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I sospetti sull’esperimento sociale di Linkedin su 20 milioni di utenti nel mondo, lo studio: «Può aver falsato l’accesso agli annunci di lavoro»

26 Settembre 2022 - 19:12 Redazione
I risultati del test sono stati pubblicati in uno studio scientifico pubblicato su Science. Secondo Il New York times, l'esperimento potrebbe aver creato importanti disuguaglianze tra gli utenti in cerca di un lavoro

Per cinque anni Linkedin avrebbe portato avanti un vero e proprio esperimento sociale che ha coinvolto 20 milioni di utenti in tutto il mondo tra il 2015 e il 2019. Test che però potrebbero aver in qualche modo avuto un impatto sull’accesso agli annunci di lavoro e quindi alle opportunità offerte agli utenti nel cercare un’occupazione. Il dubbio è sollevato dal New York Times che cita lo studio pubblicato su Science svolto dalla piattaforma e importanti atenei americani. Il quotidiano accusa la piattaforma di aver modificato casualmente la proporzione di contatti «deboli», cioè conoscenti, colleghi o ex colleghi di lavoro e persone che si incontrano occasionalmente, ma anche semplici followers, e «forti», cioè gli amici più cari, i familiari e le relazioni caratterizzate da incontri molto frequenti e regolari. La correzione avrebbe quindi spinto l’algoritmo automatizzato, denominato People You May Know, a consigliare alle aziende che vogliono assumere nuove connessioni e, dunque, nuovi utenti che stanno cercando lavoro in un modo sostanzialmente falsato. Il sospetto è che si sarebbe creata una sorta di disuguaglianza tra gli iscritti a LinkedIn nell’accesso alle varie opportunità di lavoro.

Lo studio pubblicato sulla rivista «Science»

I ricercatori di LinkedIn, Mit, Stanford e Harvard Business School dopo aver analizzato i dati della sperimentazione – fatta su più di 200 milioni di utenti – li hanno raccolti in uno studio pubblicato sulla rivista Science. E i risultati di questo studio hanno messo alla prova la teoria chiamata «la forza dei legami deboli» che sostiene che le persone hanno maggiori probabilità di ottenere un impiego attraverso conoscenze a distanza, piuttosto che attraverso amici intimi. I ricercatori hanno scoperto, infatti, che i legami sociali relativamente deboli su LinkedIn si sono dimostrati due volte più efficaci nel garantire un impiego rispetto ai legami sociali più forti. Non è però una novità che giganti della tecnologia, come appunto LinkedIn – che oggi conta 830 milioni di membri e oltre 58 milioni di aziende registrate – eseguano regolarmente esperimenti su larga scala per provare nuove funzionalità, progetti web e algoritmi sugli utenti, al fine di migliorare l’esperienza dei consumatori e aiutando le aziende a fare soldi. Il problema è che molto spesso, gli utenti non hanno idea di essere le «cavie» di questi test. Diversi esperti che studiano l’impatto sociale dell’informatica hanno affermato – al New York Times – che la «Conduzione di esperimenti lunghi e su larga scala», potrebbe influenzare «la ricerca di un lavoro, sollevando – anche – interrogativi sulla trasparenza dell’azienda».

La risposta di LinkedIn

In una dichiarazione, l’azienda di proprietà di Microsoft ha affermato che durante questo studio sociale ha agito in «modo coerente» in accordo con gli utenti, facendo sottoscrivere un’informativa sulla privacy. Non solo, LinkedIn ha anche ribadito di aver utilizzato l’ultima tecnologia «non invasiva delle scienze sociali», assicurando che la sperimentazione non ha avvantaggiato – in modo sproporzionato – alcuni utenti rispetti ad altri nella ricerca di un lavoro.

