Covid-19, arriva l’esame del sangue per capire quando vaccinarci
Non tutte le risposte immunitarie contro il virus Sars-CoV-2 sono uguali. In alcune persone può durare anche 10 mesi, mentre altre potrebbero avere bisogno di una nuova dose di vaccino anti-Covid dopo poche settimane dalla precedente. Per stabilire quando è il momento giusto di una nuova somministrazione, è stato messo a punto un esame del sangue in grado di determinare la presenza dei linfociti T della memoria e verificare se il sistema immunitario è ancora «armato» contro il virus. Il test è frutto del lavoro congiunto tra i ricercatori italiani dell‘Irccs di Candiolo (Torino) e l’Italian Institute for Genomic Medicine (Iigm) nel laboratorio Armenise-Harvard di Immunoregolazione.
La ricerca
Una ricerca che potrebbe avere implicazioni significative per la futura gestione della pandemia. «Avere gli anticorpi non significa per forza essere protetti dall’infezione, perché nel tempo questi calano e non sono sufficienti a proteggere dal contagio», spiega Luigia Pace che è responsabile di questa ricerca presso l’Irccs di Candiolo Laboratorio di Immunologia Oncologica e responsabile del Laboratorio di Immunoregolazione, oltre che tra gli autori dello studio: «Le cellule T sono allenate a riconoscere molte porzioni della proteina spike del virus, e risentono molto meno delle variazioni introdotte dalle mutazioni delle nuove varianti mai incontrate in precedenza». Lo studio è stato condotto su oltre 400 soggetti che avevano ricevuto il vaccino di Pfizer a mRna.
«Abbiamo analizzato la reazione immunitaria contro il virus, cioè le risposte delle cellule B che producono gli anticorpi, e la risposta dei linfociti T di memoria contro la proteina spike di Sars-CoV-2 o derivata dalle varianti Beta, Delta e Omicron, fino a 10 mesi dopo la vaccinazione», continua Pace. In questo modo si è potuto rilevare che «in chi è stato precedentemente infettato da Sars-CoV-2, la vaccinazione con mRNA promuove l’aumento dei livelli di anticorpi e il potenziamento di cellule T CD4+ e CM CD8+ specifiche contro il virus». Quindi, in poche parole, è stato dimostrato come le cellule T di memoria siano determinanti nella riduzione del rischio di infezione e misurarne la presenza nel sangue è fondamentale per capire se una persona è protetta, o meno, dal contagio.
Leggi anche:
- Nuovi vaccini anti Covid, l’ultima circolare del ministero: «Nessuna differenza tra i bivalenti». Quando fare il richiamo
- Covid, le donne rispondono meglio al vaccino ma l’efficacia cala più in fretta rispetto agli uomini – Lo studio Iss
- Covid, via libera di Aifa ai vaccini per le nuove varianti Omicron Ba.4 e Ba.5: «Tutti i booster ugualmente efficaci»
- Da Ema arriva l’ok anche al vaccino Pfizer contro la variante Omicron 4 e 5: «Raccomandato sopra i 12 anni»
- Al via i vaccini anti Covid bivalenti, regioni in ordine sparso: dove è partita la campagna e come ci si prenota