I giovani al voto ribaltano il podio e premiano M5s e Pd: «A portarli alle urne ambiente e lavoro» – L’intervista
Il giorno dopo la chiusura della tornata elettorale è un giorno di inevitabili bilanci, e per tirare le somme servono dati. Nonostante l’indiscussa vittoria del centro-destra, e in particolare del partito trainato da Giorgia Meloni, un’informazione salta all’occhio guardando gli exit poll: le preferenze espresse dai giovani ribaltano il podio. Il primo partito su cui si sono orientati gli elettori dai 18 ai 34 anni sembra infatti essere il Movimento 5 Stelle, a seguire Pd e al terzo posto FdI. Vengono poi Azione e Italia Viva, Lega e alleanza Verdi-Sinistra. Livio Gigliuto, a capo del progetto di ricerca Opinio Italia, offre a Open una chiave di lettura su questi dati: «Quella dei giovani è l’unica fascia d’età il cui Fratelli d’Italia non risulta il partito più votato, mentre è quella che più ha premiato il Pd, soprattutto nei nuclei urbani del Centro e del Nord Italia», spiega.
Il Movimento, al contrario, non solo risulta il preferito degli under-34, ma sarebbe anche riuscito a trascinare alle urne una fetta di giovani elettori, altrimenti astenuti. E non sarebbe la prima volta: «Nel 2018 il M5s è stata la ragione per cui l’astensionismo dei giovani si è limitato. Quest’anno è successa la stessa cosa. Però c’è differenza rispetto al 2018: allora era successo un po’ dappertutto, quest’anno soprattutto al sud e nelle isole. Potremmo dire che questo ha trasformato il partito in una sorta di “Lega Sud”». Non dimentichiamoci che «Quest’anno c’è stato anche il tema dei fuorisede: votare a settembre significa votare sotto esame», e questo potrebbe aver scoraggiato diversi studenti a «sacrificare» giorni di studio a favore del voto.
September 26, 2022
La comunicazione dei partiti, tra successi e «cringiate»
Il successo del partito pentastellato si spiega con il fatto che «Il M5s ha incrociato alcune istanze che sono tipiche al sud piuttosto che nel resto del Paese: il reddito di cittadinanza è sicuramente un provvedimento che ha aiutato i giovani che stavano in difficoltà». Ma non c’è solo questo: «Conte ha usato bene i social, la sua comunicazione sembrava funzionare molto bene. Questo deve incoraggiare la politica a non disinvestire nella comunicazione digitale». Dunque l’affrettata corsa ai social dei politici, da alcuni nativi digitali definita «cringe», non è stata una totale débacle? «C’è un modo di essere cringe che ti rende virale, e un modo di essere cringe che ti rende noioso. L’importante è non essere poco interessanti. Questo vale per qualsiasi canale», spiega Gigliuto. E aggiunge: «I partiti e la politica vanno sempre incoraggiati ad aprire nuovi mezzi di comunicazione. Poi le performance dipendono dalle abilità dei singoli: anche Berlusconi, per esempio, ha avuto successo con TikTok. L’importante è usare le piattaforme in maniera coerente con il proprio personaggio». Quel che è certo è che comunicare con le nuove generazioni è fondamentale in questo momento. «Negli ultimi anni, non è vero che i giovani si sono disaffezionati alla politica. Lo scollamento nasce nella difficoltà dei partiti a trovare un linguaggio per parlare con loro, discorso che vale anche per le periferie. Ma i giovani sui temi politici hanno opinioni chiare, nette, e sono pronti ad animarsi per quei temi».
Ambiente e lavoro, al centro dell’interesse dei più giovani
Per esempio? «Ci sono due temi che i partiti non sono ancora riusciti a intercettare: il primo è quello dell’ambiente e della sostenibilità. Nessuno sembra aver affrontato questo argomento in un modo veramente credibile, andando oltre lo slogan. Un altro tema – prosegue Gigliuto – è quello del lavoro: i partiti ne parlano sempre, ma come se fossero rivolti ai genitori dei ragazzi piuttosto che ai ragazzi, parlando de “i nostri figli”. Sembra che nessuno stia riuscendo a creare questo collegamento diretto, guardandogli negli occhi, con una spinta positiva. I giovani hanno ancora una vena di ottimismo, ma a volte la politica la spegne». Di certo sono istanze differenti da quelle della fascia più «adulta»: «Gli over 55 stanno vivendo una fase in cui sono capi famiglia, uomini e donne per cui la priorità è più economica. Incide la paura rispetto all’aumento dei prezzi, le bollette, il costo dell’energia… soprattutto dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, che ha inevitabilmente cambiato le priorità». L’astensionismo delle generazioni più giovani dunque, aumentato in modo graduale ma inesorabile, non avrebbe «necessariamente» ribaltato i risultati finali.
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