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Cuba dice Sì a matrimoni e adozioni Lgbtq+, il referendum apre anche alla maternità surrogata

26 Settembre 2022 - 16:00 Gianluca Brambilla
L'affluenza al voto è stata del 74%, più bassa rispetto alle precedenti consultazioni referendarie dell'isola relative a riforme costituzionali: nel 2019 la partecipazione oltre l'84%

Cuba apre ai diritti civili. Il referendum per riformare il Codice della famiglia è passato con il 66,87% dei voti, legalizzando di fatto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, le adozioni per coppie omosessuali e la maternità surrogata. In totale sono 6,2 milioni i cubani che si sono recati ieri alle urne, per una partecipazione pari al 74% degli elettori registrati. Proprio l’astensionismo era uno degli scenari più temuti dal governo de L’Avana. In tutta la sua storia, l’isola ha vissuto altre due consultazioni di natura costituzionale: nel 2019 (quando la partecipazione fu dell’84,4%) e nel 1976, anno in cui fu approvata la costituzione e votò il 98% degli aventi diritto. Il referendum di ieri, dunque, conferma un calo dell’affluenza, ma scaccia i timori di un astensionismo diffuso, che – secondo alcuni – poteva essere interpretato come forma di protesta contro il governo. La vittoria del «sì» al referendum, fortemente auspicata dal presidente Miguel Díaz-Canel, introdurrà il nuovo Codice della famiglia cubano, che andrà a sostituire il precedente del 1975. Un testo che Homero Acosta, segretario del parlamento cubano, aveva definito «rivoluzionario, inclusivo e democratico». Tante le novità introdotte: non solo i matrimoni e le adozioni per coppie dello stesso sesso, ma anche leggi per il contrasto alla violenza di genere e divieto del matrimonio infantile. Nel 2019, centinaia di cubani erano scesi in piazza a L’Avana sventolando bandiere arcobaleno e chiedendo una riforma del codice. In quell’occasione, però, la parata non aveva ricevuto l’autorizzazione del governo comunista e fu definita «sovversiva». Con il voto di ieri, l’isola sembra aver decisamente invertito la rotta.

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Russia, era un ex allievo della scuola l’autore della strage di Izhevsk: i sospetti sulle sue idee neonaziste

26 Settembre 2022 - 14:56 Redazione
Artyom Kazantsev, vestito di nero con simboli nazisti, si è suicidato all'interno dell'istituto che aveva frequentato da giovane

Le immagini di quanto accaduto nella mattinata del 26 settembre si stanno moltiplicando sui social. Bambini e insegnanti che si riparano sotto i banchi della propria classe, altri che si chiudono negli armadi e qualcuno che cerca di correre via. Le autorità russe parlano di 13 morti in totale, secondo altre fonti locali sarebbero almeno 14, tra cui 7 bambini. Oltre ai video, ha iniziato a girare sul web anche un nome: Artyom Kazantsev. Secondo Tass e i media della Repubblica russa di Udmurt, sarebbe stato lui a entrare nella scuola n.88 della capitale Izhevsk, a sparare con due pistole e poi a suicidarsi nei corridoi dell’istituto. Nato nel 1988, era un ex allievo di quella scuola.

I sospetti sulla radice neonazista

La polizia lo ha trovato steso a terra, senza vita. Indossava una maglietta nera, con una svastica disegnata sopra, e si era coperto il volto con un passamontagna. Come riporta l’agenzia Interfax, il Comitato investigativo starebbe verificando la sua eventuale «adesione a visioni neofasciste e all’ideologia nazista». Il motivo di questo suo gesto è ancora sconosciuto. Accanto alle pistole, racconta il Daily Mail, sono stati trovati dei portachiavi fatti a mano in omaggio di Eric Harris e Dylan Klebold, i responsabili della strage del 20 aprile 1999 nella Columbine High School in Colorado, negli Stati Uniti. Quanto accaduto è stato commentato anche dal presidente russo Vladimir Putin, che ha definito la sparatoria un «attacco terroristico disumano». Il Comitato investigativo russo ha fatto sapere che al momento gli agenti stanno conducendo una perquisizione nell’abitazione di Kazantsev per capire il motivo dell’attacco. Viktor Bondarev, capo del Comitato per la difesa e la sicurezza, ha invece proposto di rafforzare le scuole, asili e università russe, valutando anche la possibilità di armarle.