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Renzi alla Cnn: «Meloni cambierà idea su Ue e Pnrr. Von der Leyen? Sua scelta stupida»

26 Settembre 2022 - 18:50 Redazione
Da Tokyo, il segretario di Italia Viva commenta i risultati delle elezioni: «Nessun rischio fascismo, la democrazia non è in pericolo»

«Io ero contro Giorgia Meloni, siamo cresciuti insieme in politica ma siamo e saremo sempre rivali. Allo stesso tempo, penso che non sia un pericolo per la democrazia italiana». Questo il primo intervento di Matteo Renzi sull’esito delle elezioni. Il segretario di Italia Viva è intervenuto in collegamento video con la Cnn da Tokyo, in Giappone, dove parteciperà ai funerali dell’ex premier Shinzo Abe. «Meloni è una mia rivale, continueremo a combatterci l’un l’altro, ma l’idea che ora in Italia ci sia un rischio di fascismo è assolutamente una fake news – ha aggiunto l’ex premier – Ha vinto le elezioni, in particolare perché il populismo molte volte ha vinto in Italia. Ha una coalizione di maggioranza e penso che il prossimo mese diventerà il nuovo presidente del Consiglio, ma non penso che ci sia un rischio per l’alleanza occidentale, per la democrazia, per nulla». Un governo a guida Meloni, secondo Renzi, non sposterà più di tanto neanche il posizionamento dell’Italia nei confronti dell’Europa. «Io l’ho attaccata in campagna elettorale sulla sua posizione sull’Europa – ha spiegato l’ex premier -. Diceva che bisogna cambiare tutto, ma quella è una posizione buona solo per i social media. Quando sarà premier e capirà che ci sono 209 miliardi europei che arrivano dal Pnrr, cambierà idea». Insomma, secondo il segretario di Italia Viva, non ci sarà nessuno stravolgimento internazionale. Un rischio che in tanti a Bruxelles temevano. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva dichiarato che, nel caso il voto italiano fosse «andato male», avrebbe avuto «gli strumenti per intervenire». Secondo Renzi, «è stata una decisione stupida entrare, due giorni prima delle elezioni, in un dibattito che appartiene al popolo italiano. Non è stato un crimine, ma un errore».

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ESTERICoronavirusPfizerQuarta doseSanitàUSAVaccini

Il Ceo di Pfizer di nuovo positivo si difende: «Non avevo fatto il nuovo booster bivalente»

26 Settembre 2022 - 18:37 Redazione
Su Twitter Albert Bourla ha spiegato di aver seguito le linee guida dell'agenzia federale Cdc: «In caso di contagio aspettare tre mesi dalla positività per la vaccinazione»

L’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, è positivo a Covid-19 per la seconda volta. Il dirigente dell’azienda che produce uno dei vaccini a mRna contro il virus, ha fatto sapere del contagio spiegando di non avvertire nessun sintomo. «Non avevo fatto il nuovo booster bivalente», racconta, «ho seguito le linee guida dei Cdc ( Centers for Disease Control and Prevention ndr.) di aspettare 3 mesi da quando si è avuto il Covid». Bourla aveva contratto il virus a metà dello scorso agosto, annunciando la sua positività su Twitter e spiegando di aver cominciato un trattamento a base di Paxlovid, la pillola anti-Covid prodotta dalla sua stessa azienda. Ora il nuovo contagio. «Abbiamo fatto grandi progressi», ha continuato nell’annuncio del secondo contagio, «ma il virus è ancora con noi». A inizio settembre l’azienda Pfizer aveva ricevuto l’ok dell’Ema ai vaccini bivalenti anti-Covid prodotti insieme a Moderna contro la sottovariante Omicron Ba.1. Poche settimane dopo la stessa agenzia europea del farmaco ha poi raccomandato anche l’utilizzo del nuovo vaccino bivalente, sempre di produzione Pfizer, adattato alle sottovarianti Omicron Ba.4 e Ba.5. Il doppio via libera nel giro di pochi giorni aveva destato alcuni dubbi sulla gestione delle autorizzazioni e sul rischio di creare confusione sul migliore vaccino da scegliere per proteggersi dalle mutazioni di Omicron. A questo proposito è stato il ministero della salute tre giorni fa a intervenire per fare chiarezza: «Non ci sono evidenze per poter esprimere un giudizio di uso preferenziale di uno dei diversi vaccini bivalenti disponibili», ha speigato la circolare firmata dal professor Gianni Rezza . «Tutti i vaccini bivalenti , uno contro Wuhan e Omicron 1 e l’altro contro Wuhan e Omicron 4-5 dunque, possono essere utilizzati senza distinzione e ampliare da un lato la «protezione contro diverse varianti e dall’altro mantenere una protezione ottimale contro la malattia».

