Cosa sappiamo del bambino che ha ingerito hashish in casa a Longarone
Un avvelenamento per ingestione di hashish. Così è morto Nicolò Feltrin, il bambino di due anni di Longanone – in provincia di Belluno -, deceduto il 28 luglio scorso all’ospedale di Pieve di Cadore. La conferma della presenza di tracce di stupefacenti nel corpo del bambino arriva dagli esami tossicologici sui materiali biologici presi durante l’autopsia. Ad essere indagato è il padre del piccolo, Diego Ferlin che dovrà rispondere di omicidio colposo. Il Papà, un boscaiolo di 43 anni – che il 28 luglio aveva portato il figlio all’ospedale perché non riusciva più a svegliarlo dopo il riposino pomeridiano – raccontò ai carabinieri che il piccolo «aveva ingerito una strana sostanza al parco pubblico vicino a casa». Ipotesi esclusa dai carabinieri dopo un sopralluogo nella zona del parco e il rinvenimento nella casa di Longanone di un panetto di hashish che si trovava in una tazza sul comodino del bambino, confermando così il sospetto che il piccolo potesse essere entrato accidentalmente in contatto con la sostanza stupefacente. Supposizione che sembra essere confermata dagli ultimi accertamenti. I genitori del piccolo, che da quanto si apprende si troverebbero a casa di amici perché «è troppo doloroso rimanere in quella casa dove hanno cresciuto il loro bambino che non c’è più», ha detto l’avvocato di Feltrin, non si sono sottoposti al test del capello. Feltrin, infatti, si è recato in laboratorio con i capelli rasati, rendendo impossibile la raccolta di materiale corporeo per eseguire le analisi; mentre la madre, che non risulta al momento indagata perché fuori casa al momento dell’accaduto, ha rifiutato di sottoporsi al test richiesto dagli inquirenti per trovare un collegamento e fare luce sulla vicenda.
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