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Santanchè doppia Cottarelli e l’eterno Tabacci vince a Milano (mentre Di Maio è fuori)

26 Settembre 2022 - 14:45 Redazione
Benedetto Della Vedova ha battuto l'ex ministro Giulio Tremonti

Daniela Santanchè doppia Carlo Cottarelli nella sfida uninominale. Il candidato del centrosinistra, che ha comunque un paracadute nel proporzionale, aveva detto che il suo obiettivo era perdere bene. I numeri per ora gli assicurano la sconfitta. E le sue dimensioni paiono ragguardevoli. Con 780 sezioni su 780 scrutinate la candidata di FdI ha raccolto 199.691 voti (52,17%), mentre il suo sfidante si è fermato a 104.762 voti (27,37%). Mentre la candidata del Terzo Polo Francesca Zaltieri ne porta a casa 29.171 voti (7,62%) e Umberto Di Franco del M5s ha conquistato 28.247 voti (7,38%). L’eterno ritorno di Bruno Tabacci ha successo anche in queste elezioni. Nel collegio Lombardia 1-U07 con 406 sezioni su 406 scrutinate il leader che si è alleato con Di Maio (ma a lui è andata male) ha raccolto 79.142 voti (38,44%), battendo l’avversario del centrodestra Andrea Mandelli che ha conquistato 72.842 preferenze (35,38%). Sempre a Milano, Benedetto Della Vedova ha raccolto 89.267 voti (37,85%), mente il suo avversario Giulio Tremonti ne ha conquistati 71.617, fermandosi al 30,37%. Un bel problema per l’ex ministro di Berlusconi, che correva anche per un posto nel nuovo governo di Giorgia Meloni.

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Ilaria Cucchi vince in Toscana, Casini batte Sgarbi a Bologna

26 Settembre 2022 - 14:22 Redazione
La candidata del centrosinistra ha ottenuto 208.974 voti, mentre l'ex esponente della Dc candidato con il centrosinistra ha conquistato il 40,07% delle preferenze

Ilaria Cucchi ha vinto nel collegio Toscana-U04. La candidata del centrosinistra, con 958 sezioni scrutinate su 958, ha raccolto più di 208.974 voti (40,08%), mentre Federica Picchi per il centrodestra si è fermata a 156.578 preferenze (30,03%). Al terzo posto il candidato del M5s per il Senato Claudio Cantella, che ha chiuso con 55.354 voti (10,62%). Cucchi su Facebook ha rivendicato la vittoria: «Il 3 novembre 2009 mi trovavo in Senato per ascoltare il ministro Alfano su Stefano. Ora tornerò lì da senatrice. Sono consapevole della gravità del momento storico che sta vivendo il mio Paese ma non dovrò avere timore. Stefano sarà con me». A Bologna, invece, nel collegio Emilia-Romagna-U03, al termine dello spoglio, con 1114 sezioni scrutinate per il Senato su 1114, il candidato del centrosinistra Pier Ferdinando Casini ha vinto col 40,07% delle preferenze (232.092 voti), battendo l’avversario della coalizione di centrodestra Vittorio Sgarbi che si è fermato al 32,32% con 187.206 voti. Sgarbi è candidato nel proporzionale con Noi Moderati che però difficilmente supererà lo sbarramento del 3%. Il critico d’arte non sarà rieletto in Parlamento.

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Luigi Di Maio perde la sfida a Fuorigrotta: il ministro ex M5s è fuori dal Parlamento

26 Settembre 2022 - 14:00 Redazione
Nel collegio vince il candidato grillino Sergio Costa. Eletto Bruno Tabacci a Milano

Luigi Di Maio perde la sfida diretta a Napoli Fuorigrotta con il candidato del Movimento 5 stelle Sergio Costa. E il suo partito Impegno Civico resta fuori dal Parlamento, a eccezione di Bruno Tabacci che ha vinto nel collegio Loreto, l’uninominale Lombardia 1. Secondo i dati del Viminale, infatti, Sergio Costa del Movimento 5 stelle è stato eletto con 67.936 voti (39,72%), mentre Di Maio ne ha raccolti 41.743, fermandosi al 24,41%. Mariarosaria Rossi per il centrodestra ha raccolto invece 38.515 voti (22,52%). Il leader del M5s Conte ha commentato il risultato del ministro degli Esteri: «Preferisco ricordare le battaglie che abbiamo fatto insieme e la determinazione che abbiamo messo per realizzare le nostre riforme, voglio restare a questo ricordo».