 

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ESTERIInchiesteSparatorieTentato omicidioTexasUSA

Texas, il gioco folle di una 12enne con un’amica: scommette di sparare al padre e a se stessa

26 Settembre 2022 - 18:33 Gianluca Brambilla
L'uomo e la ragazza sono rimasti solo feriti e sono ricoverati con gravi ferite. Secondo gli inquirenti, le due ragazzine avevano pianificato di uccidere le proprie famiglie

In Texas, una ragazzina di 12 anni ha sparato a suo padre e ha poi rivolto la pistola contro se stessa. Secondo quanto riporta Nbc News, l’episodio si sarebbe verificato a Weatherford, a est di Dallas. Entrambi, ha fatto sapere lo sceriffo Russ Authier, sono ora ricoverati in ospedale per ferite da arma da fuoco. Secondo le prime ricostruzioni fornite dalle autorità, la ragazzina avrebbe stretto un patto con una coetanea di Lufkin, a 300 chilometri di distanza, per uccidere entrambe le loro famiglie – animali domestici compresi – e scappare insieme in Georgia. Ancora non è chiaro come le due fossero entrate in contatto. La polizia, però, ha fatto sapere che anche la seconda ragazza aveva intenzione di uccidere suo padre, salvo poi cambiare idea all’ultimo. La ragazzina di Lufkin è ora accusata di cospirazione criminale nella pianificazione del complotto per l’omicidio.

La scena del crimine

Secondo quanto riferito dallo sceriffo della contea di Parker, in Texas, l’incidente si sarebbe verificato a metà della scorsa settimana. Dopo alcune segnalazioni dei vicini, gli agenti hanno trovato la 12enne stesa a terra per strada con una ferita da arma da fuoco alla testa. Il padre (38 anni), invece, si trovava ancora dentro casa con una ferita all’addome. Entrambe le vittime sono state trasportate in elicottero al pronto soccorso. Secondo gli investigatori, la giovane avrebbe sparato a suo padre, abbandonato la casa e poi rivolto l’arma contro se stessa. Al momento, entrambi sono ancora ricoverati in ospedale e lo sceriffo Russ Authier ha spiegato che «a causa delle ferite riportate, della presenza di un minore e della delicatezza del caso, le informazioni sulle indagini saranno limitate».

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ESTERIDiritti umaniIranMahsa AminiMedio OrienteOmicidiScontri

Iran, il capo della magistratura ai manifestanti: «Taglieremo le mani ai nostri nemici»

26 Settembre 2022 - 18:24 Redazione
«I rivoltosi sappiano che useremo ogni mezzo», ha avvertito il capo della polizia di Stato Hossei Ashtari, «pronti i capi d'accusa per i criminali arrestati»

«I rivoltosi dovrebbero sapere che la sicurezza del nostro Paese è la nostra linea rossa e la polizia la salvaguarderà con tutti i suoi mezzi». Così il capo della polizia di Stato iraniana, Hossei Ashtari, avverte sulla linea dura che le forze dell’ordine iraniane intendono mantenere nei confronti dei manifestanti del Paese. Le proteste che divampano da giorni in tutta l’Iran rivendicano il diritto alla libertà delle donne dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, morta mentre era sotto custodia della polizia morale per non aver indossato correttamente l’hijab. Nelle ultime ore poi la notizia di un’altra uccisione: la 20enne Hadis Najafi, diventata simbolo delle proteste contro le autorità iraniane è stata colpita da sei proiettili nella città di Karaj. «Sono stati formulati i capi di accusa per i criminali arrestati, che protestavano per le strade o incoraggiavano i disordini», fa ora sapere Ashtari, ribadendo la linea repressiva utilizzata finora dal governo iraniano. Ad aggiungere ulteriori elementi anche il capo della magistratura iraniana, l’ultraconservatore Gholamhossein Mohseni Ejei: «La magistratura affronterà con decisione e con forza i mercenari dei nemici, in modo che le mani dei nemici verranno tagliate dal nostro Paese». L’attacco si è diretto contro i personaggi dello spettacolo e della cultura che negli ultimi giorni hanno mostrato supporto ai manifestanti dell’Iran: «Saranno puniti per aver dato il loro sostegno ai nemici e aver provocato i disordini». E ancora: «Dovrebbero risarcire per le perdite materiali e spirituali causate dai disordini».

