F1, multa da 25mila euro per il piercing di Lewis Hamilton: «Devo tenerlo per motivi medici»
25mila euro: tanto è costato alla Mercedes il piercing al naso del pilota Lewis Hamilton. L’azienda è stata infatti multata dalla Fia (la Federazione italiana dell’automobile) per aver inviato un modulo in cui si affermava che il pilota britannico aveva rimosso tutti i suoi gioielli e piercing, in conformità con il regolamento. Una regola che invece sarebbe stata violata dal sette volte campione del mondo F1: «La mia non voleva essere una protesta, semplicemente mettendo e togliendo il piercing mi era venuta una piccola infezione al naso. Così i medici mi hanno medicato nei giorni scorsi consigliandomi di tenere questa sorta di tappino», ha spiegato Hamilton. La Fia, d’altro canto, ha spiegato che il pilota «aveva rimosso il piercing prima della competizione. La squadra presumeva, senza chiedere ad Hamilton, che avesse seguito o avrebbe seguito la stessa procedura per questo evento. Gli steward accettano che la segnalazione errata in questo caso non sia stata intenzionale o deliberata».
Una questione «un po’ sciocca»
Gli oggetti metallici in pista espongono al rischio di ustione, e da questa stagione la FIA ha deciso di applicare rigorosamente la regola che vieta ai piloti di indossarli quando sono nelle loro monoposto. I commissari di gara del Gran Premio di Singapore tuttavia, dopo essersi confrontati con Hamilton, hanno deciso che il pilota non subirà conseguenze e potrà continuare a indossare il piercing durante il GP per motivi medici. L’intera questione è stata definita dal campione «un po’ sciocca»: «Tempo fa mi fu spiegato che il problema riguarda il calore in caso di incendio, perché il metallo è un grande conduttore. Ma la cerniera della tuta è in metallo, la fibbia che chiude il casco è in metallo, abbiamo fili con alluminio all’interno. È pazzesco dover parlare di qualcosa di così piccolo». Per concludere: «I commissari dovrebbero essere presenti per garantire la nostra sicurezza, questa è la cosa più importante. Ma questo non è un problema di sicurezza».
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