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Marta Fascina vince a Marsala: la compagna di Berlusconi eletta alla Camera con il 36,03% delle preferenze

26 Settembre 2022 - 13:45 Redazione
La deputata di Forza Italia, compagna del Cav, ha ottenuto 57.473 voti: il 36,03%. Ma non mancano le polemiche nel centrodestra locale, che parla di candidatura «imposta dall'alto»

Marta Fascina, deputata uscente di Forza Italia, sostenuta dalla coalizione di centrodestra e compagna di Silvio Berlusconi, è stata eletta alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Marsala, in Sicilia, ottenendo 57.473 voti, ossia il 36,03% delle preferenze. Fascina ha battuto Vita Martinciglio del Movimento 5 Stelle che ha invece raggiunto 44.085 preferenze, pari al 27,64%, mentre al terzo posto si è posizionata la coalizione del centrosinistra con Antonio Ferrante, il presidente della direzione regionale del Partito democratico, che ha conquistato 28.390 voti, pari al 17,80%. Per quanto riguarda invece il candidato ed ex pm Antonio Ingroia, sostenuto da Italia sovrana e popolare, ha ottenuto l’1,15% dei voti con 1.831 preferenze, di cui 70 espressi sul suo nome. Come nel caso di Claudio Lotito, anche la candidatura di Fascina aveva provocato alcuni malumori in quanto parte delle candidature cosiddette «paracadutate». Ma non solo. Il centrodestra locale aveva avanzato non poche proteste contro la sua candidatura nel collegio di Marsala, ritenendola «un’imposizione dall’alto». Molti esponenti del centrodestra locale, poi, hanno dichiarato di non aver mai visto Fascina a Marsala, neanche per la campagna elettorale. Ma Fascina in una recente intervista a Libero ha dichiarato che la sua candidatura nell’uninominale di Marsala è «stata una decisione del partito condivisa con il nostro instancabile coordinatore regionale, Gianfranco Miccichè, che ho accettato con entusiasmo ed orgoglio. La Sicilia è una regione meravigliosa, che conosco sin dai tempi, quando ero piccola, mio padre mi ci portava in vacanza».

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POLITICAAzioneCarlo CalendaCentrodestraElezioni politiche 2022Governo MeloniPopulismoTerzo poloVideo

Calenda: «Gli italiani hanno consapevolmente scelto il populismo» – Il video

26 Settembre 2022 - 13:23 Maria Pia Mazza
Il leader di Azione: «C'è da riflettere sul fatto che apprezziamo Draghi e Mattarella e poi la maggioranza vota politici che rappresentano il modo opposto di fare politica. Il Pd? Tornerà tra le braccia del M5s»

«Il Paese ha consapevolmente scelto di andare avanti sulla strada del populismo. Siamo passati da uno statista il cui prestigio è riconosciuto in tutto il mondo, a chi si fa i video su TikTok con i meloni in mano. L’elettore è Re in democrazia, ma questa dinamica che porta a votare chi urla di più, come fosse il televoto, è quello che ha fatto declinare l’Italia ed è un rischio mortale se sullo sfondo c’è il pericolo di recessione e durante una guerra in corso. Comunque sarà Giorgia Meloni a essere la prossima presidente del Consiglio e a rappresentare l’Italia nel mondo: vedremo se saprà governare». Sono le parole di Carlo Calenda durante la conferenza stampa al comitato elettorale del Terzo polo a Roma, commentando l’esito del voto. E il leader di Azione, «a costo di essere ruvido», incalza: «C’è un paradosso, perché il 50% degli italiani dichiara di apprezzare l’operato di Mario Draghi. C’è da riflettere sul fatto che si dice di apprezzare il presidente uscente e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, mentre poi la maggioranza degli italiani vota politici che rappresentano il modo opposto di fare politica». Presenti in conferenza stampa anche le tre ministre uscenti del governo Draghi, Elena Bonetti, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, insieme a Ettore Rosato. Guardando al dopo, Calenda ha aggiunto: «Il Terzo Polo è l’unica alternativa non populista al prossimo governo: nei prossimi mesi la divisione netta in tre poli risulterà ancora più forte: il Partito democratico, con Fratoianni e Bonelli, tornerà fra le braccia dei 5 Stelle, ancor più indebolito. Poi ci sarà la coalizione di destra al governo. Il nostro obiettivo, quello che dovremo costruire noi è il polo del buon governo e della serietà. Partiamo da basi solide, ma nelle prossime settimane avvieremo subito un cantiere affinché questo processo sia ancora più ampio e inclusivo: deve diventare un partito, in tempi brevi».

