«La sfida del futuro è portare l’hi-tech a chi oggi non può permetterselo» – L’intervista a Florencia Di Stefano Abichain da FutureShots di H-FARM
Anche questa edizione di FutureShots è giunta al termine. Sul palco del festival dell’innovazione di H-FARM si sono avvicendati decine di ospiti. Si è parlato di metaverso, blockchian, informazione digitale, storytelling, e imprenditoria. Tutto con un denominatore comune: l’innovazione. Negli ambienti di uno dei poli innovativi più grandi d’Europa hanno trovato posto esperienze di robotica, intelligenza artificiale e grafica. Nell’area sportiva si sono susseguite partite di basket, paddle e beach volley, ma c’era spazio anche per skateboard, Bmx e arrampicata. Il tutto fianco a fianco degli e-sports. Di questi giorni di festival abbiamo parlato con la conduttrice dell’edizione 2022: Florencia Di Stefano Abichain, speaker radiofonica, podcaster, scrittrice e traduttrice.
Partiamo da una curiosità: da dove deriva il tuo cognome, e come si pronuncia?
«Ho due cognomi perché sono nata in Argentina. Di Stefano è abruzzese, da parte di mio padre. Il mio bisnonno, invece, era libanese, e si chiamava Abud-El-Jain. Quando con mia bisnonna sono arrivati all’anagrafe argentino non si sono fatti troppi problemi e l’hanno traslitterato come Abichain. Infatti si pronuncia alla veneta: “Abiciaìn“».
Conducendo il festival hai avuto – forse più di tutti – una visione a 360 gradi. Cosa ti è piaciuto di più?
«Il pubblico. Direi che più di tutto mi è piaciuto vedere l’audience di questo evento. Quando sei sul palco hai una visione che in un certo senso è opposta a quella di tutti gli altri dato che stai dall’altra parte. Mi è piaciuto moltissimo vedere tanti giovani, sia del campus che da fuori. Erano tutti partecipativi e hanno fatto tantissime domande. C’è stata passione e si percepiva e questa cosa è una figata.
Sono stata anche molto contenta di vedere quanto è cresciuto il progetto. Ero venuta qui la prima volta otto anni fa c’era un quindicesimo di quello che c’è adesso. Ricordo solo le casette delle startup. Mi piace molto quando ci sono realtà nell’innovazione e nella tecnologia così vincenti che non si trovano a Milano. È una cosa che mi fa impazzire perché da brava ragazza della provincia di Verona – il mio luogo d’adozione – ho sempre pensato che l’unico modo per potercela fare nella vita fosse spostarmi a Milano, o comunque in una grande città. Adesso invece credo che sia in atto un trend inverso: il mondo tech si sta spostando sempre di più verso fuori. Un po’ per una questione di spazi, ma anche problemi come il caro-affitti».
Cosa ti piacerebbe vedere nella prossima edizione del festival?
«Intanto vorrei rivedermi alla conduzione», dice Florencia ridendo. «Mi interessa molto come la tecnologia si può applicare al terzo settore – inteso come attenzione alle categorie marginalizzate, come persone non ricche – un aspetto che non mi sembra ancora molto approfondito. Capire come la tecnologia e le innovazioni grandi e piccole possono aiutare i ceti meno abbienti. Per provenienza ho un attaccamento a questa cosa. Mi viene in mente, ad esempio, qualcuno che non ha soldi per potersi pagare gli studi, come fa a potersi formare lo stesso? O anche tornando al discorso delle grandi città: non tutti possono permettersi di viverci, come si può estendere il progresso anche a loro? Credo che la grande sfida dei prossimi anni sarà capire come la tecnologia potrà essere al servizio di tutti, e non solo di chi ha la disponibilità economica per accedervi».
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