FdI mette radici al Nord e al Centro, resiste (ma a fatica) la Zona rossa del Pd: le mappe post-voto dell’Istituto Cattaneo – Lo studio
Nuove aree conquistate, ritirate poco strategiche e fortini che rimangono in piedi. Sono solo alcune delle osservazioni che si possono fare all’indomani dei risultati elettorali sulla distribuzione geografica del voto. L’Istituto di studi e ricerche Carlo Cattaneo ha pubblicato una analisi di approfondimento intitolata: La nuova geografia del voto. Osservando la distribuzione territoriale dei consensi ottenuti dai 4 partiti che hanno ottenuto più voti, emergono tutte le problematiche che i partiti dovranno affrontare nei prossimi mesi e i punti di forza da cui poter ripartire.
FdI si radicalizza anche al Centro
Lo studio, a cura di Cecilia Biancalana e Moreno Mancosu, inizia prendendo in esame l’exploit di Fratelli d’Italia. Vincitore di queste elezioni, il partito di Giorgia Meloni è passato dal 4% al 26% nel giro di una legislatura. La distribuzione dei voti mostra come sia riuscito a radicarsi al Nord-Est e al Centro, ma non ancora a sfondare al Sud. Secondo l’Istituto, è la prova di come Meloni si stia allontanando sempre di più dalla vecchia Alleanza Nazionale, che nel Mezzogiorno aveva molto consenso, avvicinandosi invece alla Lega suo principale affluente. I picchi più alti di consensi, infatti, sono stati registrati in Veneto, Lombardia, sud delle Marche e in Umbria.
La Lega torna nei confini
Per quanto riguarda la Lega, invece, sembra essersi verificato un parziale ritorno alle origini. Il partito di Matteo Salvini è tra gli sconfitti di queste elezioni, nonostante la sua coalizione abbia vinto. La sua alleata-rivale Meloni ha ottenuto più del triplo dei suoi voti, cosa che lo ha fatto retrocedere di oltre 3 milioni di consensi rispetto al 2018. Le perdite più sostanziali sono state registrate nelle aree che era riuscito a conquistare all’inizio della precedente legislatura, nel Centro-Sud. Scarso il supporto arrivato anche dalle grandi città e nelle cinture metropolitane, «si notino i cali di consensi nella cintura del milanese, del padovano e del torinese», scrivono Biancalana e Mancosu. La Lega ha potuto contare, invece, sui voti provenienti dal Lombardo-Veneto, Piemonte e Friuli Venezia-Giulia, ovvero nei confini della Lega Nord di Umberto Bossi.
La Zona rossa del Pd e i 5 Stelle al Sud
Passando al Pd, si osserva come sia riuscito a resistere nella Zona rossa, quindi Toscana, Emilia-Romagna, nord delle Marche e Umbria: «Dal punto di vista territoriale, la zona rossa è l’unica delle vecchie zone politiche italiane a resistere, sebbene a fatica», scrivono gli autori del rapporto. La percentuale di voto ottenuta è pressocché identica a quella del 2018, tuttavia in termini assoluti ha perso un milione di voti. Chi è cambiato è stato invece il Movimento 5 Stelle. Quando si presentò per la prima volta alle elezioni nazionali, nel 2013, registrò un consenso abbastanza omogeneo in tutta la Penisola. A partire già dal 2014, è iniziata una meridionalizzazione che si è rivelata netta nel 2018 e alle europee del 2019, e che quest’anno ha confermato il Movimento come il partito del Sud.
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