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I numeri delle elezioni e la curiosa coincidenza tra il M5s e l’astensione

26 Settembre 2022 - 13:09 David Puente
Secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, alla Camera si registrano 6 milioni di voti in meno rispetto al 2018. Un numero simile alla preferenze perse dal M5s

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, è innegabile la vittoria della coalizione di centrodestra con il 43,86% dei voti alla Camera (in base alle 61.031 sezioni scrutinate attualmente su 61.417). Confrontando il dato con le passate elezioni, dove raccolse il 37%, si potrebbe sostenere un aumento considerevole dei votanti di destra. Oggi si parla di una sconfitta del centrosinistra, che rispetto al 22,86% del 2018 raccoglie un 26,17%, così come un dimezzamento dei voti da parte del M5S, dal 32,68% delle scorse elezioni a un 15,35%. Se lasciamo da parte le percentuali, preferendo calcolare l’effettivo numero di votanti, risulta evidente a quanto ammonta il consenso concreto degli italiani per ogni forza politica. C’è una curiosità: il calo degli elettori alla Camera è simile a quello dei voti persi dal partito di Giuseppe Conte rispetto alle storiche elezioni del 2018.

I dati delle elezioni alla Camera nel 2018 – Fonte: Eligendo, Ministero dell’Interno.

Il voto della Camera

Sono aumentati i votanti di centrodestra? Nel 2018, la coalizione aveva ottenuto alla Camera 12.152.345 contro gli attuali 12.183.722. La percezione cambia rispetto alle percentuali, lo stesso vale per il centrosinistra che nelle scorse elezioni aveva ottenuto 7.506.723 preferenze contro le 7.270.726 del 2022. Numeri abbastanza simili, segno che il “blocco” dei votanti nelle due coalizioni sia abbastanza consolidato – anche se il fenomeno dell’astensionismo potrebbe aver colpito tutti gli schieramenti, sebbene in percentuli diverse – mentre il vero risultato (innegabilmente negativo) lo ottiene il Movimento 5 Stelle: 10.732.066 voti ottenuti nel 2018 contro i 4.264.060 ottenuti nella giornata del 25 settembre 2022, una differenza di 6.468.006 di cittadini in meno. Un dato simile al calo dell’affluenza: 27.571.864 di voti odierni alla Camera rispetto ai 33.923.321 delle scorse elezioni, una differenza pari a 6.143.318 cittadini che non sono andati a votare (in base ai dati attuali forniti da Eligendo riguardo le 61.031 sezioni scrutinate attualmente su 61.417).

I dati della Camera in base a 61.031 sezioni scrutinate attualmente su 61.417 – Fonte Eligendo

I voti dei singoli partiti alla Camera

La vera crescita è quella di Fratelli d’Italia che ottiene 7.235.984 voti rispetto ai 1.429.550 del 2018. Scendono invece Forza Italia (2.250.669 contro 4.596.956), Lega (2.443.411 contro 5.698.687) e Noi moderati (253.680 contro 427.152). Numeri alla mano, il partito di Giorgia Meloni aumenta di 5.807.069 preferenze rispetto alle scorse elezioni mentre gli altri tre partiti di coalizione ne “perdono” 5.774.282. Passando al centrosinistra, il Partito Democratico passa dai 6.161.896 del 2018 ai 5.306.358 voti del 2022. L’alleato +Europa passa dalle 841.468 preferenze alle 787.083 di ieri. Cambiano gli altri alleati, ad esempio manca il partito Sudtiroler (134.651 contro gli attuali 117.010) che si è presentato da solo in questa tornata elettorale. Di fatto, il Partito Democratico perde circa 855.538 voti alla Camera rispetto alle scorse elezioni, mentre +Europa appena 54 mila.

