Nubi sul price cap europeo per il gas. Meloni: «Serve risposta Ue e compattezza dei partiti»
«Di fronte alla sfida epocale della crisi energetica serve una risposta immediata a livello europeo a tutela di imprese e famiglie». Sono le parole della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ribadisce inoltre la necessità di una strategia comune perché «nessuno Stato membro – continua Meloni – può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario». Poi il riferimento al Consiglio europeo sull’Energia, previsto per domani 30 settembre: «Spero prevalgono buon senso e tempestività, confido nella compattezza di tutte le forze politiche». La dichiarazione della leader di FdI arriva poche ore dopo l’appello del premier uscente Mario Draghi a rimanere uniti «davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali. Nei prossimi Consigli Europei dobbiamo mostrarci compatti, determinati, solidali – proprio come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina».
Entrambe le dichiarazioni seguono la decisione della Commissione europea di imporre un tetto al prezzo del gas, ma solo per quello importato da Mosca. La misura – annunciata nel non-paper, uscito ieri, 28 settembre, in tarda serata – verrà proposta agli Stati membri nella riunione straordinaria dei ministri dell’Energia prevista per domani, venerdì 30 settembre. In sintesi, Bruxelles apre all’introduzione del price cap, ma solo a quello proveniente dalla Russia e non a tutto quello importato dall’Ue, come richiesto dall’Italia e altri 14 Paesi in una lettera indirizzata all’esecutivo Ue in cui affermano che il tetto al prezzo del gas a livello europeo è «l’unica misura che aiuterà ogni Paese a mitigare la pressione inflazionistica, gestire le aspettative, fornire un quadro in caso di potenziali interruzioni dell’approvvigionamento e limitare gli extra-profitti del settore». Un sentimento ribadito anche dal premier italiano che nella nota emessa da Palazzo Chigi continua a chiedere una risposta immediata e congiunta: «La crisi energetica – si legge – richiede da parte dell’Europa una risposta che permetta di ridurre i costi per famiglie e imprese, di limitare i guadagni eccezionali fatti da produttori e importatori, di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno e di tenere ancora una volta unita l’Europa di fronte all’emergenza».
Le divisioni
Alcuni fonti europee, riportate da Ansa, hanno dichiarato che «la proposta di un price cap allo stesso livello per tutto l’import del gas è una misura radicale che comporta rischi significativi legati alla sicurezza di forniture di energia». «Non stiamo dicendo “no” ai 15 Paesi membri, diciamo che è meglio mettere un price cap al gas russo e negoziare» con i singoli fornitori i prezzi dell’energia. Ma i Paesi che vogliono un tetto al prezzo del gas a livello europeo sono sempre più nervosi anche perché – secondo fonti Ue – sul tavolo dei Paesi membri «non c’è una risposta univoca». L’ultimo vertice dei ministri dell’Energia, che si sono riuniti lo scorso 9 settembre, si era concluso con un nulla di fatto sul price cap. E il vertice di domani servirà proprio a capire se si riuscirà a raggiungere un accordo, oppure no. E mentre si attendono le decisioni dell’Ue, Berlino ha annunciato un maxi-piano da 200 miliardi di euro come scudo al prezzo del gas per aiutare famiglie e imprese a fronteggiare la crisi energetica. L’annuncio della misura, una delle più onerose fra i Paesi Ue, ha già avuto un primo effetto positivo: il crollo del prezzo del gas. Dopo la conferenza stampa del premier Scholz e dei suoi ministri, infatti, la quotazione del gas europeo è scivolato sui minimi di seduta (-10% a 186,50€). A complicare, però, la partita sull’energia c’è anche il danneggiamento – forse irreparabile – dei gasdotti Nord Steam 1 e 2. Continua, infatti, lo scambio di accuse tra Mosca e l’Occidente sulle falle nei gasdotti che hanno provocato, secondo la Guardia costiera svedese, quattro perdite di gas.
Ungheria minaccia veto su nuove sanzioni Ue
Intanto ieri, mercoledì 28 settembre, la Commissione europea ha proposto l’ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia. «Mosca deve pagare per questa ulteriore escalation alla guerra in Ucraina», aveva esordito la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Tra le misure proposte anche il tetto al prezzo del petrolio russo e una nuova stretta alle importazioni di prodotti russi verso l’Ue che «costerà alla Russia altri 7 miliardi di euro di entrate». Misure, però, che dovrebbero essere votate all’unanimità e l’Ungheria sembra essere contraria. «Se il nuovo pacchetto di sanzioni» contro Mosca proposto dall’Ue – ha affermato il ministro della presidenza del Consiglio dei ministri ungherese, Gergely Gulyas – «Include misure restrittive sull’energia, l’Ungheria non lo sosterrà». Non è la prima volta, però, che l’Ungheria ostacola una decisione europea sul tema delle sanzioni alla Russia. Viktor Orbán infatti, avrebbe annunciato ai membri del suo partito Fidesz l’obiettivo di revocare tutte le sanzioni che Bruxelles ha imposto all’Europa. In questo modo, sostiene il premier ungherese, hanno trasformato un conflitto locale in una «guerra economica mondiale», e per questo motivo il suo partito dovrà «fare tutto il possibile affinché l’Ue ritiri le sanzioni». Il punti di rottura tra Europa e Ungheria ha raggiunto un possibile apice quando il 15 settembre scorso, il Parlamento ha approvato una risoluzione in cui affermava che l’Ungheria non era più una democrazia piena, ma un «Regime ibrido di autocrazia elettorale».
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