime o arresti. Come riporta il Moscow Times, sarebbero decine le città russe diventate teatri di proteste, anche violente, contro gli ordini di Putin. C’è chi afferma come siano almeno 1.400 i manifestanti arrestati. A questi, se uomini, viene notificato l’ordine di leva direttamente all’interno della stazione di polizia. Una pratica denunciata da vari media internazionali, come Bbc, ma che il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, sostiene essere legale. L’obiettivo fissato dal ministro della Difesa Sergei Shoigu rimane quello di reclutare 300mila soldati, ovvero l’1% dei 25 milioni di riservisti russi. Tuttavia, secondo alcuni avvocati per i diritti umani il decreto pubblicato sarebbe così vago che non esclude la possibilità che gli uomini mandati al fronte alla fine saranno più di quelli dichiarati.

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