Il voto del Senato

Per il centrodestra c’è una crescita più consistente al Senato, che per la prima volta ha aperto ai voti dei 18enni (prima bisognava avere 25 anni), con 600 mila voti in più rispetto al 2018. Un leggero aumento di circa 100 mila anche per il centrosinistra, mentre a perdere è ancora il M5s: 5.547.586 preferenze in meno rispetto alle scorse elezioni. Un numero superiore, ma in qualche modo “simile”, ai 4 milioni di cittadini che non si sono presentati alle urne per il voto del Senato.

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POLITICACentrosinistraElezioni politiche 2022Enrico LettaPDPunti di VistaVideo

L’amara sconfitta di Letta: «Non mi ricandido alla guida del Pd, faremo opposizione intransigente» – Il video

26 Settembre 2022 - 12:55 Ludovica Di Ridolfi
A distanza di poche ore dalla chiusura delle urne il segretario dem: «Se siamo arrivati al Governo Meloni è per via del fatto che Giuseppe Conte ha fatto cadere il Governo Draghi»

«Gli italiani e le italiane hanno scelto: è stata una scelta chiara. Hanno scelto la destra, e avranno un governo di destra». Sono queste le prime parole pronunciate dal leader dem Enrico Letta, a distanza di poche ore dalla tornata elettorale che ha decretato la vittoria di Giorgia Meloni. Il morale alla conferenza stampa al Nazareno è inevitabilmente basso. Il Partito democratico, che si è aggiudicato il secondo posto, non è riuscito tuttavia a raggiungere il 20% delle preferenze, con poco distacco dal Movimento 5 Stelle. «Oggi è un giorno triste, per l’Italia e per l’Europa. Ci aspettano giorni duri». «Ci siamo battuti in tutti i modi contro questo esito. Abbiamo dapprima tentato, per la verità in solitudine, che la legislatura arrivasse alla sua fine naturale». E qui, la stoccata al Movimento: «Se siamo arrivati al governo Meloni è per via del fatto che Giuseppe Conte ha fatto cadere il governo Draghi. Quello è stato il punto da cui è partito tutto il resto».

E adesso, cosa succede? «Il Pd è il secondo partito del Paese, il secondo gruppo parlamentare, e la prima forza di opposizione, nel Parlamento e nel Paese. Faremo un opposizione dura e intransigente, con tutte le nostre forze. Andiamo all’opposizione con una grandissima determinazione a fare un’opposizione dura e intransigente. Il Pd non permetteremo che l’Italia esca dal cuore dell’Europa, che si stacchi dai valori europei o da quelli della costituente». A breve, preannuncia Letta, «Arriverà un congresso di profonda riflessione su cos’è e cosa vuole essere il nuovo Partito Democratico, all’altezza di questa sfida epocale di fronte a una destra che più a destra non ci è mai stata e ha un forte mandato a governare per i prossimi anni». Una “sfida epocale” che tuttavia non lo vedrà protagonista: «Assicurerò in spirito di servizio la guida del Pd nelle prossime settimane, ma non mi ri-presenterò candidato al prossimo congresso. Spetta a una nuova generazione rilanciare il Pd nell’interesse dell’Italia e dell’Europa».

Il “campo largo” e le relazione con il Movimento 5 stelle

Enrico Letta ripercorre le tappe del suo operato: «Ero tornato il 14 marzo dell’anno scorso su una forte richieste con due obiettivi: tenere unito e salvare il Pd dalla prospettiva di disgregazione. Il secondo era quello di parlare una legislatura in cui in Italia vincessero i valori progressisti e democratici. Ad oggi posso dire che il primo obiettivo è raggiunto. Il Pd lavorerà per costruire in prospettiva quello che non è stato possibile fare questo volta: il campo largo non è stato possibile, non per nostra responsabilità. L’abbiamo perseguito in tutti i modi e le forme, ma si sono sfilati alcuni interlocutori. Alcuni hanno tentato alla fine di sostituire il Pd, non di sedersi al tavolo con lui». Il leader dem ha menzionato anche le mosse del partito Azione, che definisce un «fuoco amico», come dimostra «la candidatura di Calenda nel collegio di Emma Bonino, che ha finito per aiutare l’elezione della candidata di destra».

