Vicepremier, agricoltura, interni, infrastrutture: così il totoministri è diventato un toto-Salvini
L’incontro tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini è servito a calmare le acque. Dopo i retroscena che raccontavano i maldipancia di Fratelli d’Italia sugli incarichi del Capitano, è arrivata la rassicurazione della neo-premier in pectore. Non c’è nessun veto sul suo nome nel nuovo governo. Ma intanto il totoministri rischia di trasformarsi in un toto-Salvini. Perché il leader della Lega alza il prezzo. E se non riuscirà a tornare al Viminale a causa del processo Open Arms (e perché Mattarella agli Interni preferisce un tecnico), allora è pronto a fare come Di Maio nel governo gialloverde. Ovvero a bere l’amaro calice di portarsi a casa due incarichi. Quello di vicepremier insieme ad Antonio Tajani. E un ministero a scelta. Le ipotesi che si fanno oggi sono due: l’Agricoltura o le Infrastrutture.
Il Capitano dove lo metto?
Andiamo con ordine. Ieri circolava la voce che la Lega avesse minacciato l’appoggio esterno al governo Meloni senza Viminale per il suo segretario. Il Carroccio ha smentito tutto. Ma i giornali raccontano che il colloquio tra i due non è stato idilliaco. Perché Meloni insiste sul no al Viminale. In cambio propone l’incarico a un altro leghista (l’ex sottosegretario agli Interni Nicola Molteni). Oppure a Matteo Piantedosi, prefetto di Roma nominato da Lamorgese ma anche ex capo di gabinetto dello stesso Salvini. Oppure ancora a Giuseppe Pecoraro, che però è stato eletto nelle liste di FdI. Sullo sfondo ci sono anche i timori sulle simpatie putiniane del Capitano. Perché, spiega oggi un retroscena di Repubblica, dopo il riconoscimento di Zelensky la nuova premier non vuole errori sul fronte Nato. E perché c’è ancora qualche paura che riguarda i “pupazzi prezzolati” evocati da Draghi. Salvini, così come Crosetto e altri, ha incitato il premier a fare i nomi. Ricevendo in cambio un silenzio tombale. Nel frattempo il dossier dell’amministrazione Usa sui soldi di Putin ai partiti dell’Occidente preoccupa. Perché nonostante le rassicurazioni il sospetto è che la Lega e Salvini in qualche modo siano citati. Per l’affare del Metropol che ha coinvolto Gianluca Savoini. Anche se gli Stati Uniti hanno fatto sapere che per ora terranno secretati i nomi. Per questo Meloni vorrebbe tenerlo fuori dal governo. Tanto, racconta il quotidiano, da essere arrivata a offrirgli la seconda carica dello Stato. Ma la presidenza del Senato sarebbe sconsigliata per Salvini per gli stessi motivi del Viminale: cosa succederebbe in caso di condanna per sequestro di persona?
Interni, agricoltura, infrastrutture
E allora ecco la controproposta del Capitano. O il Viminale, oppure lo schema dei vicepremier con Tajani. Ma anche il ministero della Giustizia per Giulia Bongiorno. Con in più, aggiunge oggi Il Fatto Quotidiano, una delega per una seconda fascia. L’opzione preferita è quella delle Infrastrutture. Da lì passano i fondi del Pnrr e Salvini può essere l’alfiere delle Grandi Opere da sbloccare. A partire dal ponte sullo Stretto di Messina già evocato in campagna elettorale. Altrimenti, spiega oggi La Stampa, il Capitano potrebbe gradire un incarico all’Agricoltura. Si tratta di un dicastero caro alla Lega. Che ha già lasciato un ricordo indelebile in Europa con le quote-latte. Anche qui ci sono molti fondi del Recovery Plan da distribuire. E c’è la possibilità di viaggiare, andare sul territorio, fare politica. Come piace al Capitano. Un’altra opzione sono gli Affari Regionali. Che permetterebbero in prospettiva di lavorare sull’autonomia cara alle regioni del Nord che hanno voltato le spalle al Carroccio.
Lo schema del totoministri
Lo schema di partenza di Meloni per la spartizione delle poltrone ministeriali prevede una divisione precisa. L’Economia andrà a un tecnico. Gli altri quattro ministeri importanti (Interni, Esteri, Difesa, Giustizia) saranno divisi in base ai risultati delle elezioni. Uno andrà alla Lega, uno a Forza Italia e due al suo partito. Per Fi e Lega si prepara anche la presidenza della Camera e del Senato. Con Tajani e Roberto Calderoli in pole position. E sarebbe anche un modo per compensare anche il partito di Berlusconi che invece avrebbe mire su un ministero pesante come la Farnesina. Per Fi dovrebbero entrare nella squadra anche Licia Ronzulli e Anna Maria Bernini. L’idea, se Tajani non dovesse fare il ministro degli Esteri, è quella di Elisabetta Belloni con Giulio Terzi di Sant’Agata come vice. Per via XX Settembre l’agenzia di stampa Ansa riferisce di rumors danno come ipotesi quella che al Mef possa restare Daniele Franco come messaggio anche di rassicurazione all’esterno su conti e gestione dei fondi per il Pnrr. Il ministero potrebbe essere spacchettato con Maurizio Leo alle Finanze. Nei desiderata di FdI c’è sempre Fabio Panetta, ora nel board della Bce. Ma in quel caso senza dividere il dicastero. E gira anche la voce di un ritorno di Domenico Siniscalco. Al Mise c’è invece l’idea di lasciare Giancarlo Giorgetti. Ma l’ipotesi non piace proprio alla Lega.
Gli altri nomi
E ancora. Bongiorno potrebbe essere dirottata alla Pubblica Amministrazione se perdesse il duello con Carlo Nordio per la Giustizia. Il Welfare andrebbe a Luca Ricolfi, uno dei tecnici invitati dalla Meloni alla conferenza programmatica del partito. Marcello Pera prenderebbe il dicastero delle Riforme, mentre Maurizio Lupi andrebbe ai rapporti con il Parlamento. Letizia Moratti viene data in pole alla Sanità. Anche se lei continuerebbe a resistere per candidarsi alle regionali in Lombardia. Raffaele Fitto è un altro candidato per gli Affari Europei. Fabio Rampelli potrebbe finire ai Beni Culturali o all’Ambiente. Mentre Ignazio La Russa è in corsa con Fazzolari per il posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
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