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Omicidio Saman, il piano del clan per uccidere anche il fidanzato. C’è un «patto del silenzio» giurato sul Corano

Saman Abbas
Saman Abbas
Ikram ljaz, il cugino di Saman Abbas avrebbe confessato a un compagno di cella di aver partecipato al delitto della giovane pachistana, confidandogli altri dettagli che saranno portati al processo

«Un giuramento religioso sul Corano» tra i parenti di Saman Abbas che proibisce di fare i nomi di chi ha ucciso e come la ragazza pachistana, scomparsa il 30 aprile 2021 dalla sua abitazione di Novellara, nel Reggiano. È quanto emerge dagli atti, depositati dalla procura reggiana, in vista del processo del 23 gennaio 2023 a carico dei cinque familiari: i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen – latitanti in Pakistan – lo zio Danish Hasnain, considerato l’esecutore materiale del delitto e i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati insieme a Danish. Sarebbe stato proprio uno dei cugini, Ikram ljaz – arrestato dopo un tentativo di fuga all’estero – a confidare l’omicidio di Saman Abbas ad altri detenuti nel carcere di Reggio Emilia. Secondo il Resto del Carlino e la Gazzetta di Reggio, il cugino di Saman avrebbe confessato ai compagni di cella di «aver partecipato al delitto insieme a Danish Hasnain». Non solo, i due – sempre secondo il racconto di Ikram – avrebbero dovuto uccidere anche il fidanzato di Saman Abbas «per completare la missione». Da quanto si apprende, la famiglia della giovane non accettava la relazione della 18enne con Ayub Saqib. Complice anche la foto di un bacio, postata da lei sui social tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 che – secondo gli inquirenti – sarebbe stata la scintilla che fece scattare la rabbia dei familiari della giovane pachistana.

Il racconto del detenuto

Il ruolo del cugino, secondo il racconto del detenuto, riportato da Il Resto del Carlino è stato quello di aver «bloccato le gambe della ragazza, mentre Hasnain e Nomanulhaq Nomanulhaq la soffocavano». Subito dopo l’omicidio i tre «hanno avvolto il corpo in un sacco di plastica e messo sulle bici». Infine ljaz sarebbe tornato a casa, mentre «un altro parente – di cui fa il nome, ma non è imputato – Nomanulhaq e Hasnain hanno fatto a pezzi il corpo, gettato chissà dove e bruciato i vestiti». Le dichiarazioni ora passeranno al vaglio nel processo di febbraio, insieme alla conversazione telefonica in cui il padre di Saman avrebbe ammesso di essere l’autore del delitto e a quella della madre Nazia Shaheen, con il figlio minore – intercettata il 30 agosto 2021 – dove il ragazzo parla di altri due familiari, non indagati, che secondo lui avrebbero istigato il padre nell’organizzazione dell’omicidio della sorella. Intanto la difesa di ljaz ha fatto sapere che lui si proclama innocente.

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