A segnare il «cambio di clima» nel Paese, secondo Letta, è stata la guerra in Ucraina: «La mia percezione è che il vero cambio di clima nl nostro Paese è avvenuto con l’arrivo della guerra e i conseguenti problemi legati a energia, costi, inflazione.. il vero punto di svolta è avvenuto con la guerra. La destra è stata brava a capirlo e a trarne vantaggio. Il clima l’anno scorso, al momento della rielezione del presidente Mattarella, era completamente diverso». Viene poi approfondito il tema della decisione di separarsi dal Movimento pentastellato, la cui bontà viene con il senno di poi messa in discussione. A chi gli chiede se in futuro il partito dovrà riallacciare i rapporti con Conte il leader dem risponde: «So benissimo che le sconfitte sono sempre molto solitarie. Tutto nasce con la decisione di Conte di far cadere Draghi: se Meloni salirà a Palazzo Chigi dipende da questo. Io penso questo, poi saranno altri a dover gestire tutto ciò». Aprendo uno spiraglio di riconciliazione: «Per contrastare questa destra è importante che si riprendano le fila delle relazioni che consentono di fare un’opposizione importante».

Letta si è mostrato rammaricato anche rispetto al dato dell’astensionismo, soprattutto riguardo i giovani al quale ritiene di aver dedicato ampio spazio in campagna elettorale. Dimostra anche apertura all’autocritica, commentando: «Nei prossimi giorni faremo analisi. Evidente che ci sono stati errori, ma adesso faccio una scelta nell’interesse di un partito che ha bisogno di convocare il congresso, e vorrei che quest’ultimo avvenisse nei tempi più rapidi possibile». All’amarezza accompagna una nota di ottimismo: «Sarà la legislatura più a destra della storia d’Italia: è motivo di rammarico, ma anche uno stimolo per tutti noi. Ma il risultato elettorale non sposta l’Italia da dove deve stare: al centro dell’Europa».

Fonte video: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

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Elezioni, Salvini: «Grazie Giorgia, stare all’opposizione paga. Ma rifarei il governo Draghi» – I video

26 Settembre 2022 - 12:35 Alessandra Mancini
Il segretario della Lega difende la scelta di partecipare al governo e in conferenza stampa fa capire che non sarà il prossimo ministro dell'Interno

«Sono 100 i parlamentari della Lega al lavoro da domani. Conto che per almeno cinque anni si tiri dritto senza cambiamenti con una maggioranza chiara di centrodestra». Sono le prime parole del leader della Lega, Matteo Salvini, in conferenza stampa nella sede della Lega in via Bellerio a Milano il giorno dopo la sconfitta del suo partito nella vittoria del centrodestra. Il leader del Carroccio, infatti, ha fallito l’obiettivo del 10%, attestandosi intorno al 9. «Noi oggi commentiamo – ribadisce Salvini – un dato che non mi soddisfa, il 9% non è un dato per cui ho lavorato». «Ma gli italiani hanno scelto la coerenza, se la Lega fa la Lega non ce n’è per nessuno». Poi i complimenti a alla leader di Fratelli d’Italia «Questa notte alle 4 mi sono messaggiato con Giorgia a cui faccio i complimenti».

Le congratulazioni a Meloni

Per la Lega, però, si tratta di un mancato sfondamento al Sud, dove il M5S ha conquistato più preferenze. Ma non solo, anche nei vecchi feudi del Nord, la Lega è stata scavalcata da Fratelli d’Italia. In Veneto e Friuli, le regioni di Zaia e Fedriga che non avevano partecipato alla formazione delle liste, il Carroccio non va oltre la metà dei consensi dei meloniani. «Se dove governiamo Giorgia Meloni ha preso il doppio dei voti, significa che ha fatto una buona opposizione». «Ma sulla Lombardia – continua il leader della Lega – il centrodestra è sopra il 50% nella Regione. Quindi anche in ottica Regionali, la squadra che vince non si cambia».

