Sla: un farmaco porta al rallentamento e all’inversione della progressione della malattia. Nello studio anche l’ospedale Molinette di Torino
L’ospedale Molinette di Torino è tra i protagonisti di uno studio rivoluzionario: la scoperta di una prima cura per la Sclerosi laterale amiotrofica nei pazienti con una specifica mutazione genetica. Un progresso che potrebbe riaccendere la speranza per «migliaia di persone, 6 mila solo in Italia», spiega in un’intervista a La Stampa Adriano Chiò, direttore del Centro regionale Esperto per la SLA dell’ospedale Molinette della Città della Salute. I risultati dello studio internazionale sul nuovo farmaco per «il rallentamento, e in alcuni casi persino un lieve miglioramento nella progressione clinica della Sla», sono stati pubblicati ieri sul New England Journal of Medicine. Si tratta della più prestigiosa rivista in ambito medico.
Una scoperta straordinaria
Lo studio, realizzato in collaborazione con istituti tedeschi, francesi, inglesi e statunitensi, spiega che il trattamento è efficace nelle persone portatrici della mutazione nel gene Sod1. Il farmaco si chiama Tofersen, non è ancora entrato in commercio ma è stato messo a disposizione dall’azienda e da circa due anni e mezzo lo stanno testando. Non sembra avere effetti collaterali rilevanti ed è stato creato appositamente per i pazienti con le suddette mutazioni genetiche. Dev’essere iniettato: una puntura lombare al mese. «Per questa malattia non si era mai visto nulla del genere», spiega ancora Chiò. Lo studio, conclusosi a luglio 2021, si è concentrato su quello specifico tipo di gene perché «il principio attivo, l’oligonucleotide, serve per intervenire sulle forme genetiche delle malattie: sono partiti dal gene meglio noto».
Ma a breve verranno aperti, preannuncia Chiò, ulteriori studi internazionali su un altro gene: «si chiama FUS. Il farmaco sarà diverso, anche se con lo stesso meccanismo di azione». Dunque, «in un futuro non troppo lontano» arriveranno altri prodotti, «sempre in sperimentazione». In ogni caso, inizia una nuova pagina per la ricerca, aggiunge Chiò intervistato da Repubblica: si tratta di «un passo avanti anche psicologico per il prossimo futuro perché si è visto che un risultato è possibile, ci sono farmaci che possono rallentare la malattia».
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