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ESTERIArrestiFSBGiapponeInchiesteRussiaSanzioni internazionaliServizi segretiSpionaggioVideo

Il console giapponese fermato dai servizi segreti russi per spionaggio: «Scoperto a rubare dossier anche sulle sanzioni occidentali» – Il video

26 Settembre 2022 - 18:09 Redazione
Il diplomatico è stato dichiarato «persona non grata» e rischia l'espulsione dalla Russia

Il console giapponese a Vladivostok è stato fermato dagli agenti dei servizi segreti russi dell’Fsb mentre cercava di rubare documenti considerati riservati del governo russo. Il diplomatico Motoki Tatsunori è accusato di spionaggio, riporta l’agenzia Tass, ed è stato dichiarato «persona non grata». Il caso ha subito ripercussioni ad alti livelli, con il Cremlino che ha inviato una protesta formale a Tokyo. Secondo i media russi, Tatsunori sarebbe stato sorpreso proprio nel momento in cui stava raccogliendo «informazioni a diffusione limitata». Secondo gli inquirenti, il diplomatico sarebbe stato pagato da qualcuno per mettere a segno il furto. I documenti riservati che il diplomatico giapponese stava cercando di rubare sarebbero stati relativi ad «aspetti della cooperazione della Russia con un Paese dell’Asia del Pacifico – spiega Tass – e sull’impatto della politica delle sanzioni occidentali». Essendo coperto dall’immunità diplomatica, Tatsunori è stato rilasciato, ma rischia ora l’espulsione dalla Russia.

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POLITICAElezioni politiche 2022GiovaniIntervisteLavoro e impresaM5SPolitiche ambientali

I giovani al voto ribaltano il podio e premiano M5s e Pd: «A portarli alle urne ambiente e lavoro» – L’intervista

26 Settembre 2022 - 18:02 Ludovica Di Ridolfi
Livio Gigliuto del Consorzio Opinio (che ha curato i sondaggi Rai): «Dem premiati dagli under 34 nelle città di Centro e Nord, i grillini in tutto il Sud»

Il giorno dopo la chiusura della tornata elettorale è un giorno di inevitabili bilanci, e per tirare le somme servono dati. Nonostante l’indiscussa vittoria del centro-destra, e in particolare del partito trainato da Giorgia Meloni, un’informazione salta all’occhio guardando gli exit poll: le preferenze espresse dai giovani ribaltano il podio. Il primo partito su cui si sono orientati gli elettori dai 18 ai 34 anni sembra infatti essere il Movimento 5 Stelle, a seguire Pd e al terzo posto FdI. Vengono poi Azione e Italia Viva, Lega e alleanza Verdi-Sinistra. Livio Gigliuto, a capo del progetto di ricerca Opinio Italia, offre a Open una chiave di lettura su questi dati: «Quella dei giovani è l’unica fascia d’età il cui Fratelli d’Italia non risulta il partito più votato, mentre è quella che più ha premiato il Pd, soprattutto nei nuclei urbani del Centro e del Nord Italia», spiega.

Il Movimento, al contrario, non solo risulta il preferito degli under-34, ma sarebbe anche riuscito a trascinare alle urne una fetta di giovani elettori, altrimenti astenuti. E non sarebbe la prima volta: «Nel 2018 il M5s è stata la ragione per cui l’astensionismo dei giovani si è limitato. Quest’anno è successa la stessa cosa. Però c’è differenza rispetto al 2018: allora era successo un po’ dappertutto, quest’anno soprattutto al sud e nelle isole. Potremmo dire che questo ha trasformato il partito in una sorta di “Lega Sud”». Non dimentichiamoci che «Quest’anno c’è stato anche il tema dei fuorisede: votare a settembre significa votare sotto esame», e questo potrebbe aver scoraggiato diversi studenti a «sacrificare» giorni di studio a favore del voto.

La comunicazione dei partiti, tra successi e «cringiate»