Il rapporto con il governo Draghi

Per quanto riguarda la relazione con il governo Draghi, il leader della Lega ha sottolineato: «Per la Lega stare al governo con Pd, M5s e Draghi non è stato semplice ma lo rifarei». Non solo la partecipazione, Salvini rivendica anche lo strappo che ha portato alla caduta del governo: «Non oso immaginare cosa sarebbero stati altri 9 mesi con un governo confuso e litigioso – ha aggiunto – il giudizio degli elettori è chiaro: hanno premiato coloro che hanno fatto opposizione e coloro che hanno fatto cadere il governo su un termovalorizzatore». «Sull’uscita del governo – continua Salvini, rispondendo a una domanda in conferenza stampa – ho fatto di testa mia. Altri nove mesi non avrebbero fatto bene né alla Lega, né all’Italia». Ora l’obiettivo per il leader leghista è «dare al governo la squadra della Lega migliore in assoluto». «Non chiedetemi – ribadisce in conferenza stampa – nomi e cognomi perché non ci ho ragionato, ma si baserà sul merito». Dopo aver assicurato che nelle prossime ore parlerà di governo con gli alleati, Salvini ha anche affermato che «Sulla sicurezza la Lega si è sempre distinta».

L’attacco al Segretario Dem

La campagna elettorale della Lega per il suo leader si è basata sui contenuti, il rammarico – per Salvini – è quello di «Non avere avuto neanche un confronto con Letta» perché il Segretario dem, che in conferenza stampa al Nazareno ha dichiarato che non si ricandiderà al Congresso, «Lo ha sempre evitato». «Alla fine di qualunque campagna elettorale mi chiedo sempre: ho fatto tutto quello che potevo? Io penso proprio di sì». Poi l’attacco diretto: «Meglio avere il 9% e 100 parlamentari al governo che il 18% e 100 parlamentari all’opposizione».

«Serve una riorganizzazione della Lega»

Quello che serve per il leader della Lega è «una fase di riorganizzazione del movimento, puntando su sindaci e amministratori». «È fondamentale», ribadisce Matteo Salvini che ha voluto ringraziare i 20mila militanti del partito che rappresentano «Il terreno su cui costruire». E a chi gli chiede se ha pensato di dimettersi, risponde: «Mai avuto così voglia lavorare». 

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Emma Bonino batte Calenda, ma resta fuori dal Senato. E nel collegio di Roma Centro vince Mennuni di Fratelli d’Italia

26 Settembre 2022 - 12:12 Redazione
L'esponente di +Europa è arrivata seconda con il 33,2% delle preferenze, mentre il leader di Azione si è fermato al 14,07% ed entrerà a Palazzo Madama grazie al paracadute

La candidata del centrosinistra Emma Bonino ha vinto la sfida contro Carlo Calenda nel collegio uninominale Lazio 2. Ma il risultato non è bastato all’esponente di +Europa per entrare in Senato. Già, perché in una delle sfide più attese di queste elezioni, quella di Roma centro, ha vinto Lavinia Mennuni. La consigliera comunale di Fratelli d’Italia con il 36,30% delle preferenze (199.228 voti) ha battuto Bonino, che ha si è fermata al 33,2%, ossia 182.239 voti. Il leader di Azione, invece, è arrivato terzo, raccogliendo 77.211 voti, pari al 14,07% delle preferenze, ma verrà comunque eletto al Senato grazie al paracadute del proporzionale.

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Damiano dei Maneskin sulla vittoria di Giorgia Meloni: «Oggi è un giorno triste per il mio Paese»

26 Settembre 2022 - 11:44 Redazione
Il commento sui social del frontman dei Maneskin

«Oggi è un giorno triste per il mio Paese». Così Damiano dei Maneskin, si è espresso senza giri di parole questa mattina, 26 settembre, sulla vittoria del centrodestra. Commento che ha condiviso in una storia Instagram pubblicando la prima pagina del giornale la Repubblica. La testa titola «Meloni si prende l’Italia» e mette in copertina la leader di FdI in un primo piano in bianco e nero. Il frontman dei Maneskin non è nuovo a prese di posizioni politiche: nei mesi scorsi ha condannato a più riprese l’invasione russa di Vladimir Putin in Ucraina, urlando «Fu*k Putin» dal palco. Nel frattempo, in Italia sono in corso gli spogli elettorali.

INSTAGRAM / Damiano David | Screenshot storia Ig di Damiano dei Maneskin, 26 settembre 2022

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