Perché Alessia Piperno è stata arrestata in Iran: il post “Bella Ciao” su Instagram e l’ipotesi di uno scambio di persona
La 30enne romana Alessia Piperno è stata arrestata a Teheran il 28 settembre scorso. Era il giorno del suo compleanno. Piperno è una travel blogger che è partita dall’Australia prima di recarsi in Asia. Alcuni “nomadi digitali” hanno criticato la sua decisione di polemizzare via social network con il regime. Il padre Alberto ha annunciato il suo arresto domenica sera. Il ministero degli Esteri si sta muovendo per liberarla. La trattativa diplomatica punta sull’espulsione. Un decreto in tempi rapidi le eviterebbe l’arresto in prigione. E un lungo processo dagli esiti incerti. Ma perché Alessia Piperno è stata arrestata in Iran? Quali accuse le muove il regime di Teheran? A dare notizia del fermo (insieme a quello di altre 8 persone) è stata una nota del ministero dell’Informazione iraniano.
Le ragioni dell’arresto
Le ragioni dell’arresto di Piperno però non vengono spiegate nella nota. La polizia parla soltanto dei fermi mettendoli in collegamento con le proteste di questi giorni per Mahsa Amini. Gli arrestati devono fronteggiare l’accusa di aver partecipato alle proteste. O di aver agito per fomentarle sullo sfondo. I servizi iraniani puntano il dito anche su Usa e Israele. Che sarebbero «gli agitatori delle masse». Di certo Alessia Piperno era arrivata in Iran due mesi e mezzo fa, insieme con un gruppo di turisti, tra cui un polacco, un francese e un altro italiano. Più volte nei suoi post su Instagram ha sposato la causa della piazza, raccontando anche la paura di essere coinvolta nei tumulti. «Questa terra mi ha accolto a braccia aperte – scriveva in un post intitolato “Bella Ciao“ – è vero, non è stato sempre facile, ma dopo due mesi e mezzo mi è entrata dritta, dentro e profonda nel cuore».
La «decisione più saggia» – diceva – sarebbe quella di lasciare il paese. Ma, aggiungeva, «non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai. E non lo faccio per sfidare la sorte ma perché anche io ora sono parte di tutto questo». E ancora: «In tanti hanno già perso la vita, in tanti non vedranno mai quella libertà per cui hanno rischiato e lottato, ma se un giorno questo sarà un paese libero, è merito di queste persone, di queste ragazze che scendono in piazza e danno fuoco ai loro hijab, e a quei uomini che stanno combattendo per le loro donne. Ed è per questo che quando scende la notte e l’eco degli spari si emana nella città, Mesan accende la musica ad alto volume, e fa partire quella canzone. “Questo è il fiore, del partigiano, morto per la libertà”».
Il visto per il Pakistan e l’intelligence italiana
Secondo le informazioni raccolte dall’intelligence italiana Piperno non era sola al momento dell’arresto. E l’obiettivo più importante della polizia potrebbe non essere lei. Secondo i servizi segreti, spiega oggi Repubblica, l’Iran cercava “organizzatori” delle proteste di questi giorni. Alcuni di loro alloggiavano nello stesso ostello in cui stava la ragazza romana. Quindi potrebbe esserci anche stato uno scambio di persona. «Potrebbe trattarsi anche di un problema tecnico», ragiona una fonte con il quotidiano. «Alessia era in attesa di un visto per il Pakistan, è possibile che l’abbiano presa per quello e poi trattenuta insieme con gli altri». Dai primi accertamenti effettuati, la ragazza non era segnalata dai servizi. Non era considerata un’attivista politica. Nulla, insomma, che possa far pensare a un arresto preordinato.
Il Corriere della Sera aggiunge che proprio il visto per il Pakistan potrebbe aver portato al carcere per l’attivista. In uno dei filmati la ragazza racconta di aver conosciuto un uomo molto gentile che le avrebbe garantito il visto per rimanere altri 30 giorni in Iran. Potrebbe essere stato proprio lui a segnalarla alla polizia. Un’altra pista porta all’ostello. Gli amici con cui è arrivata in Iran sono infatti partiti nel frattempo. Uno di questi è andato in Kurdistan. Il quotidiano spiega anche che il timore dei diplomatici adesso è che Alessia finisca nel carcere di Evin. Oppure che venga trasferita a Quarchak, la prigione femminile di Shahr-E Rai. Se invece si trova ancora nel posto di polizia sarà più facile ottenere il rimpatrio.
Chi è Alessia Piperno
Alessia è figlia di Alberto, che fa il libraio ai Colli Albani. Era tornata in Italia nel Natale del 2021. Avrebbe voluto arrivare in Iraq e poi in Siria. In Pakistan avrebbe voluto ricostruire un villaggio cancellato da un’alluvione. Aveva i suoi amici, con loro aveva festeggiato il suo trentesimo compleanno. Era mercoledì scorso 28 settembre e da allora si erano perse le sue tracce, mettendo in allerta familiari e amici. «La situazione purtroppo non va bene – ha detto il papà raggiunto al telefono -. Dopo la telefonata dal carcere di ieri non abbiamo più avuto altre notizie, non l’abbiamo più sentita». Chi la conosce parla di Alessia come di una ragazza serena e solare con la passione dei viaggi. «L’ho conosciuta nell’ostello dove eravamo insieme a Teheran – racconta Jessica Ciofi, 46 anni fiorentina -. È una ragazza curiosa del mondo che ha voglia di conoscerlo, ma non è una rivoluzionaria, non fa parte di movimenti, non è politicizzata».
Il post sulle manifestazioni su Instagram
In uno degli ultimi post scritti su Instagram Piperno raccontava proprio delle manifestazioni di piazza e di come un giorno nel suo ostello siano arrivati due donne, due uomini e due bambini per chiedere loro aiuto spaventati dagli scontri. «Non penso che dimenticherò mai quella prima notte. Avevamo corso verso l’ostello con il cuore in gola, mentre i suoni degli spari rimbombavano alle nostre spalle e l’odore del gas si emanava nell’aria. Ho chiuso la porta dell’ostello mentre la gente urlava per le strade. Dopo nemmeno 30 secondi ho sentito bussare violentemente alla porta dell’ostello. Erano due donne, due uomini e due bambini. Tossivano bruscamente per aver respirato il gas, e la donna più anziana aveva un attacco d’asma e di panico. ‘Milk, milk’. Urlavano. Mentre gli passavo un bicchiere d’acqua. In quei secondi mi è sembrato di non capirci niente. Il caos mi aveva seguito dentro quelle mura». Il racconto si conclude con il disegno fatto da una bambina sul telefonino di Alessia in quei momenti di terrore. «Ha disegnato una casa. Non parlava in inglese, eppure quando ha disegnato quel sole, mi ha detto ‘Sun’. Sun, mi ha detto».
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