Il successo del partito pentastellato si spiega con il fatto che «Il M5s ha incrociato alcune istanze che sono tipiche al sud piuttosto che nel resto del Paese: il reddito di cittadinanza è sicuramente un provvedimento che ha aiutato i giovani che stavano in difficoltà». Ma non c’è solo questo: «Conte ha usato bene i social, la sua comunicazione sembrava funzionare molto bene. Questo deve incoraggiare la politica a non disinvestire nella comunicazione digitale». Dunque l’affrettata corsa ai social dei politici, da alcuni nativi digitali definita «cringe», non è stata una totale débacle? «C’è un modo di essere cringe che ti rende virale, e un modo di essere cringe che ti rende noioso. L’importante è non essere poco interessanti. Questo vale per qualsiasi canale», spiega Gigliuto. E aggiunge: «I partiti e la politica vanno sempre incoraggiati ad aprire nuovi mezzi di comunicazione. Poi le performance dipendono dalle abilità dei singoli: anche Berlusconi, per esempio, ha avuto successo con TikTok. L’importante è usare le piattaforme in maniera coerente con il proprio personaggio». Quel che è certo è che comunicare con le nuove generazioni è fondamentale in questo momento. «Negli ultimi anni, non è vero che i giovani si sono disaffezionati alla politica. Lo scollamento nasce nella difficoltà dei partiti a trovare un linguaggio per parlare con loro, discorso che vale anche per le periferie. Ma i giovani sui temi politici hanno opinioni chiare, nette, e sono pronti ad animarsi per quei temi».

Ambiente e lavoro, al centro dell’interesse dei più giovani

Per esempio? «Ci sono due temi che i partiti non sono ancora riusciti a intercettare: il primo è quello dell’ambiente e della sostenibilità. Nessuno sembra aver affrontato questo argomento in un modo veramente credibile, andando oltre lo slogan. Un altro tema – prosegue Gigliuto – è quello del lavoro: i partiti ne parlano sempre, ma come se fossero rivolti ai genitori dei ragazzi piuttosto che ai ragazzi, parlando de “i nostri figli”. Sembra che nessuno stia riuscendo a creare questo collegamento diretto, guardandogli negli occhi, con una spinta positiva. I giovani hanno ancora una vena di ottimismo, ma a volte la politica la spegne». Di certo sono istanze differenti da quelle della fascia più «adulta»: «Gli over 55 stanno vivendo una fase in cui sono capi famiglia, uomini e donne per cui la priorità è più economica. Incide la paura rispetto all’aumento dei prezzi, le bollette, il costo dell’energia… soprattutto dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, che ha inevitabilmente cambiato le priorità». L’astensionismo delle generazioni più giovani dunque, aumentato in modo graduale ma inesorabile, non avrebbe «necessariamente» ribaltato i risultati finali.

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ECONOMIA & LAVOROAreraBolletteCarovitaGas

Le bollette del gas diventano mensili, la decisione di Arera contro il caro-energia: si parte dal 1° ottobre

26 Settembre 2022 - 17:48 Redazione
La decisione dell'Autorità dell'energia ha spaccato le associazioni dei consumatori. Il Codacons è già pronto a fare ricorso al Tar per la minaccia di ulteriori rincari con la fatturazione a 30 giorni

Non saranno più trimestrali o bimestrali ma mensili le bollette del gas a partire dal 1° ottobre. Quella decisa dall’Arera è una sorta di rateizzazione di fatto, che i gestori potranno offrire ai clienti alle prese da mesi con il caro energia e i prezzi in aumento previsti anche per il prossimo autunno. La spinta è arrivata dall’Unione nazionale consumatori lo scorso luglio, quando è stata discussa una nuova organizzazione delle tariffe per il mercato tutelato, anche questo coinvolto inevitabilmente dall’impennata dei prezzi energetici aggravati con l’invasione russa in Ucraina dello scorso 24 febbraio. In questo modo, spiega Arera, le famiglie avranno modo di tenere più sotto controllo la spesa casalinga destinata ai consumi energetici, oltre a permettere agli utenti di affrontare il pagamento delle bollette con cifre più contenute. Si tratta di una platea di circa 7,3 milioni di clienti domestici, pari a più di un terzo dei 20,4 milioni totali. Atteso poi per il prossimo 29 settembre un nuovo aggiornamento delle tariffe, che dovrebbero prevedere la separazione dell’andamento dei prezzi tra il costo sul mercato del gas e quello dell’energia elettrica.

Lo scontro tra le associazioni dei consumatori

La decisione dell’Arera ha diviso però le associazioni dei consumatori. Fatta eccezione per il favore di Unc, che aveva avanzato la proposta della suddivisione mensile delle bollette del gas, altre come il Codacons già annuncia battaglia in tribunale. L’associazione contesta un ulteriore aggravio dei costi per i consumatori con la bolletta emessa ogni mese, appesantito dalla determinazione a 30 giorni delle tariffe e non più trimestrale. Codacons sostiene infatti che la novità comporterà un «aggravio dei costi a carico delle società fornitrici, costi che saranno scaricati sui consumatori finali». L’associazione ha già annunciato di impugnare la delibera dell’Arera al Tar Lazio.

