Omicidio Saman, cosa c’è di strano nella versione dei cugini: «I tre complici si accusano reciprocamente»
I carabinieri credono poco alle rivelazioni ai compagni di cella di Ikram Ijaz, uno dei cugini della 18enne pachistana Saman Abbas, accusato di essere tra gli esecutori materiali del suo omicidio, consumatosi presumibilmente nella notte del 30 aprile 2021 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Ikram, in carcere in attesa del processo che si terrà a febbraio 2023, avrebbe confidato a un altro detenuto – che ha subito riferito a una guardia – la dinamica dell’uccisione di Saman, a cui lui avrebbe partecipato tenendo le gambe della ragazza mentre lo zio Danish Hasnain e il cugino Noumanulhaq Noumanulhaq la soffocavano. Secondo gli inquirenti, la versione di Ikram va presa con le molle per diversi motivi. In primis perché è riportata. In seconda battuta, perché questa ricostruzione alleggerisce la sua posizione rispetto a quanto sostenuto dal fratello adolescente di Saman (supertestimone in aula), per cui Saman sarebbe stata uccisa vicino casa da tutti e tre e poi sepolta nei pressi. Non a chilometri di distanza come sostiene il cugino, secondo il quale avrebbero avvolto il corpo in un nylon da serra per trasportarlo fino al Po’ e lì farlo a pezzi e gettarlo nel fiume. Un’operazione durante la quale Ikram sarebbe stato sostituito da un terzo cugino, Arfan Amjad (non imputato).
Un altro fattore non convince: nelle altre intercettazioni, i tre accusati parlano come se fossero ascoltati: «Siamo scappati, ma saremmo tornati», oppure, «io mi suicido, giuro su Allah!», e ancora «dirò tutto, lo giuro!». Conversando coi parenti arrestati, Ikram si è anche rivolto indirettamente al minore degli Abbas: «Se mi accusa, rivelo dov’è il corpo», ha detto, minacciando di compromettere ancora di più la posizione dei suoi complici, con cui aveva stretto un giuramento. Avevano giurato sul Corano di uccidere Saman, facendo credere che la 18enne fosse fuggita volontariamente, per poi assassinare anche Saquib, il suo fidanzato. Per questo si sono coperti le spalle per mesi, raccontando un’unica versione dei fatti. Ma ora, che il patto è saltato, si accusano reciprocamente, si contraddicono, tirano in ballo nuovi complici e minacciano di rivelare tutto.
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