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Alla conferenza stampa del trionfo di FdI, Meloni non c’è. Lollobrigida: «Ragioniamo su come modificare il Pnrr»

26 Settembre 2022 - 17:44 Redazione
Al posto della presidente di FdI, hanno risposto alle domande dei giornalisti i capigruppo di Camera e Senato e il capo dell'organizzazione del partito

Non anticipazioni sulla composizione del prossimo governo, né tempistiche o equilibri da rispettare per garantire stabilità alla coalizione di centrodestra. E soprattutto mancava lei, la leader Giorgia Meloni, che non si è presentata nella sala stampa allestita nell’hotel Parco dei Principi, a Roma. «La nostra presidente è già al lavoro su diversi dossier. Ha degli impegni, ieri ha parlato alla stampa – e lo farà di nuovo anche – nei prossimi giorni. Oggi aveva altre cose importanti da fare, anche perché c’è un governo da creare». Così Luca Ciriani, capogruppo al Senato, ha motivato l’assenza di Meloni. Con lui, sul palco in cui campeggiavano i tricolori, Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera, e Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione del partito. «Enrico Letta ha detto che sono giornate tristi per l’Italia, ma quando si va a votare è sempre una festa della democrazia e questo il Pd lo deve rispettare – ha affermato Ciriani -. Le elezioni hanno certificato che questa sinistra spocchiosa non è maggioranza nel Paese e non impara dai suoi errori».

Tra i temi affrontati, Lollobrigida si è soffermato sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e ha annunciato che Fratelli d’Italia ha intenzione di modificare l’impianto di finanziamenti arrivati dall’Unione europea in risposta alla crisi pandemica. «I soldi del Pnrr non ci vengono regalati, per FdI vanno spesi bene, secondo una strategia. Tutte le altre nazioni stanno ragionando di adeguare, dove possibile, il piano e la tempistica di attuazione. Stiamo ragionando con gli interlocutori idonei su come si possa modificare il Pnrr. L’obiettivo è spendere bene in una strategia di rilancio della nazione». Il capogruppo di FdI a Montecitorio si è anche riservato uno spazio per attaccare il Reddito di cittadinanza: «Uno Stato serio si occupa dei deboli, il reddito di cittadinanza nasceva tra le politiche attive del lavoro, doveva creare un sostegno e mettere in contatto domanda offerta e ha fallito. Va cancellato sotto questo aspetto, ma questo non vuol dire lasciare i deboli senza aiuto».

Lollobrigida poi ha ventilato gli intenti di modifica della Costituzione: «È bella, ma ha anche 70 anni». Sia lui che Donzelli hanno fatto riferimento al presidenzialismo. E se la Lega fa sapere di essere disposta a sostenerlo solo se ci sarà anche l’autonomia nessun problema: «Faremo insieme presidenzialismo e autonomia. Quello che dice la Lega sull’autonomia è perfettamente in linea con il programma del centrodestra. Presidenzialismo e autonomia devono andare insieme», ha dichiarato il responsabile dell’organizzazione di FdI.

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CULTURA & SPETTACOLOCaliforniaCinemaItaliaLos AngelesPremio OscarUSAVideo

Sarà “Nostalgia” di Mario Martone a rappresentare l’Italia agli Oscar – Il video

26 Settembre 2022 - 16:37 Redazione
Prossima tappa è fissata per il 24 gennaio, quando saranno annunciate le nomination. E infine il 12 marzo, con la cerimonia di consegne delle ambite statuette

Sarà Nostalgia di Mario Martone a rappresentare l’italia alla 95esima edizione degli Oscar. La scelta è stata fatta da una commissione dell’Anica, associazione composta da giornalisti, produttori, distributori e addetti ai lavori. Il film di Martone concorrerà dunque per la shortlist del premio di miglior film straniero, insieme ad altri quattordici candidati. L’annuncio delle nomination per gli academy awards è previsto per il 24 gennaio 2023, mentre la cerimonia di consegna delle statuette si terrà a Los Angeles il 12 marzo. Tratto dall’omonimo romanzo di Ermanno Rea (Einaudi), Nostalgia è una coproduzione italo-francese, in concorso al festival di Cannes 2022 e in sala nel maggio scorso. Scritto dallo stesso Martone con Ippolita di Majo, il film è ambientato nel rione Sanità a Napoli e racconta il ritorno in città di Felice Lasco (Pierfrancesco Favino), dopo aver vissuto molti anni in Egitto, per rivedere l’anziana madre che aveva lasciato all’improvviso quando era ancora un ragazzo. Nella sua città, Felice si perde tra le case e le chiese del rione Sanità, cedendo a quella nostalgia alla quale decide di non sottrarsi fino alle estreme conseguenze. «Sono felice e onorato. Per me, per noi che l’abbiamo realizzato e per tutto il piccolo universo così umano in cui è nato Nostalgia», ha commentato il regista. «A Cannes avevamo capito che dalla Sanità il film sapeva parlare al mondo – ha aggiunto Martone -. Ringrazio la commissione che ci dà la chance di continuare questo dialogo».

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ATTUALITÀCoronavirusItaliaProtezione civileSanità

Coronavirus, 32 morti e 10.008 casi. Risalgono i ricoveri, tasso di positività al 15,2%

26 Settembre 2022 - 16:28 Redazione
I test analizzati nelle ultime 24 ore sono sono stati 65.697. Rispetto a ieri aumentano i ricoveri di pazienti sintomatici (+140), così come quelli in terapia intensiva (+5)

Il bollettino del 26 settembre 2022

Nelle ultime 24 ore in Italia si sono registrati 10.008 nuovi casi di Coronavirus (ieri 18.797) e 32 decessi (ieri 13) secondo i dati odierni contenuti nel bollettino del Ministero della Salute e dalla Protezione Civile. Il totale dei casi registrati in Italia da inizio emergenza sale a quota 22.313.612, mentre i decessi per Covid sono stati complessivamente 176.912. Il numero degli attualmente positivi al virus è pari a 427.432 persone (ieri 428.286). 

Ministero della Salute – Iss – Aggiornamento casi Covid-19 del 26 settembre 2022

La situazione negli ospedali

Le persone attualmente ricoverate in ospedale in area non critica con sintomatologia sono 3.461 (ieri 3.321, +140), mentre nelle terapie intensive italiane, a fronte di 16 nuovi ingressi giornalieri (ieri 7), il numero dei ricoverati in condizioni critiche è pari a 130 pazienti (ieri 125, +5). Le persone che si trovano in isolamento domiciliare sono 423.841 (ieri 424.840), mentre i guariti nelle ultime 24 ore sono 10.828, per un totale di 21.709.268 guariti dal virus da inizio pandemia. 

Tamponi e tasso di positività

Il tasso di positività sale dal 15,5 per cento di ieri al 15,2 per cento di oggi, 26 settembre. I dati epidemiologici odierni arrivano a fronte di 65.697 test analizzati nelle ultime 24 ore (ieri 121.510), per un totale di 245.996.037 test analizzati da inizio emergenza.

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I positivi al Covid-19 Regione per Regione

Ecco i dati sulle persone attualmente positive al Coronavirus regione per regione:

Grafiche a cura di Vincenzo Monaco

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POLITICAElezioni politiche 2022Governo DraghiLegaLuca ZaiaMatteo SalviniSusanna Ceccardi

Lega, inizia la resa dei conti. Zaia: «Analisi seria sulle cause». Ceccardi: «Colpa dei governisti»

26 Settembre 2022 - 16:19 Felice Florio
In vista del consiglio federale di domani, i fronti interni si stanno delineando chiaramente: nordisti, governisti e salviniani

Matteo Salvini aveva abituato la sua base a dei numeri doppi – alle elezioni europee anche tripli -, rispetto alla soglia del 9% sotto cui si è fermata la Lega in questa tornata elettorale. Il segretario era riuscito a convincere persino la base più nordista ad abbandonare il verde padano e a vestire il partito di un blu nazionale. Tutto in ragione di un consenso inedito per la creatura di Umberto Bossi. Adesso che quella bolla di popolarità è scoppiata, l’impianto salviniano è stato messo in discussione. La prima resa dei conti si terrà domani, 27 settembre, alle 15 in via Bellerio: la Lega ha indetto un consiglio federale per analizzare gli esiti del voto. Ancora più indicativa è la mossa dei governatori del Carroccio: hanno anticipato il consiglio federale convocando già nel pomeriggio di oggi un vertice aperto soltanto a loro. Quale sarà l’indirizzo della riunione, l’ha fatto intendere Luca Zaia. Il presidente del Veneto, recordman di preferenze e da tanti ritenuto – insieme a Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti – leader di una corrente contrapposta a quella salviniana, è stato il primo a uscire allo scoperto contro il segretario. «È innegabile come il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutamente deludente, e non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustificazioni».

Il vertice

«Il voto degli elettori va rispettato perché, come diceva Rousseau nel suo contratto sociale: “Il popolo ti delega a rappresentarlo, quando non lo rappresenti più ti toglie la delega”». Tutto riconduce a una presa di coscienza che il progetto di una Lega nazionale sia fallito. «È un momento delicato – ha aggiunto Zaia – ed è bene affrontarlo con serietà perché è fondamentale capire fino in fondo quali aspetti hanno portato l’elettore a scegliere diversamente. L’analisi da fare non può essere liquidata con letture banali: è doveroso che siano ascoltate le posizioni, anche le più critiche, espresse dai nostri militanti. L’obiettivo dovrà essere un chiarimento per non lasciare nulla di inesplorato», ha concluso in una dichiarazione pubblicata poche ore dopo la conferenza stampa di Salvini. Mentre il presidente del Veneto si prepara, dunque, a un vertice riservato con Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga, emergono anche le voci di chi difende il segretario. Susanna Ceccardi, candidata della Lega alle scorse regionali in Toscana e che, dopo la sconfitta, ha rinunciato al posto di consigliera per tornare all’europarlamento, ha attaccato proprio l’ala governista della Lega. «L’appoggio al governo Draghi ci ha annientati e all’interno del partito coloro che hanno messo in discussione il nostro segretario e lo hanno indirizzato verso l’appoggio al governo perché “ce lo chiedeva il Nord produttivo” dovrebbero fare una profonda riflessione. Il nord produttivo ha votato chi stava all’opposizione, bocciando completamente l’agenda Draghi»

I tre fronti del partito

«Torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio. Stare al governo del Paese nell’interesse degli italiani e non dei burocrati di Bruxelles», ha concluso Ceccardi nel suo post sui social. Edoardo Rixi, appena rieletto deputato del Carroccio, ha puntato il dito direttamente contro Draghi e non contro la sua – ormai citatissima ma impalpabile – agenda: «In questi nove mesi il presidente del Consiglio, in maniera non degna della figura di Draghi, non ha certo difeso il nostro leader dagli attacchi che ha ricevuto. Le conferenze stampa finivano tutte con insinuazioni dei nostri confronti, questo non è accettabile». Parole dure, invece, arrivano dal senatore uscente Toni Iwobi, non ricandidato nelle liste della Lega: «La democrazia è fatta di cittadini liberi che esprimono con il voto un diritto e una preferenza su una determinata forza politica: abbiamo il dovere di prendere atto del risultato ottenuto, di rispettare la volontà popolare e soprattutto di avviare un esame di coscienza interno al movimento per capire che cosa non ha funzionato e come poter ripartire. In particolare, da militante da quasi 30 anni della Lega Lombarda, il bilancio è molto pesante, e su questo deve essere avviata una riflessione ripartendo dalla base, dai nostri militanti, che sono il cuore pulsante della Lega. Quel confronto interno che non c’è stato prima del voto – anche per ragioni di tempistiche – ora è assolutamente necessario per il bene della nostra Lega a partire da un congresso in Lombardia».

La base della Lega ribolle. La classe dirigente se ne fa interprete. E in vista del consiglio federale di domani, i fronti interni si stanno delineando chiaramente. Ci sono i nordisti puri, quelli che per abbandonare il progetto di partito nazionale e tornare al verde Sole delle Alpi si farebbero le flebo con l’acqua del Po. Sono militanti più che dirigenti, ma sicuramente la loro frustrazione si riversa più contro il segretario e che contro i governatori. I presidenti di Regione, appunto, che insieme ai giorgettiani costituiscono l’ala governista del partito. Quella che l’interesse del Nord produttivo viene prima di ogni cosa e che vedono nell’autonomia regionale l’obiettivo più alto della loro missione politica. E infine, ci sono i salviniani, ovvero chi dall’exploit del segretario ha guadagnato posizioni in via Bellerio, ruoli a livello nazionale e internazionale. Hanno un debito nei confronti del segretario ma, soprattutto, se cade Salvini, cadono anche loro.

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